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Il tramonto del sole

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Il tramonto del sole
25/05/2022

Tratto da:
Friedrich Hölderlin, A Diotima
In: Poesie scelte, Feltrinelli, 2018

Guida alla lettura

Dopo la “Veduta”, Friedrich Hölderlin ritorna sul tema dello scorrere del tempo: ma in quella lirica il tono era sereno e pacificato, mentre qui lo sguardo è più cupo, e sembra riprendere l’aspro pessimismo del “Canto del destino di Iperione” e la sua tetra immagine dell’uomo destinato a svanire nell’abisso del divenire come acqua gettata fra gli scogli.
L’avvio è quasi idilliaco, volto a rappresentare le fasi della vita di Diotima attraverso la metafora delle stagioni dell’anno: l’inverno come spazio richiuso in cui il «mondo invecchiato» cede il passo alle tenere gemme della «bella creatura»; l’uscita alla luce della primavera, quando l’amore sospinge alla ricerca della «giovinezza del mondo». Poi, senza trapassi, senza segni premonitori, quando ancora ci sembra di godere del calore dell’estate, il poeta registra l’avvenuto tramonto del sole: non lo abbiamo visto scendere all’orizzonte, sappiamo soltanto che non c’è più, in un brusco cambio di atmosfera reso magistralmente dall’asciutta sintassi. Il gelo della notte ha preso il posto del tepore del giorno, e in quella notte senza luce «contendono gli uragani».
Diotima, e noi con lei, ci ritroviamo a far parte di quel mondo invecchiato che ad altre gemme, ad altri esseri farà spazio nella stagione a venire. Qui però non prevale, come invece nella “Veduta”, il permanere perfetto della natura al di là dello scorrere veloce dei tempi: qui si respira il dramma individuale della creatura bella ma incatenata a quei tempi fuggenti, il dramma di un sole accarezzato e subito scomparso oltre l’orizzonte, il dramma di tutti noi, quando percepiamo davvero l’effimero sussurro delle nostre vite.
La lirica, in distici elegiaci, è tratta dal manoscritto “Quaderno in quarto di Homburg” (1796-97). Hölderlin scrisse una ventina di poesie ispirate a Diotima, pseudonimo di Susette Borkenstein, moglie del banchiere Gontard di Francoforte, che il poeta amava, riamato. Il nome Diotima appare però nell’opera di Hölderlin prima della comparsa di Susette. A posteriori, certo forzando i fatti ma non la verità “altra” delle grandi storie d’amore, Hölderlin spiegherà che gli amanti da sempre si appartengono, prima ancora di sapere l’uno dell’altra: «Già allora ti conoscevo, già allora tu guardavi, simile a un genio fra le nubi, verso di me, tu che un giorno, nella pace della bellezza, ti levasti verso di me dalla torbida onda del mondo».

Il testo

Bella creatura! Tu vivi come le gemme tenere d’inverno,
nel mondo invecchiato fiorisci al chiuso, da sola.
Per amore tendi ad uscire al sole, alla luce di primavera,
per riscaldarti ad essa cerchi la giovinezza del mondo.
Il tuo sole, il tempo più bello, è tramontato
e nella notte gelata ora contendono gli uragani.

Schönes Leben! du lebst, wie die zarten Blüthen im Winter,
In der gealterten Welt blühst du verschlossen, allein.
Liebend strebst du hinaus, dich zu sonnen am Lichte des Frühlings,
Zu erwarmen an ihr suchst du die Jugend der Welt.
Deine Sonne, die schönere Zeit, ist untergegangen
Und in frostiger Nacht zanken Orkane sich nun.

Biografia

Friedrich Hölderlin nasce a Lauffen am Neckar, nel land del Baden-Württemberg, il 20 marzo 1770. Rimasto orfano di padre in giovanissima età, prende lezioni private di greco, latino, dialettica, retorica; studia flauto e pianoforte. Legge Schiller, Euripide, i Canti di Ossian e si appassiona progressivamente all’antichità classica.
A 18 anni viene ammesso nel collegio Stift di Tübingen, ove studia filosofia (che include matematica e fisica) e teologia. Fra i suoi compagni di studi spiccano i futuri filosofi Hegel e Schelling: con loro legge Spinoza, Kant, Rousseau, Fichte, e sogna per la Germania una rivoluzione simile a quella francese. Nonostante l’evoluzione sanguinaria del Terrore, Hölderlin vedrà sempre in quell’evento un'occasione di liberazione spirituale, di ritorno dell’individuo all’armonia con i propri simili e con la natura.
Il 17 settembre 1790, al termine del primo biennio di studi, ottiene il titolo di “Magister philosophiae” con due dissertazioni: una sulla storia dell’arte greca, e l’altra centrata su un originale parallelismo fra i Proverbi di Salomone e «Le opere e i giorni» di Esiodo. Nei due anni successivi scrive inni idealistici alla libertà e, nel 1793, la prima stesura, andata perduta, del romanzo epistolare «Iperione», storia un giovane in lotta per la Grecia oppressa dall'Impero ottomano. Nel 1793 si laurea in teologia, lasciando lo Stift. Il 6 dicembre diviene pastore; ma, contrariamente ai desideri della madre, rifiuta di avviarsi all'attività ecclesiastica: si manterrà negli anni con diversi incarichi di precettore.
Dopo un intenso periodo intellettuale trascorso a Jena, nel 1796 diviene precettore nella casa del banchiere Jakob Friedrich Gontard, a Francoforte: è l’evento che imprime una svolta decisiva, anche se infelice, alla sua vita. Il banchiere è sposato con Susette Borkenstein, una donna di ventisette anni, bella, colta e intelligente. Hölderlin si innamora di un amore subito ricambiato: Susette rappresenta per lui la bellezza e la serenità greca, l’ordine nell’inquietudine e nel caos interiore e storico.
Nell’aprile del 1797 viene pubblicato il primo volume di Iperione, accolto da molti intellettuali come un romanzo di importanza epocale. Ma il suo rapporto con Susette comincia a destare, all’inizio del 1798, i sospetti del banchiere Gontard. Il poeta si trasferisce a Homburg, da cui continua la relazione clandestina; lavora alla tragedia, che resterà incompiuta, «La morte di Empedocle» e pubblica altre odi e brevi liriche.
Nel 1799 esce il secondo volume dell’Iperione, che il poeta invia a Susette con la dedica «A chi, se non a te?». I loro incontri ormai sono rari, ma la corrispondenza si mantiene costante. Nonostante l’intensa attività letteraria, le condizioni economiche del poeta sono precarie. Accetta altri incarichi come precettore, che lo portano in Svizzera e poi in Francia, a Bordeaux.
Susette, sofferente di tisi, muore il 22 giugno 1802: in Friedrich iniziano a manifestarsi le prime turbe psichiche che lo porteranno alla schizofrenia.
Nell’aprile del 1804 pubblica le traduzioni dell’«Antigone» e dell’«Edipo re» di Sofocle, accolte tiepidamente dalla critica. Escono anche i «Canti della Patria», vertice del suo impegno poetico e politico. Il 19 giugno 1804 torna a Homburg, prendendo servizio come bibliotecario di corte. Coinvolto in tempestose vicende private, nonostante il disagio psichico, riesce a dedicarsi ancora alla poesia e a tradurre e commentare le odi di Pindaro.
L'11 settembre 1807, a seguito di una nuova crisi, Hölderlin viene ricoverato nella clinica psichiatrica di Ferdinand Autenrieth a Tübingen. I metodi del medico sono avanzati, per l’epoca, ma le sue condizioni non migliorano e viene dichiarato incurabile. Viene allora affidato alla famiglia di Ernst Zimmer, piccolo imprenditore di buona cultura. La stanza del poeta si trova nel retro della casa ed è di forma circolare: verrà chiamata “la torre di Hölderlin”. Ha una vista bellissima sulla città e sul fiume Neckar. Qui Friedrich trascorrerà gli ultimi trentasei anni della sua vita.
La figura di poeta folle comincia ad assumere contorni mitici, e molti vengono a fargli visita. Nel 1838 muore Ernst Zimmer e del poeta, da quel momento, si prende cura la figlia Lotte. Hölderlin, in condizioni mentali sempre più confuse, inizia a firmare le sue poesie con il nome di Scardanelli, apponendovi incongrue date di fantasia. Malato di polmonite, muore il 7 giugno 1843. Sottoposto nei decenni successivi, e soprattutto nel Novecento, a un attento lavoro di approfondimento critico, è oggi considerato uno dei più grandi poeti di tutti i tempi.
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