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Eccitazione genitale persistente: gli accertamenti diagnostici indispensabili

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24/07/2014

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica, H. San Raffaele Resnati, Milano
Dott.ssa Dania Gambini
Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, H. San Raffaele, Milano

“Credo che il mio cuore si sia fermato per qualche secondo, quando su un sito italiano ho letto del problema dell’eccitazione genitale persistente... Ho 30 anni e da quando ho avuto il secondo figlio (ora ha 9 mesi) ho iniziato ad avvertire questa cosa. Ho consultato diversi ginecologi e NESSUNO aveva mai sentito parlare di questo problema. Ora sto assumendo un antidepressivo a base di escitalopram e un ansiolitico a base di lorazepam, che mi permettono di allattare e, in modo blando, di non pensare troppo al mio disturbo. I sintomi a volte sono molto marcati, altre no, ma il fatto resta. E io ho quasi tentato il suicidio... Vivere con questa cosa sta diventando un inferno. Voglio veder crescere i miei figli, voglio vivere, ma sono ogni giorno sull’orlo di un precipizio. Grazie a chi leggerà questo messaggio e un abbraccio a tutte le donne in pena”.
Sara
Gentile Sara, comprendiamo il suo stato d’animo perché conosciamo il forte disagio e l’impatto sulla qualità di vita determinato dal disturbo dell’eccitazione genitale persistente (PGAD, Persistent Genital Arousal Disorder), recentemente incluso nella classificazione dei disturbi sessuali femminili.
Clinicamente si caratterizza con congestione, pulsazioni e una lubrificazione vaginale che viene percepita come spontanea e non gradita. L’eccitazione compare in totale assenza di desiderio e di interesse sessuale. Queste sensazioni non scompaiono dopo uno o più orgasmi, ed è questo che le differenzia dagli eccessi di desiderio: il disagio può persistere per ore o giorni, ed è causa di notevole stress personale, con difficoltà nella vita quotidiana familiare e professionale.
Le cause sono diverse e, in molti casi, ancora sconosciute. Il disturbo può essere innescato da un eccesso di farmaci con attività androgenica, oppure può essere associato ad epilessia o a danni ischemici cerebrali; o, ancora, a lesioni vascolari a livello genitale. A volte invece è correlato a iperattività del muscolo elevatore dell’ano, che circonda la vagina, o a lesioni neurologiche.
Da un punto di vista diagnostico sono fondamentali un’anamnesi clinica dettagliata, con una visita generale e ginecologica molto accurata; l’esecuzione dei dosaggi ormonali, in particolare degli ormoni maschili; una TAC o una risonanza magnetica cerebrale e, se indicato, della regione genitale; un elettroencefalogramma; una valutazione elettromiografica ad ago del muscolo elevatore dell’ano.
In attesa di definire la terapia più corretta, alcuni semplici accorgimenti possono contribuire ad attenuare il problema: mantenere stili di vita sani, riducendo il più possibile lo stress; evitare sostanze o droghe eccitanti; praticare lo yoga, o il training respiratorio di rilassamento, per abbassare l’ansia e la tensione, e rilassare i muscoli del pavimento pelvico; cercare di non tenere le gambe accavallate, perché questa posizione può aumentare la pressione locale genitale.
Le consigliamo di rivolgersi a un centro qualificato di sessuologia medica, che saprà sicuramente consigliarle il percorso terapeutico più corretto per lei. Si faccia coraggio: anche si tratta di un problema molto fastidioso, non è sola e troverà certamente un’équipe medica in grado di aiutarla! Un cordiale saluto.
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