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Cistite post coitale, essenziale un'accurata analisi uroginecologica

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25/07/2013

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica, H. San Raffaele Resnati, Milano
Dott.ssa Dania Gambini
Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, H. San Raffaele, Milano

“Posso dire di essere disperata! Ho 30 anni e dall’anno scorso, ogni tre mesi, mi viene una cistite che mi sta condizionando la vita privata e sociale. Ho fatto l’esame delle urine ma non sono comparsi batteri, anche gli esami del sangue sono a posto, così non so proprio cosa fare! Il medico di base mi ha detto che non sa come curarmi; il ginecologo continua a prescrivermi antibiotici e ha ipotizzato una cistite da trauma meccanico, questo perché ho sempre forti dolori quando ho rapporti con il mio compagno. Potete per cortesia darmi un consiglio su cosa fare? Sono veramente esausta! Grazie”.
Elena G.
Gentile Elena, la cistite post coitale può presentarsi entro 24-72 ore dal rapporto e ad urine sterili (urinocoltura negativa). Costituisce solo il 4% delle cistiti, ma ben il 60% di quelle che recidivano. I sintomi che la caratterizzano sono il bruciore vescicale e uretrale, la minzione frequente e dolorosa, con un dolore o bruciore che dura anche dopo la fine del getto, e talvolta perdite di sangue nelle urine (ematuria): insomma, tutti i sintomi che la tormentano da mesi!
Nella genesi del disturbo si possono distinguere:
1) fattori predisponenti, quali la carenza di estrogeni, da cui dipendono sia l’innalzamento del pH con alterazione dell’ecosistema vaginale, che rende la vescica più vulnerabile all’attacco dei germi, sia la maggiore sensibilità ai traumi meccanici; la stitichezza, che favorisce le infezioni da Escherichia Coli; l’ipertono del muscolo elevatore dell’ano, che chiude in basso il bacino;
2) fattori precipitanti: infezioni da germi; traumi meccanici, quali il rapporto sessuale in condizioni di secchezza vaginale (con conseguente mancata formazione del manicotto vascolare protettivo dell’uretra) e/o quando l’elevatore dell’ano è contratto; variazioni brusche di temperatura (cistite da freddo); danni chimici o fisici, quali chemio e radioterapia;
3) fattori di mantenimento: una diagnosi inadeguata o incompleta; una terapia che non cura i fattori predisponenti e precipitanti nel loro insieme.
In positivo, la cistite può essere curata bene proprio se si sanno diagnosticare e curare questi diversi fattori. Bisogna invece evitare di prescrivere solo antibiotici sempre più aggressivi, perché questi farmaci possono danneggiare gli ecosistemi intestinale e vaginale, favorendo le infezioni da Candida. In sintesi, è consigliabile:
1) fare terapia antibiotica solo in caso di cistite infettiva, in modo mirato (dopo antibiogramma), a dose piena, e con antibiotici che rispettino l’ecosistema vaginale;
2) normalizzare il pH e l’ecosistema vaginale, con acidificanti vaginali (acido borico, vitamina C, gel che liberano ioni H+);
3) ripristinare un normale livello estrogenico in vagina, con minime quantità di estrogeni locali, da applicare due volte la settimana;
4) correggere la stipsi;
5) rilassare il muscolo elevatore contratto: con automassaggi e stretching, oppure con biofeedback dei muscoli pelvici;
6) assumere estratti di mirtillo rosso, che riducono il potere aggressivo dell’Escherichia coli nei confronti della mucosa vescicale;
7) migliorare la risposta sessuale, curando secchezza e dolore ai rapporti;
8) curare anche il partner, nel caso di infezioni “a ping-pong”.
Tutto questo deve comunque essere valutato accuratamente in sede di visita uroginecologica, per poter instaurare il piano terapeutico più completo ed efficace: ne parli con il suo medico. Un cordiale saluto.
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