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Amare la vita, oltre la malattia

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25/07/2012

Tratto da:
Marina Neri, Un punto nero nell’immenso azzurro del mare, Ur Editore 2011

Si ringrazia l'editore per la gentile concessione

Guida alla lettura

Il brano che presentiamo conclude il diario che la giovane Marina Neri tenne per tre anni dopo aver scoperto di essere affetta da una rara forma di cancro: poi, per altri sette anni, non ne ebbe più il tempo e la forza. Ciò che accadde dopo, sino alla morte della ragazza, è narrato dal padre Manlio, in una sorta di appendice letteraria e affettiva al piccolo volume.
Nel corso della sua malattia, Marina ha sperimentato tutte le emozioni che colgono un malato di tumore: incredulità, sconforto, rabbia, disperazione, ma anche determinazione, fiducia, coraggio. Il resoconto è semplice e diretto, spesso drammatico, sempre commovente e onesto.
Nell’ultima pagina scritta di proprio pugno, la ragazza rievoca gli anni vissuti fra un ricovero e l’altro, e conclude che «vale sempre e comunque la pena di vivere». L’importante, come un giorno le disse il padre, è lottare contro la malattia credendo alla possibilità di farcela, «credendoci davvero e totalmente». Ma questo, osserva Marina, è possibile solo quando si riesce a dare un senso vero e personale all’imperativo di resistere: nel suo caso, la battaglia si è tradotta in una difficile lotta per far posto alle emozioni positive, in un quotidiano sforzo di vigilanza sui propri pensieri e sui propri sentimenti.
E’ importante sottolineare che il successo di questo straordinario combattimento non si misura necessariamente con il metro clinico della guarigione: Marina morirà, ma il suo cammino interiore ci insegna che è possibile trovare un equilibrio anche nelle situazioni personali più drammatiche, e che un positivo amore per la vita – pur esposto a ricorrenti ondate di angoscia – può essere difeso e coltivato anche quando la malattia non lascia speranza.
Ci sono volte in cui ognuno di noi si chiede che senso abbia stare a questo mondo, perché ci siamo arrivati ma soprattutto che cosa dobbiamo fare, quel è il nostro ruolo, dove sta il copione, qual è lo scopo finale. Credo sia capitato a chiunque di domandarselo. E ad alcuni di noi forse è addirittura venuto in mente di chiedersi se tutto ciò abbia un senso o se forse non sia meglio sparire da qui, sperare di andarsene presto.
Io me lo sono chiesta molte volte, soprattutto nei momenti bui della mia vita, ma ogni volta – per quanto fossi caduta in basso, per quanto potessi soffrire – mi sono sempre detta che vale sempre e comunque la pena di vivere. Per chiunque viva un’esperienza simile alla mia, e oggi purtroppo i pazienti oncologici sono sempre di più, credo che valga sempre la pena di lottare, di provarci credendoci totalmente.
Ricordo che una volta, uscendo da un ennesimo ricovero provata e sfinita, mio padre mi prese la mano e mi disse: «Ci devi credere, ma credere davvero. Devi credere che ce la farai, che tu andrai avanti e invecchierai, che vivrai, che vincerai tu».
Certamente allora non capivo appieno il senso di queste parole, annuivo quasi più per compiacere gli altri, ma dentro di me sentivo un vuoto incolmabile, mi sentivo smarrita, un nodo mi chiudeva la gola e una sensazione di disperazione mi scuoteva l’anima. Poi invece, con il tempo, ho cercato di fare mie quelle parole, di dare loro un senso vero e credo oggi di esserci riuscita. Questo non significa che a volte quel nodo non torni a farsi sentire o che quella morsa allo stomaco non mi colga all’improvviso. Significa solo che oggi cerco di non dare seguito ai pensieri negativi, cerco di allontanarli e focalizzare la mia mente solo su ciò che crea in me emozioni positive, che mi da piacere e mi fa sentire bene. Credetemi, è tutt’altro che facile: è un esercizio quotidiano che richiede una concentrazione costante per vigilare sui pensieri e i sentimenti, dirigendoli sempre e solo su pensieri gradevoli e soprattutto positivi.

Biografia

Marina Neri nasce ad Alzano Lombardo, in provincia di Bergamo, nel 1977. Si laurea in Relazioni pubbliche alla Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM) di Milano. A 22 anni si ammala di condrosarcoma a cellule chiare, una forma rarissima di tumore delle cartilagini e dei tessuti molli. Per tre anni riesce a tenere un diario, da cui è tratto il libro che presentiamo. Poi l’aggravamento del male, le innumerevoli terapie, il matrimonio con un giovane tedesco, la permanenza in Germania e infine la decisione di tornare in Italia: forse, ma non lo dirà mai apertamente, ad attendere la fine. Il suo cuore cessa di battere il 1° aprile 2010, dopo dieci anni di sofferenze affrontate con coraggio e generosità.
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