Il quadro patogenetico volto a spiegare la migrazione, la persistenza, la proliferazione e la differenziazione delle cellule endometriali ectopiche nel miometrio include un background genetico ed epigenetico, uno squilibrio dei recettori degli estrogeni e del progesterone, e una reazione infiammatoria guidata da una disfunzione immunitaria locale, insieme a fenomeni di fibrosi e neuro-angiogenesi all’interno del miometrio stesso.
In passato, si pensava che l’adenomiosi colpisse quasi esclusivamente le donne multipare dopo i 40 anni e che l’unica via per confermare la diagnosi fosse l’isterectomia. Oggi, utilizzando tecniche di imaging come l’ecografia transvaginale e la risonanza magnetica, la patologia viene sempre più spesso confermata nelle giovani donne con dismenorrea, dispareunia, sanguinamento uterino anomalo e mestruazioni abbondanti, e anche nelle pazienti infertili. Inoltre l’adenomiosi coesiste spesso con altre patologie ginecologiche benigne, come la fibromatosi uterina e l’endometriosi (con la quale condivide i sopracitati sintomi predittivi e di cui viene considerata la variante miometriale).
Il punto è che, nonostante il miglioramento dell’efficacia degli strumenti diagnostici non invasivi e l’indubbia significatività dei sintomi portati in consultazione dalla paziente, la consapevolezza sulla patologia è ancora insufficiente e la diagnosi viene spesso mancata, anche a causa dell’eterogeneità della presentazione clinica e dei criteri di imaging. Inoltre, la terapia medica e chirurgica non segue raccomandazioni condivise, nonostante il fatto che l’adenomiosi richieda un piano di gestione permanente, che includa il controllo del dolore e delle emorragie, la protezione della fertilità e la prevenzione delle complicanze gestazionali.
E’ pertanto necessaria una strategia di formazione degli operatori sanitari e di sensibilizzazione delle pazienti, con l’obiettivo di:
- migliorare l’attenzione ai sintomi suggestivi di adenomiosi (dolore mestruale invalidante, dolore ai rapporti, flussi emorragici, sanguinamenti uterini anomali);
- ridurre i tempi della diagnosi, anticipandola idealmente ai primi “fotogrammi” della malattia, quando a fronte di assenti evidenze dagli strumenti di imaging i sintomi siano già significativi;
- impostare strategie di trattamento tempestive e personalizzate.
- patogenesi dell’adenomiosi;
- scenario epidemiologico;
- sfide diagnostiche;
- impatto sulla fertilità e sugli esiti della gravidanza;
- terapia medica (progestinici, dispositivo intrauterino al levonorgestrel, analoghi del GnRH);
- approcci chirurgici volti a preservare la fertilità;
- ottimizzazione degli esiti della procreazione assistita;
- i trattamenti futuri.





