La ricerca è stata condotta attraverso interviste semi-strutturate. Il numero delle pazienti studiate è molto basso (appena 8), ma le indizioni emerse sono interessanti. I bisogni più significativi sono stati suddivisi in tre categorie generali:
1) problematiche legate alla corretta diagnosi differenziale e al reperimento di medici esperti nel campo della vulvodinia;
2) problematiche legate all’impatto fisico, emotivo e relazionale del disturbo;
3) problematiche legate all’aderenza alle terapie.
Le soluzioni indicate dalle pazienti includono:
- una migliore formazione dei medici in tema di dolore vulvare;
- lo sviluppo di programmi terapeutici multidisciplinari che, in una medesima struttura medica, assicurino l’accesso: A) alla fisioterapia, alla terapia sessuale, alle tecniche di “mindfulness” e ai servizi di psicologia; B) programmi di informazione per le nuove pazienti; C) reti di auto-aiuto per le pazienti e i loro partner.
In quest’ottica si muove anche la Fondazione Alessandra Graziottin, che il 1° aprile scorso ha organizzato a Milano il primo expert meeting scientifico-organizzativo per il lancio del progetto Vu_NET. L'iniziativa – fortemente innovativa e di altissimo valore per il clinical management della patologia – si propone di creare una rete italiana per lo studio e la ricerca sul dolore vulvare. Il primo obiettivo pratico sarà la messa a punto di una cartella clinica standardizzata e utilizzabile da tutti i medici italiani che si occupano di dolore vulvare.