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Vulvodinia. Strategie di diagnosi e cura - Il nuovo libro di Alessandra Graziottin e Filippo Murina

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03/12/2010
Alessandra Graziottin - Filippo Murina
Vulvodinia. Strategie di diagnosi e cura
Springer Verlag Italia, Milano, 2011
Per gentile concessione di Springer Verlag Italia
Per gentile concessione di Springer Verlag Italia

Perché questo libro

Offrire ai medici uno strumento agile e facile da consultare, capace di migliorare la loro capacità di diagnosticare correttamente una patologia diffusa ma ancora poco conosciuta, e prescrivere un’efficace terapia di prima linea. E’ questo l’obiettivo del nuovo libro di Alessandra Graziottin e Filippo Murina sulla vulvodinia e le comorbilità ad essa associate. Un lavoro che nasce dalla vasta esperienza clinica degli autori e che realizza in concreto gli obiettivi formativi delle due organizzazioni cui hanno dato vita in questi ultimi anni: la Fondazione Alessandra Graziottin per la cura del dolore nella donna e l’Associazione Italiana Vulvodinia.

La vulvodinia

Il dolore vulvare cronico, noto in termini medici come “vulvodinia”, colpisce il 12-15% delle donne: si tratta quindi di un disturbo diffuso, che ogni medico di famiglia, ogni ginecologo può osservare nella propria pratica clinica quotidiana. Pur essendo una patologia frequente, può rimanere non diagnosticata e non curata per anni, perché percepita come difficile da affrontare, oppure come “psicogena”, e quindi di competenza dello psicologo. Va invece affermato con chiarezza che questa è una lettura assolutamente obsoleta della patologia: la vulvodinia è un disturbo con solidissime basi biologiche che ricadono nell’ambito della competenza medica.

Fisiopatologia del disturbo

La vulvodinia ha un’etiopatogenesi complessa, multifattoriale, non ancora ben compresa nella progressione fisiopatologica. E’ molto probabile che il termine includa pazienti molto eterogenee per etiopatogenesi del disturbo, specie rispetto ai fattori predisponenti, precipitanti e di mantenimento.
Di certo, soprattutto nel gruppo delle vulvodinie localizzate e provocate (già note come sindrome della vestibolite vulvare), sono chiarissimi il legame fra infiammazione cronica e dolore cronico, e il progressivo viraggio del dolore da nocicettivo, sintomo amico perché indicativo di un danno in corso, a neuropatico, che diventa malattia in sé. Il direttore d’orchestra di questo processo è il mastocita, iperattivato dal persistente stimolo infiammatorio. Ecco perché un filone particolarmente fecondo di ricerca si sta concentrando sulla comprensione del ruolo preciso del mastocita e su come modularne l’iperattività con interventi farmacologici mirati.
Nelle forme di vulvodinia generalizzata e spontanea, invece, il dolore neurogeno e neuropatico ha perso, per lo meno nella nostra capacità di valutazione clinica, il legame con lo stato infiammatorio. Sono quindi necessari ulteriori studi per comprendere meglio la fisiopatologia sottesa alla vulvodinia nei suoi vari sottotipi.

Approccio clinico e comorbilità

Come in ogni altro ambito medico, oltre a una conoscenza approfondita dei meccanismi fisiopatologici della malattia, la diagnosi di vulvodinia richiede un ascolto attento dei sintomi riportati dalla donna, un’analisi accurata dei segni clinici che essa presenta, e una particolare attenzione alle frequenti comorbilità – mediche e sessuali – a cui il dolore vulvare si può associare.
A livello medico la vulvodinia può associarsi a sintomi vescicali (cistite postcoitale, sindrome della vescica dolorosa), endometriosi, sindrome del colon irritabile, fibromialgia, cefalea, per non citare che i più frequenti. In ambito sessuale, il sintomo primario associato alla vulvodinia è il dolore coitale (dispareunia), che a sua volta può provocare perdita di desiderio, secchezza vaginale, difficoltà orgasmiche e insoddisfazione sessuale, con conseguenze potenzialmente anche molto serie sulla qualità della relazione di coppia.
Il metodo clinico per affrontare la vulvodinia richiede inoltre un approccio improntato a particolare sensibilità e gentilezza, perché essa coinvolge la parte più segreta del corpo femminile: la vulva e l’introito della vagina. In positivo, curare la vulvodinia può essere estremamente gratificante, perché offre alle donne che ne sono affette la possibilità di tornare a uno stato di pieno benessere, a una vita intima soddisfacente, e alla possibilità di vivere ancora l’amore con gioia e passione.

La terapia

Oggi è infatti possibile aiutare in modo consistente le pazienti affette da vulvodinia con un approccio multimodale volto a rimuovere i fattori predisponenti, precipitanti e di mantenimento del disturbo. La terapia integrata richiede di eliminare o almeno attenuare gli stimoli infiammatori che iperattivano i mastociti attraverso una modificazione degli stili di vita, ridurre il dolore con interventi farmacologici e analgesici locali e sistemici, rilassare il muscolo elevatore dell’ano contratto mediante interventi fisioterapici, riabilitativi e farmacologici (tossina botulinica).
Sono inoltre fondamentali una modulazione dello stato affettivo associato al dolore con antidepressivi o ansiolitici, quando indicati, e un supporto psicologico quando pregresse esperienze negative o problemi di coppia richiedano questo tipo di aiuto. Infine, in caso di comorbilità, è indispensabile una collaborazione stretta con gli altri specialisti competenti nelle varie patologie. Grazie a questa collaborazione clinica e di ricerca è possibile ridare alle donne colpite da vulvodinia la speranza di un futuro senza dolore.

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