Guida alla lettura
La parola dell'autore
Come cristiano, non ho certezze ma ho delle convinzioni che mi vengono dalla fede nelle parole di Gesù. Sono convinto che la vita è un dono di Dio, che sono nato non per caso né per necessità, ma perché nel suo amore e nella sua libertà Dio mi ha voluto e pensato come tutti gli altri esseri umani, che lui ha voluto per avere qualcuno di fronte a sé con cui entrare in comunione e al quale offrire i suoi doni. E se la vita è un suo dono, sono convinto che a lui devo ridarla, affidarla puntualmente venuta l’ora della mia morte, perché la vita umana è una vita a termine. Ho sempre cercato di introiettare il senso del limite che mi porta a riconoscere la mia fragilità e la mia precarietà e mi libera da ogni sentimento di onnipotenza sulla vita e sulla morte. Per questo, spero di poter vivere la mia morte dicendo un “Amen” nella pace, ma confesso anche la paura per la possibilità di una morte tra sofferenze fisiche e psicologiche.
Di fronte dunque alle situazioni che oggi riguardano molti altri, situazioni nelle quali il fine vita può conoscere accanimenti terapeutici, cure palliative o azioni di eutanasia, il mio primo sentimento è quello di una grande compassione che non mi permette di giudicare, ma mi induce a rispettare le scelte operate dalla coscienza del malato e di quelli che il malato ha voluto coinvolgere nella sua decisione. E non solo provo rispetto, ma anche vorrei offrire l’accompagnamento con gli strumenti umani e cristiani che ho e che il malato richiede e accetta. Ogni esistenza è diversa, ogni vicenda umana ha un tragitto differente, e non possiamo in astratto indicare soluzioni. L’eutanasia, intesa in senso stretto come il procurare la morte a una persona che la richiede, è un’azione contro la vita perché il diritto a esistere è il diritto fondamentale della persona, fondamento di tutti gli altri diritti. Ma resta vero che tra cure palliative assolutamente necessarie (per ora però ancora poco diffuse in Italia) e che possono avere come effetto secondario l’accelerazione della morte, e l’eutanasia come astensione dalle cure e, a volte, dalla nutrizione c’è una zona grigia non leggibile in modo manicheo.
In ogni caso, ognuno di noi, in quanto persona degna di essere rispettata, ha il diritto di essere riconosciuto come soggetto della propria vita, fino alla fine. Ognuno di noi è una persona con relazioni, affetti, desideri, non è soltanto una vita determinata da parametri biologici. E la qualità della vita non è riducibile alla quantità dei giorni!
Cristiani e non cristiani siamo fratelli e sorelle soprattutto in questo esito della nostra vita, la morte, che dobbiamo vivere il più possibile nella pace e nella relazione con chi amiamo, non abbruttiti dal dolore, sfigurati dalla malattia e in modo indegno. Non contrapponiamoci sempre con toni perentori che non lasciano posto all’ascolto, alla riflessione, alla pietà. Lo sappiamo: tutti noi vogliamo vivere, ma anche vivere la nostra morte.
Biografia
E’ membro dell’Académie Internationale des Sciences Religieuses (Bruxelles) e dell’International Council of Christians and Jews (Londra).
Fin dall’inizio della sua esperienza monastica, Enzo Bianchi ha coniugato la vita di preghiera e di lavoro in monastero con un’intensa attività di predicazione e di studio e ricerca biblico-teologica che l’ha portato a tenere lezioni, conferenze e corsi in Italia e all’estero (Canada, Giappone, Indonesia, Hong Kong, Bangladesh, Repubblica Democratica del Congo ex-Zaire, Ruanda, Burundi, Etiopia, Algeria, Egitto, Libano, Israele, Portogallo, Spagna, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera, Germania, Ungheria, Romania, Grecia, Turchia), e a pubblicare un consistente numero di libri e di articoli su riviste specializzate, italiane ed estere (Collectanea Cisterciensia, Vie consacrée, La Vie Spirituelle, Cistercium, American Benedictine Review).
E’ opinionista e recensore per i quotidiani La Stampa e Avvenire, membro del comitato scientifico del mensile Luoghi dell’infinito, titolare di una rubrica fissa su Famiglia Cristiana, collaboratore e consulente per il programma “Uomini e profeti” di Radiotre. Fa inoltre parte della redazione della rivista teologica internazionale “Concilium” e della redazione della rivista biblica “Parola Spirito e Vita”, di cui è stato direttore fino al 2005.
Nel 2009 ha ricevuto il “Premio Cesare Pavese” e il “Premio Cesare Angelini” per il libro “Il pane di ieri”.
Ha partecipato come “esperto” nominato da Benedetto XVI ai Sinodi dei vescovi sulla “Parola di Dio” (ottobre 2008) e sulla “Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana” (ottobre 2012).
Il 22 luglio 2014 papa Francesco lo ha nominato Consultore del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.