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Nell’inverno della vita, verso la primavera

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Nell’inverno della vita, verso la primavera
15/02/2023

Tratto da:
Enzo Bianchi, Ogni cosa alla sua stagione, Giulio Einaudi editore 2010

Guida alla lettura

In questo brano Enzo Bianchi evoca immagini e situazioni proprie dell’inverno, stagione bellissima ma aspra, e chiude la sua riflessione raffrontando l’inverno alla nostra vita: l’uno metafora dell’altra. Anche la nostra esistenza, con le sue difficoltà quotidiane, sembra a volte non giungere mai a un punto di svolta, proprio come la stagione fredda; sembra dominata dalla difficoltà di scorgere i contorni del futuro, così come a gennaio si stenta talora a distinguere i contorni degli alberi o delle montagne a causa della nebbia che tutto avvolge. Ci sono casi in cui l’inverno «sembra essere dentro di noi», e un senso di morte sembra prevalere nei nostri pensieri, senza riguardo alla nostra età.
L’immagine dell’inverno è nota ai poeti di tutte le epoche, che però tendono, di solito, ad accostarla alla stagione della vecchiaia: ci sono esempi di straordinaria intensità, dalla lirica greca arcaica sino ai nostri giorni. E però quell’immagine rivela presto i propri limiti: l’inverno è stagione di riposo, ponte verso la gioiosa e colorata rinascita della primavera; la vecchiaia dell’uomo, invece, si conclude con la morte, non conosce la circolarità degli eventi naturali. La similitudine è bella, ma vacilla quando dall’incanto della lettura dei versi spostiamo il pensiero alla considerazione del vero.
Bianchi, invece, ci propone un’immagine diversa: l’inverno come metafora della vita intera, e in particolare dei suoi momenti più tristi e bui. Allora le dinamiche di rinascita proprie di questa stagione possono adattarsi bene anche al nostro essere in questo mondo: ogni difficoltà può celare un’opportunità; le perdite – anche quelle definitive – non sanciscono la morte di tutto; c’è sempre la possibilità di un riscatto, di una nuova primavera della mente e del cuore. La metafora, che a prima vista sembrava porsi nel solco della tradizione, rivela tutta la sua novità, e da operazione estetica diventa insegnamento etico, capace di orientare i nostri passi quando il sentiero sembra perduto.
Si capiscono allora le considerazioni delle ultimissime righe, le più importanti per tutti noi: non dobbiamo vergognarci di soffrire, e non dobbiamo aver timore di parlare del nostro soffrire. Il dolore ha una sua dignità e merita di essere raccontato a chi ci conosce e ci ama, e dunque è in grado di guardare dentro di noi e capire la nostra verità di persone abitate da sogni, ferite dalla realtà, e però sempre pronte a rialzarsi per riprendere il cammino.
Due, quindi, i meriti di questa splendida pagina: fornire immagini e parole familiari perché tutti possano dare un volto al disagio interiore che, a volte, è difficile descrivere; esortare al dialogo, perché solo nel dialogo – con se stessi e con gli altri – si possono gettare le basi della nuova primavera che verrà.

La parola dell'autore

«Quest’inverno non finisce mai!». Così affermiamo sovente, con sentimento di stizza, quando, invece dell’atteso tepore primaverile ingentilito da una luce nuova, assaporiamo giornate ancora fredde, umide, tristemente buie per via di nuvole che gravano su di noi come una cappa oscura. Nei vecchi poi questa lamentela assume un tono quasi ossessivo: vedono l’inverno come una stagione brutta perché li costringe a restare in casa, uscendo solo se strettamente necessario, una stagione di cui si temono i tipici “malanni” percepiti come uno scalino da scendere inesorabilmente. Con la sua scarsa luce, che tarda a giungere al mattino per sparire già nel primo pomeriggio, l’inverno incupisce l’umore e sui vecchi ha a volte addirittura l’effetto di renderli un po’ curvi, rinserrati nelle spalle, con un passo che sembra sempre una fuga.
Non a caso, allora, nel cuore dell’inverno si cerca di moltiplicare le occasioni per far festa: Natale, l’anno nuovo, l’Epifania, il carnevale… quasi si volesse combattere contro una quotidianità dura, faticosa, un po’ triste. E poiché scarseggia la luce naturale si moltiplicano le “luci” create dagli uomini: si illuminano le vie di città e i paesi, si accendono gli alberi che pagano o morti denudati di foglie o dormienti nel loro letargo sempreverde. Anche questo indaffararsi, di cui oggi conosciamo fin troppo bene anche i risvolti commerciali, ha origine in una lotta contro l’inverno e il suo buio.
I bambini dal canto loro attendono la neve che tutto imbianca, rendendo altro il panorama e più festosi i loro giochi, ma questo accresce la mestizia dei vecchi: non solo perché rimpiangono ancor di più la loro infanzia, ma perché si sentono combattuti tra il desiderio di veder scendere il manto bianco che tanto giova alla terra e il timore di essere costretti a un’ancor più rigida clausura domestica.
Ma l’inverno è anche stagione prodiga di insegnamenti, se solo lo si vuole ascoltare: è sufficiente pensare che tutto ciò che appare come una morte è in realtà un riposo, un modo diverso di operare, carico di attesa. E capace di sorprese: gli alberi, per esempio, così spogli da apparire secchi, o i prati ingialliti dal gelo, non appena sono baciati dalla galaverna si rivestono di brillanti e scintillano tra le nebbie mattutine. Chi poi vive fuori dai grandi centri abitati conosce in modo iconico da solitudine: rari o nessun passante, un grande silenzio che avvolge ogni cosa, i gesti rapidi ogni volta che si esce di casa per poi rientrare subito, senza indugiare sulla soglia né attendere di scambiare due parole… A volte l’inverno sembra una metafora della nostra vita: una stagione che sembra non finire mai, ora nebbiosa, ora uggiosa, privata della speranza di un nuovo slancio, a volte addirittura prossima alla morte. Sì, l’inverno può anche essere dentro di noi e talora riusciamo a dirlo a noi stessi e agli altri. E’ uno svelamento benefico perché non dobbiamo vergognarci di soffrire: la sofferenza infatti ha una dignità, merita di essere raccontata e comunicata a chi può capire la verità di una persona.

Biografia

Enzo Bianchi nasce a Castel Boglione, in provincia di Asti, il 3 marzo 1943. Dopo gli studi alla facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Torino, nel 1965 si reca a Bose, una frazione abbandonata del comune di Magnano sulla Serra di Ivrea, con l’intenzione di dare inizio a una comunità monastica. Raggiunto nel 1968 dai primi fratelli e sorelle, scrive la regola della comunità. E’ stato priore dalla fondazione del monastero sino al 25 gennaio 2017: gli è succeduto Luciano Manicardi, poi sostituito, nel gennaio 2022, da Sabino Chialà.
E’ membro dell’Académie Internationale des Sciences Religieuses (Bruxelles) e dell’International Council of Christians and Jews (Londra).
Fin dall’inizio della sua esperienza monastica, Enzo Bianchi ha coniugato la vita di preghiera e di lavoro in monastero con un’intensa attività di predicazione e di studio e ricerca biblico-teologica che l’ha portato a tenere lezioni, conferenze e corsi in Italia e all’estero (Canada, Giappone, Indonesia, Hong Kong, Bangladesh, Repubblica Democratica del Congo ex-Zaire, Ruanda, Burundi, Etiopia, Algeria, Egitto, Libano, Israele, Portogallo, Spagna, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera, Germania, Ungheria, Romania, Grecia, Turchia), e a pubblicare un consistente numero di libri e di articoli su riviste specializzate, italiane ed estere (Collectanea Cisterciensia, Vie consacrée, La Vie Spirituelle, Cistercium, American Benedictine Review).
E’ opinionista e recensore per i quotidiani La Stampa e Avvenire, membro del comitato scientifico del mensile Luoghi dell’infinito, titolare di una rubrica fissa su Famiglia Cristiana, collaboratore e consulente per il programma “Uomini e profeti” di Radiotre. Fa inoltre parte della redazione della rivista teologica internazionale “Concilium” e della redazione della rivista biblica “Parola Spirito e Vita”, di cui è stato direttore fino al 2005.
Nel 2009 ha ricevuto il “Premio Cesare Pavese” e il “Premio Cesare Angelini” per il libro “Il pane di ieri”.
Ha partecipato come “esperto” nominato da Benedetto XVI ai Sinodi dei vescovi sulla “Parola di Dio” (ottobre 2008) e sulla “Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana” (ottobre 2012).
Il 22 luglio 2014 papa Francesco lo ha nominato Consultore del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.
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