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Il mobbing: che cos'è e quali conseguenze comporta

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15/07/2008

Avv. Elena Bigotti

Il nostro sito affronta anche questi problemi perché responsabili di molto dolore emotivo, con importanti conseguenze anche sul fronte fisico, per depressione, ansia, disturbo post-traumatico da stress e somatizzazioni diverse, che spesso sono veri e propri equivalenti depressivi. L’obiettivo è offrire alle donne una conoscenza generale degli strumenti legali più appropriati per difendersi da abusi diversi, e dal dolore ad essi associato, anche sul fronte professionale.
Concludiamo questa prima serie di articoli sulle cause di sofferenza nel luogo di lavoro prendendo in considerazione un fenomeno drammatico che negli ultimi quindici anni è stato oggetto di studi, di trattazioni e di numerosi processi giudiziari.
Ci riferiamo al cosiddetto mobbing, che spesso trae sostanza da atteggiamenti e condotte moleste, vessatorie e discriminatorie ma che presenta, rispetto ai fenomeni isolati di cui abbiamo parlato sino ad oggi, alcuni ulteriori requisiti.
Il termine deriva dall’inglese “to mob” e fu usato per la prima volta dall’etologo Konrad Lorenz, per definire il comportamento di animali della medesima specie che, coalizzandosi, attaccano un membro del loro stesso gruppo al fine di emarginarlo o ucciderlo.
Heinz Leymann, medico e studioso, lo utilizzò per definire i comportamenti di terrorismo psicologico utilizzati negli ambienti di lavoro da superiori o subalterni (mobbing verticale) o dai colleghi (mobbing orizzontale), e tesi a discriminare ed emarginare un lavoratore al fine di allontanarlo tramite licenziamento o dimissioni.
Si è espresso in termini analoghi anche Harold Ege, psicologo del lavoro, che afferma: «Per mobbing si intende una persecuzione sistematica ad opera di una o più persone, in un arco di tempo piuttosto lungo, allo scopo di danneggiare chi ne è vittima o di emarginarlo e discriminarlo, fin quando non perde il posto di lavoro o è costretto a lasciarlo».
Secondo il modello di Leymann, nel processo di mobbing si riscontrano quattro fasi fondamentali:
- conflitto quotidiano: il contesto appare normale, ma inizia in realtà a congestionarsi e a indirizzarsi verso il futuro mobbizzato;
- inizio del mobbing e/o terrorismo psicologico: emergono e si moltiplicano gli attacchi diretti alla vittima;
- errori ed abusi, anche non rilevanti penalmente, della direzione del personale: trasferimenti, demansionamenti, richiami ingiustificati;
- esclusione dal mondo del lavoro: la vittima inizia a manifestare sintomi ossessivi e malattie psicosomatiche, mentre il rapporto professionale precipita verso le dimissioni, il prepensionamento o il licenziamento.
A queste fasi Harold Ege ne aggiunge altre due:
- aggravamento di salute della vittima, che cade in depressione ed entra in una vero e proprio stato di prostrazione;
- suicidio della vittima, fortunatamente raro.
Gli elementi che contraddistinguono il mobbing e che devono essere tutti presenti perchè questo sia individuato e perseguito sono pertanto:
- la durata: si deve trattare di una condotta protratta nel tempo, e di non singoli gesti isolati e occasionali;
- la ripetitività: gli episodi devono ripetersi nel tempo e contro la stessa vittima;
- la sistematicità: le azioni devono essere legate da metodicità;
- la pluralità: non una singola azione, quindi, ma una molteplicità di interventi.
Le condotte attraverso le quali si può manifestare il mobbing sono molteplici. A titolo esemplificativo, vediamo le principali fattispecie di molestie e vessazioni morali che già sono state riconosciute e sanzionate come tali dalla giurisprudenza:
- demansionamento e inattività della lavoratrice;
- trasferimento punitivo o discriminatorio;
- deprivazione di mezzi tecnici per adibire le proprie mansioni o di un luogo ove svolgerle;
- molestie sessuali e non;
- discriminazioni sulla base di sesso, etnia, orientamento religioso e sessuale;
- impiego eccessivo della lavoratrice ovvero pretese sproporzionate rispetto ai compiti da svolgere;
- diniego continuativo di ferie o permessi;
- messa in ferie forzata, con trasferimento e licenziamento per superamento del periodo di comporto;
- attribuzione di mansioni particolarmente difficili a lavoratrice priva di adeguata formazione;
- maltrattamenti verbali, atti umilianti, offensivi, persecutori;
- isolamento ed emarginazione della lavoratrice;
- controllo e sorveglianza, ripetute visite di controllo medico, apertura di posta personale;
- irrogazione di reiterate sanzioni disciplinari immotivate e pretestuose per infrazioni di scarsa rilevanza e/o senza l’osservanza delle procedure di garanzia previste dall’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori (legge 300/1970);
- continue lettere di contestazioni e richieste di giustificazione;
- imposizione, solo ad alcune lavoratrici considerate inadeguate, di partecipare obbligatoriamente a corsi di autovalutazione delle attitudini individuali;
- licenziamento “ingiurioso”, ossia che per forma e modalità, per le conseguenze morali che ne derivano, per le espressioni contenute nell’atto di recesso leda la personalità morale, il decoro, la dignità e l’onore della lavoratrice.
E’ opportuno ricordare che anche in relazione al mobbing il dato di genere è rilevante, pur registrandosi significativi episodi di mobbing anche nei confronti degli uomini. Sono infatti proprio le donne ad essere tra le vittime più esposte al mobbing, sicuramente per quello sostanziato in condotte sessuali (parere della Commissione Europea di cui alla Raccomandazione 93/131, sulla base di uno studio condotto in differenti Stati europei). Questo perché esiste un nesso causale tra il rischio di molestia a sfondo sessuale e la fragilità di chi la subisce e si trovi in una posizione di esposizione per requisiti fisici (minor forza fisica), per ragioni culturali, per condizioni lavorative meno stabili e più mutevoli nel corso del rapporto professionale (ad esempio per l’intervenuta maternità e il relativo accudimento dei figli).

Bibliografia essenziale

- Trattato della responsabilità civile e penale in famiglia, a cura di Paolo Cendon, volume II, parte ottava (Ambiente lavorativo e affetti), Cedam, Padova, 2004
- Il lavoro difficile, a cura di Enzo Nocifora, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna (RN), 2006
- Contro il mobbing. Breve manuale di auto-aiuto, di Ferdinando Cecchini, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna (RN), 2005
- Discriminazioni sulla base del sesso e trattamento preferenziale nel diritto comunitario, a cura di Oreste Pollicino, Giuffrè Editore, 2006
- Mobbing, Autori Vari, Giuffrè Editore, Milano, 2006
- Il nuovo diritto antidiscriminatorio. Il quadro comunitario e nazionale, a cura di Marzia Barbera, Giuffrè Editore, Milano, 2007
- Su la testa… giù le mani, a cura della Commissione Regionale Pari Opportunità e della Consigliera Regionale di Parità del Piemonte
- Diamo gambe ai diritti, manuale contro le molestie ed il mobbing, a cura della Commissione Regionale Pari Opportunità e della Consigliera Regionale di Parità del Piemonte
- Le discriminazione di genere in ambito lavorativo, Indagine conoscitiva di casi trattati dalle Consigliere di Parità, Isfol
- Casi di discriminazione di genere nella provincia di Torino (gennaio 2006 – luglio 2007), a cura della Consigliera di Parità della Provincia di Torino
- Rapporto globale sull’uguaglianza nel lavoro, Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO), maggio 2007
- L’occupazione femminile in Piemonte. Dati Istat 2006, a cura della Consigliera Regionale di Parità del Piemonte
- Esiste un differenziale retributivo di genere in Italia? Pubblicazione dell’Isfol nell’ambito dei libri del Fondo Sociale Europeo
- Non credere di avere dei diritti, Autrici varie, Rosenberg & Sellier, Torino, 1987

Altre risorse:
- Dott.ssa Rosa Rinaldi, Intervento nell’ambito del convegno Melting Box (Lingotto, Torino, 22-24 ottobre 2007)
- Dati elaborati dall’Istituto di Ricerca Regionale della CGIL, Ires Lucia Morosini, a seguito di un’indagine statisticamente rappresentativa sulle condizioni di lavoro in Piemonte. Una prima elaborazione è stata pubblicata sul n. 2-2007 di Quaderni di rassegna sindacale
- Le riviste Noi donne (febbraio 2007) e Via Dogana (numero dedicato al “50 e 50%”, 2007)

L'aiuto in rete

Ecco gli indirizzi di alcuni utili siti che si occupano di mobbing, molestie, discriminazioni e vessazioni:
- www.kila.it
- www.diritto.net (contiene una sezione dedicata al mobbing)
- www.telefonorosa.it (sezione romana)
- www.telefonorosatorino.it
- www.inail.it
- www.inps.it
- www.ispel.it
- europa.eu
- www.edscuola.it
- www.stop-mobbing.it
- www.pariopportunita.gov.it
- www.lavoro.gov.it/lavoro/
- www.amblav.it/donnasalutelavoro.asp
- www.libreriadelledonne.it

Biografia

La dottoressa Elena Bigotti, avvocata civilista in Torino, si occupa prevalentemente di diritto di famiglia e dei minori, di contrattualistica civile e di diritto antidiscriminatorio, anche in campo giuslavoristico.
Collabora con l’Associazione Telefono Rosa di Torino, quale legale volontaria, dal 1997, occupandosi prevalentemente della difesa dei diritti delle donne e dei minori vittime di violenza e di molestie sessuali e non. Dal 2000 è componente del consiglio direttivo dell’Associazione.
E’ iscritta dal 2004 alla Rete Nazionale delle legali dei Centri Antiviolenza.
Ha partecipato a numerosi convegni come relatrice sui temi del mobbing e delle molestie, sessuali e non, sul luogo di lavoro e sulla violenza di genere.
Nel 2007 ha pubblicato due manuali su discriminazioni, mobbing e molestie sessuali sul luogo di lavoro per conto della Commissione Pari Opportunità della Regione Piemonte.
E’ Consigliera di fiducia per il rispetto del codice etico e Consulente contro le molestie ed il mobbing delle Università di Torino e di Parma, e del Politecnico di Torino.

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