EN
Ricerca libera
Cerca nelle pubblicazioni scientifiche
per professionisti
Vai alla ricerca scientifica
Cerca nelle pubblicazioni divulgative
per pazienti
Vai alla ricerca divulgativa

Endometriosi subclinica: che cos’è, come si affronta

  • Condividi su
  • Condividi su Facebook
  • Condividi su Whatsapp
  • Condividi su Twitter
  • Condividi su Linkedin
30/01/2020

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica, H. San Raffaele Resnati, Milano
Dott.ssa Dania Gambini
Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, H. San Raffaele, Milano

“Ho 43 anni, nessuna gravidanza. Ho sempre sofferto di dismenorrea sin da giovane, ma negli anni il problema si è aggravato. I miei atroci dolori sono concentrati durante l’ovulazione (per 3 giorni), la sindrome premestruale (2 giorni) e il mestruo (3 giorni). Al di fuori di questi giorni non ho alcun dolore, né durante i rapporti, né durante l’evacuazione o la minzione. Faccio annualmente controlli ginecologici con ecografie e pap-test, ma non ho mai avuto nulla (cisti, fibromi o altro). Ho fatto il controllo dei marcatori per l’endometriosi, ma sono negativi. Ho consultato più di un ginecologo, ma tutti scartano come problema l’endometriosi. E' possibile che tutto il mio dolore sia solo una semplice dismenorrea, senza endometriosi? Quali altri esami posso fare per capire da dove arriva questo dolore? Un cordiale saluto”.
Elisa
Gentile Elisa, la sintomatologia da lei descritta suggerisce senz’altro un’endometriosi subclinica, che va quindi curata subito, come del resto indicano anche le linee guida internazionali. I sintomi devono guidare la scelta terapeutica con priorità assoluta. Tanto più che non necessariamente le indagini diagnostiche basate sull’ecografia ginecologica transvaginale, la risonanza magnetica pelvica e la stessa laparoscopia sono in grado di evidenziare le piccole lesioni di natura endometriosica presenti in organi diversi dall’utero (in sede “ectopica”, ossia fuori posto). Il punto critico è questo: tutti gli esami “visivi” (ecografia transaddominale e/o pelvica, risonanza magnetica nucleare e la stessa laparoscopia) possono evidenziare una lesione solo se questa raggiunge almeno 2-3 millimetri di diametro. Al di sotto di queste dimensioni la lesione non è visibile perché è questa l’attuale “soglia di detezione”, ossia il limite dimensionale al di sotto del quale questi esami non riescono a visualizzare le lesioni. Tuttavia un piccolo nodulo endometriosico di 2 millimetri ha già 10-20.000 cellule di endometrio ectopico, che vanno incontro agli stessi cambiamenti dell’endometrio dentro l’utero. Le cellule si moltiplicano crescendo in altezza sotto l’effetto degli estrogeni, si riempiono di zuccheri nella seconda metà del ciclo per effetto del progesterone, e si sfaldano con perdita di sangue, all’interno del tessuto in cui si trovano, se non c’è stato concepimento. In tal caso, infatti, i livelli di estrogeni e progesterone per quel mese crollano, attivando l’infiammazione che porta alla mestruazione. Importante: il sangue mestruale che si riversa nei tessuti, invece che in vagina, è un potentissimo fattore di infiammazione, e quindi di progressiva distruzione tissutale e di dolore: prima ciclico, all’ovulazione e più frequentemente alla mestruazione (quando gli ormoni fluttuano di più), come succede a lei, e poi continuo (“dolore pelvico cronico”).
Anche il dosaggio ematico del marcatore CA125 può non risultare aumentato in corso di endometriosi: esistono infatti forme “secernenti CA125”, ossia che producono questo marcatore, e altre che sono silenti da questo punto di vista. L’esame ci dà quindi informazioni utili se è elevato, mentre non esclude l’endometriosi se è basso, in quanto potrebbe trattarsi appunto di una forma non secernente.
La diagnosi definitiva è solo istologica, ovvero basata sul riscontro anatomo-patologico della presenza di tessuto endometriale in sedi esterne all’utero. Considerando tuttavia la chiara sintomatologia da lei descritta, è molto probabile la presenza di un’endometriosi. Sarebbe dunque corretto instaurare subito una terapia estroprogestinica o progestinica a basso dosaggio in continua, ossia senza pause, per tre-sei mesi, lasciando quattro giorni di pausa e ripetendo la cura. Se non ci sono motivi particolari, si può anche assumere il progestinico o la pillola senza pause. Il progestinico approvato con questa indicazione è il dienogest; in seconda battuta, il norestisterone acetato.
Questa scelta terapeutica dà al corpo il nutrimento ormonale di cui ha bisogno, con un vantaggio essenziale: la continuità e stabilità dei livelli ormonali previene le fluttuazioni che sono i primi fattori di degranulazione dei mastociti, di infiammazione tessutale esasperata e di dolore. Solo nel caso in cui con questi trattamenti ormonali non ci sia riduzione o scomparsa del dolore, si può optare per una laparoscopia diagnostica.
Consideri che queste cure possono essere fatte in serenità per anni, finché non vorrà figli, perché ridurre o ancor meglio togliere l’infiammazione ciclica da endometriosi protegge la fertilità presente e futura, oltre a eliminare il dolore: entrambe le azioni con grande efficacia.
Ne parli con un ginecologo competente per avere subito le cure più adeguate: per togliere infiammazione ciclica e dolore oggi, e proteggere la sua fertilità domani, restando libera da tutti i rischi di un’endometriosi trascurata, per molti anni a venire.
Auguri di cuore e un cordiale saluto.

Vuoi far parte della nostra community e non perderti gli aggiornamenti?

Iscriviti alla newsletter