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Spotting da fattori disfunzionali: i progestinici sono i farmaci di prima scelta

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06/10/2011

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano
Dott.ssa Dania Gambini
Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, H. San Raffaele, Milano

“Ho 25 anni, e da sette soffro di spotting. Ho fatto tutti i tipi di analisi immaginabili: isteroscopia, ecografie transvaginali, tamponi, analisi del sangue, esami tumorali, visita dall’endocrinologo. Niente sembra spiegare la mia situazione. Ho anche provato diverse pillole: per alcuni mesi il problema sembra risolversi, ma poi ricompare puntualmente. Ora, da cinque mesi, sto assumendo un farmaco a base di progesterone micronizzato, due volte al giorno. Lo spotting si presenta spesso anche dopo i rapporti, ma soprattutto dal 12° al 15° giorno del ciclo, e non smette fino all’arrivo delle mestruazioni. Diciamo che in cinque mesi di cura sono stata bene solo due. Mi sento sempre stanca, gonfia, ho vertigini, forti mal di testa e fortissimi dolori addominali e pelvici. Nessun esame ha evidenziato niente. Nemmeno una cisti, nulla. Tutto questo non mi rende la vita facile, sotto nessun punto di vista. Il mio ginecologo parla di cause “disfunzionali”, cattivo assorbimento, sfaldamenti dell’endometrio, cisti follicolari... Sento di essere troppo stanca e depressa per poter convivere ancora con tutto questo, ho paura di fare altri tentativi a vuoto. Però non voglio nemmeno arrendermi. Dovrei sottopormi ad altri esami? Grazie infinite”.
Alessandra V.
Cara Alessandra, lo spotting (perdite ematiche intermestruali di scarsa entità) è dovuto a diverse cause, ascrivibili a fattori organici (polipi endometriali, iperplasia endometriale, lesioni del collo dell’utero, cisti ovariche, miomi uterini), a fattori disfunzionali (squilibri ormonali), nonché a possibili fattori genetici (coagulopatie, per esempio per ridotto numero di piastrine, o “piastrinopenia”).
Dalla sua storia e da tutti gli esami correttamente fatti, sembra che alla base del problema, ormai diventato comprensibilmente insostenibile, non ci siano fattori organici. Piuttosto il disturbo sembra essere legato a fattori disfunzionali, come dimostra il ritmo di presentazione a metà ciclo mestruale: espressione o di un’inadeguata produzione di progesterone che non risulta in grado di bilanciare l’azione degli estrogeni a livello endometriale, con conseguente sfaldamento e comparsa di spotting, e/o di inadeguata presenza di recettori per il progesterone nell’endometrio. In termini semplici, l’ormone c’è ma viene poco recepito dal tessuto.
Dando per valido che i dosaggi ormonali da lei eseguiti (compresa la funzionalità tiroidea) siano risultati nei limiti di norma, si tratta di impostare la corretta terapia farmacologica. Come prima scelta abbiamo i progestinici, varianti sintetiche del progesterone: rispetto al progesterone naturale micronizzato, che lei sta usando, hanno una maggiore capacità di “stabilizzare” l’endometrio, riducendo lo spotting che tanto la disturba. Proprio perché stabilizzano l’endometrio ne evitano lo sfaldamento irregolare. Tendono anzi a portare ad ipo-atrofia endometriale, perfettamente reversibile alla fine del trattamento. In accordo con il suo ginecologo, potrebbe continuare con la terapia impostata o utilizzare un progestinico più capace di stabilizzare l’endometrio, come il noretisterone acetato.
In margine, annoto che nelle donne che hanno già avuto un figlio e lamentano spotting in assenza di fattori organici si potrebbe valutare anche l’utilizzo di un dispositivo intrauterino a rilascio locale di progestinico: entro il primo anno di utilizzo il 20% delle donne va incontro ad amenorrea, con ricomparsa dei cicli mestruali entro un mese dalla rimozione, e senza alcuna compromissione della fertilità.
Il ginecologo curante è comunque l’interlocutore principe per la scelta terapeutica definitiva nella singola donna.
Concordo con lei: non si deve arrendere a un sintomo così fastidioso. In bocca al lupo!

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