Guida alla lettura
Quello che ci preme sottolineare è che la donna che l’angelo dell’annunciazione aveva chiamato “beata” provò nella vita ogni possibile dolore emotivo: una maternità misteriosa che la portò a un passo dal ripudio e dalla lapidazione (era questa la morte riservata alle adultere); una vedovanza che intuiamo precoce (i racconti della vita adulta di Gesù non fanno alcun cenno a Giuseppe); un figlio “strano”, quasi sempre lontano da casa e votato a una vita di celibato (nel contesto di una cultura in cui il matrimonio e una ricca prole erano segno della benedizione divina); un figlio, che dopo aver dedicato la vita a fare il bene, viene catturato, torturato e ucciso nel modo più sanguinario e infamante; un figlio che risorge, infine, ma presto torna ad abbandonarla, e questa volta per sempre. L’angoscia lancinante di questa separazione sarà cantata con delicatezza e verità da Fabrizio De Andrè nel brano “Le tre madri”: «Non fossi stato figlio di Dio, t’avrei ancora per figlio mio».
Ce n’è a sufficienza per capire come la fede in Dio non ponga al riparo dal dolore, ma dia semmai la forza per attraversarlo senza perdere la forza di amare e di essere amati. L’atteggiamento di Maria può però essere eloquente anche per chi non crede: tutti, infatti, siamo posti di fronte al mistero di chi ci sta accanto; nessuno di noi può essere compreso nella propria pienezza, e ciascuno di noi conserva nel cuore un sogno segreto che gli altri non possono cogliere. Accade con i figli, proprio come successe a Maria. Ma accade anche con un partner, un genitore, un amico. La capacità che Maria di Nazareth aveva di «accogliere e custodire i fatti e le parole di Gesù» è allora una forma di sapienza di cui tutti abbiamo bisogno, se davvero vogliamo il bene di chi ci sta accanto, se davvero vogliamo che la sua vita fiorisca come un capolavoro.
Congiuntamente a Israele, pure la Vergine dovrà confrontarsi con la Parola del Figlio, misticamente significata dalla “spada”. La sua anima ne sarà profondamente penetrata. Sempre dal Vangelo di Luca sappiamo che Maria accoglieva e custodiva i fatti e le parole di Gesù (Luca 2,19.51b; 11,27-28). Con intendimento sapienziale, ereditato dalla migliore tradizione del suo popolo, era protesa ad approfondire il senso di quanto Gesù diceva e operava.
Niente ci autorizza a concludere che Maria conoscesse tutto in anticipo: anzi, a volte non capisce ciò che il Figlio dice. Questo accadde, per esempio, quando ritrovò Gesù al Tempio, dopo averlo cercato per tre giorni con angoscia indicibile: «Figlio – disse – perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, addolorati, ti cercavamo» (Luca 2,48). Ma tanto lei che Giuseppe non compresero la risposta di Gesù. Tuttavia, pur non avendo capito, conserva nel cuore anche l’enigma di quelle parole. Per divenire membri della sua famiglia in senso più profondo, e non soltanto secondo la carne, bisognava progredire nel comprendere e accettare il mistero della sua persona (cfr. Marco 3,31-15).
Maria, in effetti, si inoltrò per questi sentieri. Essa fece sì che i propri pensieri fossero illuminati e giudicati dalla Parola del Figlio, alla quale si adeguava con crescita costante. Giorno per giorno, andava riscoprendo che quel Figlio era davvero più grande di lei… Pur nell’oscurità, Maria si affida docilmente alla Parola di Gesù, non si scandalizza di lui (cfr. Matteo 11,6; Luca 7,23). Da madre, si converte in discepola del Figlio.
Per Israele, la Parola di Cristo era causa di caduta e risurrezione. Per Maria, analogamente, essa comportava gioia e dolore. Gioia: nel vedere i frutti copiosi che il seme della Parola evangelica produceva in se stessa e in quanti l’accoglievano in un cuore «retto e buono» (Luca 8,15). Dolore: quando, costernata, cerca Gesù a Gerusalemme e non ne comprende la risposta. Conservando in cuor suo l’enigma di ciò che non capisce (Luca 2,51b), progredisce nei sentieri della fede. Ma il colmo dell’afflizione inondò il suo spirito quando vide il Figlio ripudiato, crocifisso. Obbedire alla volontà del Padre, rimanere fedele alle parole del Figlio soprattutto in quel momento di tenebra: ecco il momento sommo in cui questa Parola trafisse le fibre di Maria.
Secondo questa esegesi, non sarebbe lecito restringere la profezia di Simeone alla sola compassione accanto alla croce. Essa, piuttosto, abbraccia tutto l’arco della sua missione di madre del Salvatore, e particolarmente il dramma del Calvario. Non diceva forse Gesù: «Se qualcuno vuole venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (Luca 9,23)?
Biografia
E’ autore di numerose opere di carattere scientifico e di alta divulgazione sul tema della vita e della sapienza di Maria, fra cui “Sapienza e contemplazione di Maria secondo Luca 2,19.51b” (Edizioni Marianum, 1982), “Maria secondo il Vangelo” (Editrice Queriniana, 1987) e “Maria di Nazareth. Una fede in cammino” (Edizioni Paoline, 1993).