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La vita e la guerra: tre liriche di Gianni Rodari

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La vita e la guerra: tre liriche di Gianni Rodari
30/03/2022

Tratto da:
Gianni Rodari, Opere, a cura di Daniela Marcheschi, I Meridiani, Mondadori, 2020

Guida alla lettura

Tre liriche contro la guerra: scritte per i bambini, ma eloquenti anche per i grandi. E’ quanto ci consegna la fantasia di Gianni Rodari, massimo poeta per l’infanzia del Novecento, nei giorni cupi del conflitto russo-ucraino. Ognuna di esse contiene un’idea generativa che si fa insegnamento morale: la guerra come esempio di ciò che non si dovrebbe fare mai; l’idea stravagante (ma non troppo) di una pace da stipulare senza prima combattere, come un arcobaleno senza temporale; la Luna uguale per tutti, generosa di luce con tutti, libera di effondere i propri raggi senza curarsi di reticolati e frontiere.
Il messaggio di Rodari è così netto e immediato da creare una sospensione del reale e rendere momentaneamente irrilevanti, per così dire, le obiezioni che pure si potrebbero sollevare al suo pacifismo radicale: che una guerra provocata è diversa da una guerra subita, che l’opzione della mitezza non deve trasformarsi in resa alla prepotenza, che chi combatte per difendere il proprio paese rischia la vita per tutti, anche per chi si sottrae al fronte in nome delle più diverse ideologie. La realtà è molto più complessa delle facili schematizzazioni di chi sogna un mondo senza conflitti: per capirlo, anche senza andare troppo indietro nel tempo, basterebbe pensare alle premesse e agli esiti della seconda guerra mondiale, e a che cosa sarebbe oggi il mondo se, allora, interi popoli non si fossero armati contro la barbarie. Ma la grandezza di un poeta non si misura sulla plausibilità tecnica delle sue idee: bensì sulla potenza del suo grido, sulla bellezza che porta alla luce, sulla capacità di esprimere in modo nuovo pensieri e sentimenti, sui sogni che suscita – fosse anche solo per un attimo, fossero anche i più irrealizzabili del mondo.
A tutto ciò Rodari aggiunge uno stile inconfondibile: le parole che adopera sono quasi sempre semplicissime, davvero a misura di bambino; ma la partitura che ne scaturisce è originale e raffinata, per nulla “infantile”. Alla musica del dire poetico contribuiscono non poco le rime: talora prevedibili ma graziose, come in «Dopo la pioggia viene il sereno» (sette coppie di rime baciate); talora irregolari come il respiro di una persona che soffre, in «Chissà se la luna»; oppure distribuite in un elegante gioco di slittamenti, come in «Ci sono cose da fare», ove le tre quartine hanno il seguente schema: ABCA (in cui rimano fra loro il primo e il quarto verso), ABCB (in cui, con il quarto verso, rima il secondo), ABCC (in cui con il quarto rima il terzo), in una sorta di accelerazione fonica che (senza contare le altre corrispondenze interne) riflette l’urgenza di arrivare al dunque, a ciò che veramente preme al poeta.
Chi ha qualche anno in più dietro di sé ricorderà bene il Rodari studiato sui banchi delle scuole elementari, quando imparare una poesia non era una mortificazione “nozionistica”, ma apertura alla bellezza ed esercizio della memoria. Quello scrittore simpatico e un po’ buffo ci parla ancora con freschezza, e ci invita a risvegliare in noi qualcosa dei bambini che un tempo siamo stati.

Il testo

Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola
a mezzogiorno.
Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per non sentire.
Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno, né di notte,
né per mare, né per terra:
per esempio, la guerra.

Dopo la pioggia viene il sereno,
brilla in cielo l’arcobaleno:
è come un ponte imbandierato
e il sole vi passa, festeggiato.
È bello guardare a naso in su
le sue bandiere rosse e blu.
Però lo si vede – questo è il male –
soltanto dopo il temporale.
Non sarebbe più conveniente
il temporale non farlo per niente?
Un arcobaleno senza tempesta,
questa sì che sarebbe una festa.
Sarebbe una festa per tutta la terra
fare la pace prima della guerra.

Chissà se la luna
di Kiev
è bella
come la luna di Roma,
chissà se è la stessa
o soltanto sua sorella…
Ma son sempre quella!
– la luna protesta –
non sono mica
un berretto da notte
sulla tua testa!
Viaggiando quassù
faccio lume a tutti quanti,
dall’India al Perù,
dal Tevere al Mar Morto,
e i miei raggi viaggiano
senza passaporto.

Biografia

Gianni Rodari nasce a Omegna nel 1920. Dopo aver conseguito il diploma magistrale, per alcuni anni si dedica all’insegnamento. Al termine della seconda guerra mondiale intraprende la carriera giornalistica che lo ha porta a collaborare con numerose testate, fra cui “L’Unità”, “Pioniere” e “Paese Sera”. A partire dagli anni Cinquanta inizia a pubblicare opere per i più piccoli, rinnovando profondamente la letteratura italiana per l’infanzia: sostituisce infatti personaggi e situazioni delle favole tradizionali con figure e tematiche spesso surreali, ma saldamente legate alla vita quotidiana – pace e guerra, ingiustizie, disuguaglianze, libertà.
I suoi libri ottengono subito un vasto successo, vengono tradotti in numerose lingue e ottengono diversi riconoscimenti fra cui, nel 1970, il premio «Hans Christian Andersen», considerato il Nobel della letteratura per l’infanzia.
Negli anni Sessanta e Settanta partecipa a conferenze organizzate nelle scuole con insegnanti, bibliotecari, genitori, studenti. Dalla sistemazione degli appunti vede la luce, nel 1973, “Grammatica della fantasia”: sintesi della sua poetica e della sua pedagogia, punto di riferimento per quanti si occuperanno nei decenni successivi di educazione alla lettura e letteratura per l’infanzia.
Rodari muore a Roma nel 1980. Tra le sue opere più significative spiccano “Le avventure di Cipollino”, “Gelsomino nel paese dei bugiardi”, “Filastrocche in cielo e in terra”, “Favole al telefono”, “Il libro degli errori”, “C’era due volte il barone Lamberto”.

(profilo liberamente tratto da 100giannirodari.com)
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