Guida alla lettura
Quel campo respira lentamente, ed è fatto di sterpi tutti uguali: il passato è trascorso per sempre, nulla può cambiare ciò che è stato. Ma trascorso non vuol dire perduto: quel campo siamo noi, è la nostra vita, e ce lo portiamo dentro in ogni nostro atto e ogni nostro pensiero. E nel campo-vita di David svetta un bell’albero verde, l’albero della serenità: a esprimere un rapporto pacificato con i propri errori, la convinzione di avere fatto le scelte che il cuore sentiva davvero, la consolazione di avere amato ed essere stato amato, la certezza di sopravvivere nello spirito degli amici. Parole di fiducia che Turoldo ci dona anche in un’altra lirica limpidissima: «Non so come, non so dove, ma tutto / perdurerà: di vita in vita / e ancora da morte a vita / come onde sulle balze / di un fiume senza fine».
Eppure l’autore di questi versi è lo stesso uomo che arriverà a paragonare a una sentenza senza appello la diagnosi del cancro che, in pochi mesi, l’avrebbe strappato alla vita: «… è l’evento che tutto muta / e di altra natura / si fanno le cose e i giorni. / Subito senti il tempo franarti / tra le mani». Uomo di fede, dunque, ma non cieco di fronte alla tragicità della vita, all’assurdo che talora sembra assediare i nostri giorni, al non senso che sembra spesso prevalere sulla nostra ricerca di uno scopo, di un motivo per sentirci davvero vivi. Un uomo che non temeva di dare un nome e un volto alla paura.
Lo stile di Turoldo è semplice e levigato: il verso libero esprime una musicalità che esalta il significato delle parole; i termini sono quotidiani ma sceltissimi: indimenticabili, per esempio, quei ricordi «chiomati di nebbia e di sole»; la pacatezza del dire non ostacola l’effusione sovrabbondante delle emozioni, anzi consente al poeta di distillarle con precisione e a noi di coglierle nella pienezza simbolica del loro significato.
Uomo di Dio, David Maria Turoldo ci insegna a vivere in rettitudine e giustizia, perché un giorno i nostri ricordi siano placati e la serenità di un albero frondoso sia l’ultima immagine che i nostri occhi coglieranno.
Le parole dell'autore
di campi assopiti
e i ricordi in essa
chiomati di nebbia e di sole.
Respira
una pianura
rotta solo
dagli eguali ciuffi di sterpi:
in essa
unico albero verde
la mia serenità.
Biografia
Negli anni successivi fonda il centro culturale “Corsia dei Servi” e sostiene la fondazione di Nomadelfia, villaggio che accoglie gli orfani di guerra. Nel 1953 il Santo Uffizio, non approvando lo spazio che egli apertamente concede alla coscienza individuale delle persone, ne ottiene l’allontanamento dall’Italia: rientrerà nel 1955, prima a Firenze e poi a Udine. Nel 1964 ristruttura un’antica abbazia cluniacense a Fontanella di Sotto il Monte, ove fonda una piccola comunità monastica e il Centro di studi ecumenici “Giovanni XXIII”, aperto agli atei e ai non cristiani. Nel 1974, in occasione del referendum abrogativo della legge sul divorzio, si schiera per il “no”.
Muore a Milano nel 1992 per una forma aggressiva di tumore al pancreas: è sepolto nel piccolo cimitero di Fontanella di Sotto il Monte, vicino alla sua comunità.