Lo studio parte dalla considerazione che l’infiammazione materna e/o fetale gioca un ruolo decisivo in alcune forme di parto pretermine: l’individuazione di marker affidabili potrebbe quindi contribuire a identificare le donne a maggior rischio e a sviluppare opportune strategie preventive.
La ricerca è stata condotta su 1115 donne che fra il 1998 e il 2004 avevano partecipato al Pregnancy Outcomes and Community Health Study. I campioni di fluido vaginale sono stati prelevati fra la 16° e la 27° settimana di gestazione, e hanno permesso di misurare il livello di 15 marker differenti.
Questi, in sintesi, i risultati:
- elevati livelli di interleuchina (IL)-6 nel secondo trimestre sono associati con la massima probabilità di parto prematuro spontaneo prima della 35a settimana (OR 2.3; CI 1.3-4.0) e di parto prematuro associato a corio-amnionite (OR 2.8; CI 1.4-6.0);
- i valori di sensibilità della IL-6 per la valutazione del rischio di queste due forme di parto pretermine sono rispettivamente 0.43 e 0.51, mentre i valori di specificità sono 0.74 e 0.75;
- se alla IL-6 si associano la IL1β, la IL-6r, il fattore di necrosi tumorale alfa e il fattore di stimolazione delle colonie di granulociti e macrofagi la specificità aumenta, ma la sensibilità diminuisce;
- l’uso di marker multipli, quindi, non è più efficace del ricorso alla IL-6 da sola.
Sono ora necessari studi più ampi per esplorare ulteriormente il ruolo dei marker dell’infiammazione in combinazione con altri fattori di rischio, inclusi i micro-organismi associati alla vaginosi batterica.
Lo studio è rilevante per la pratica clinica perché individua un’unica interleukina di forte fattore predittivo che, se aumentata, predice con ottima accuratezza il parto prima della 35a settimana di gravidanza.