Guida alla lettura
Come abbiamo rilevato anche in altre occasioni (Veglia notturna di un soldato), Ungaretti costruisce un ambiguo gioco di specchi e ci lascia nell’incertezza: che cos’è maggiormente reale, nella nostra esperienza? La rovina delle case e delle strade? Quel cielo infinito che ci sovrasta e accarezza? L’ombra che scopriamo di essere, sgomenti, sulla lucida superfice dell’acqua? Questa lirica non è necessariamente un canto al pessimismo, e ognuno di noi è chiamato a darne una lettura personale e responsabile. Se anche percepiamo l’ombra che siamo, la luce del sole non è meno vera: e forse ci richiama, più dell’ombra stessa, all’essenziale luminoso della vita. Una vita in cui siamo poca cosa, certo, e nella quale il dolore spesso invade i nostri giorni, ma alla quale partecipano anche forze capaci di dare un senso profondo al nostro esistere: la dolcezza dell’amore e dell’amicizia, con i nostri simili e con gli animali; la bellezza infinita della natura, a ogni latitudine del mondo; gli stimoli rigeneranti della cultura che è sempre, al tempo stesso, memoria e promessa di futuro.
Dedichiamo la lirica a tutte le persone alle prese con l’ombra della vita, perché possano un giorno rialzare lo sguardo e scoprire l’immenso azzurro che è sopra e intorno a loro.
è alto
sulle macerie
il limpido
stupore
dell’immensità.
E l’uomo
curvato
sull’acqua
sorpresa
dal sole
si rinviene
un’ombra.
Biografia
Nel 1912 si trasferisce a Parigi: viene a contatto con l’ambiente artistico internazionale e conosce Giovanni Papini, Aldo Palazzeschi, Picasso, Giorgio De Chirico, Amedeo Modigliani.
Nel 1914 torna in Italia. Allo scoppio della guerra si arruola volontario e combatte sul Carso: in trincea scopre un’umanità povera e dolente, che ritroveremo nei versi di “Porto sepolto” e “Allegria di naufragi”, primi documenti di una poesia che, dopo D’Annunzio, riparte dalla parola nuda, essenziale.
Dopo la guerra lavora a Parigi, dapprima come corrispondente del giornale “Il Popolo d’Italia”, e in seguito come impiegato all’ufficio stampa dell’ambasciata italiana. Nel 1921 si trasferisce a Roma e lavora all’ufficio stampa del Ministero degli Esteri. Nel 1925 aderisce al fascismo firmando il “Manifesto degli intellettuali fascisti”.
Negli anni Trenta è inviato speciale per “La gazzetta del popolo”: viaggia in Egitto, Corsica, Olanda e nell’Italia meridionale, raccontando le esperienze vissute in “Il povero nella città” e “Il deserto e dopo”.
Dal 1936 al 1942 insegna Letteratura italiana all’Università di San Paolo del Brasile. In quegli anni, muore di appendicite il figlio Antonietto. La sofferenza immensa del poeta si rifletterà nelle raccolte “Il dolore” e “Un grido e Paesaggi”.
Dopo il rientro in Italia, il poeta viene nominato Accademico d’Italia e, per chiara fama, professore di Letteratura moderna e contemporanea all’Università di Roma. Caduto il regime fascista, mantiene un ruolo attivo nell’ambiente letterario e culturale, e conserva l’incarico accademico fino al 1965. Pubblica altre raccolte (come “La terra promessa”) e tiene ovunque conferenze e letture. Muore a Milano il 2 giugno 1970.
Lo stile di Ungaretti è scabro ed essenziale, e segna l’inizio alla corrente poetica che prenderà ben presto il nome di “ermetismo”. La metrica è libera, senza rime e con versi spesso brevissimi, ma di grande efficacia espressiva.