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Il cammino della vita

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19/02/2020

Liberamente tratto da:
Enzo Bianchi, Nel cammino il senso della vita, La Repubblica, 3 febbraio 2020

Guida alla lettura

In questa bella riflessione Enzo Bianchi ci ammaestra sull’importanza e sul senso del camminare. Il cammino quotidiano non è solo benefico per la salute del corpo, come da sempre ripetiamo nei nostri articoli sugli stili di vita, ma anche e soprattutto per l’equilibrio della mente e dello spirito: è camminando da soli, attenti a ciò che ci circonda, che «il silenzio diviene fecondo» ed emergono le «domande essenziali» capaci di orientare la nostra esistenza. Camminando insieme a un amico, a una persona amata, invece, si alimentano la capacità di dialogo e l’intimità degli affetti. Purché non si ottundano i sensi fisici e interiori con musica e cuffiette, oggi tristemente in voga anche fra chi è più attento alla forma fisica.
E’ significativo ricordare che nel celebre incipit del primo salmo – «Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi» – il termine ebraico che nella traduzione viene reso con il concetto di beatitudine (‘ashre ha-‘ysh: felicità dell'uomo) ha la stessa radice del verbo “camminare” (‘ashar). Il beato, dunque è colui che è in cammino perché, come ci ricorda Bianchi, la vita stessa è «un cammino da percorrere giorno dopo giorno», e solo obbedendo a questo imperativo con il nostro personale cammino possiamo cercare e trovare noi stessi e il senso del nostro essere nel mondo.
Enzo Bianchi, infine,  ci invita a riflettere sul fatto che camminare nella natura ci pone in comunione con tutte le creature: «umani, animali, alberi, muschi, fiori, sassi»; e ci fa percepire con sano realismo che siamo parte di un mondo fisico che ci condiziona, di un flusso vitale che continuamente si rinnova anche attraverso la dolorosa esperienza del morire.
Ho camminato tanto nella mia vita, e ora che sono vecchio non posso più camminare a lungo, ma in me si è molto accresciuto il desiderio di fare passeggiate.
Camminare significa mettere un piede davanti all’altro e spingersi verso un altrove, lasciando che il proprio corpo si muova e percorra un tragitto segnato da altri che hanno camminato prima di noi, fino a lasciarne le tracce. «Camminando si apre cammino», aveva ben intuito il grande poeta Machado. Camminare è decisivo per noi umani, ma purtroppo lo scopriamo tardi, così come tardi ci accorgiamo che la vita è un cammino da percorrere giorno dopo giorno, verso una meta che non sempre abbiamo chiara davanti a noi.
Oggi il camminare non è più una pratica quotidiana necessaria, perché ricorriamo all’automobile o ai mezzi pubblici. Un tempo, invece, lungo la strada c’era sempre gente che camminava con i suoi bagagli, con i suoi “fagotti” e con pesi da portare, a volte schiaccianti.
Oggi i medici raccomandano di dedicare almeno mezz’ora al giorno al camminare spedito, perché questo è un esercizio benefico per la salute del corpo, ma secondo me lo è soprattutto per la salute della mente e dello spirito. Anche perché, se si cammina veloci, lo si fa da soli, e allora, nella concretezza del mettere un passo dietro l’altro, silenzio e solitudine diventano fecondi, stimolati da tutti i sensi accesi dal camminare.
Non a caso il filosofo greco Diogene ripeteva, di fronte agli interrogativi più difficili: «Solvitur ambulando»: camminando il problema sarà risolto. E quando si passeggia in due, allora la conversazione, lo scambio, gli sguardi incrociati, diventano linguaggi carichi di complicità, affettività e tenerezza.
Camminare insieme a un altro non è mai inutile, mai tempo perso, ma guai a fare passeggiate, soprattutto in mezzo alla natura, eliminando il silenzio con musiche o voci immesse direttamente nei padiglioni auricolari. Solo nel silenzio, infatti, si può fare l’esperienza che «niente è senza voce», come scriveva Paolo di Tarso. Sì, quando cammino e non resto distratto o chiuso in me, ogni cosa ha un messaggio da offrirmi, anzi diventa essa stessa una parola.
E’ così che emergono presenze insospettate, domande essenziali, e avvengono anche dialoghi immaginari con una volpe che ci osserva o con un corvo che ci saltella davanti… Nel camminare, soprattutto in campagna e tra i boschi, c’è un’adesione del corpo alla terra che ci fa sentire più che mai terrestri. Noi abitiamo la terra, non il cielo e neppure il mare, e la sentiamo percorribile a piedi. Camminare su questa terra è immergersi in un flusso di vita in cui siamo co-creature, tutte conviventi – umani, animali, alberi, muschi, fiori, sassi –, e in questo fiume spetta a noi farci loro voce e loro pensiero, in una reale comunione. Mi diceva un monaco dell’Athos: «Ho camminato tanto nella mia vita, e ora che sono vecchio e paralizzato alle gambe posso dirmi: siediti e cammina!».

Biografia

Enzo Bianchi nasce a Castel Boglione, in provincia di Asti, il 3 marzo 1943. Dopo gli studi alla facoltà di Economia e Commercio dell’Università di Torino, nel 1965 si reca a Bose, una frazione abbandonata del comune di Magnano sulla Serra di Ivrea, con l’intenzione di dare inizio a una comunità monastica. Raggiunto nel 1968 dai primi fratelli e sorelle, scrive la regola della comunità. E’ stato priore dalla fondazione del monastero sino al 25 gennaio 2017: gli è succeduto Luciano Manicardi. La comunità oggi conta un’ottantina di membri tra fratelli e sorelle di sei diverse nazionalità ed è presente, oltre che a Bose, anche a Gerusalemme (Israele), Ostuni (Brindisi), Assisi e San Gimignano.
E’ membro dell’Académie Internationale des Sciences Religieuses (Bruxelles) e dell’International Council of Christians and Jews (Londra).
Fin dall’inizio della sua esperienza monastica, Enzo Bianchi ha coniugato la vita di preghiera e di lavoro in monastero con un’intensa attività di predicazione e di studio e ricerca biblico-teologica che l’ha portato a tenere lezioni, conferenze e corsi in Italia e all’estero (Canada, Giappone, Indonesia, Hong Kong, Bangladesh, Repubblica Democratica del Congo ex-Zaire, Ruanda, Burundi, Etiopia, Algeria, Egitto, Libano, Israele, Portogallo, Spagna, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera, Germania, Ungheria, Romania, Grecia, Turchia), e a pubblicare un consistente numero di libri e di articoli su riviste specializzate, italiane ed estere (Collectanea Cisterciensia, Vie consacrée, La Vie Spirituelle, Cistercium, American Benedictine Review).
E’ opinionista e recensore per i quotidiani La Stampa e Avvenire, membro del comitato scientifico del mensile Luoghi dell’infinito, titolare di una rubrica fissa su Famiglia Cristiana, collaboratore e consulente per il programma “Uomini e profeti” di Radiotre. Fa inoltre parte della redazione della rivista teologica internazionale “Concilium” e della redazione della rivista biblica “Parola Spirito e Vita”, di cui è stato direttore fino al 2005.
Nel 2009 ha ricevuto il “Premio Cesare Pavese” e il “Premio Cesare Angelini” per il libro “Il pane di ieri”.
Ha partecipato come “esperto” nominato da Benedetto XVI ai Sinodi dei vescovi sulla “Parola di Dio” (ottobre 2008) e sulla “Nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana” (ottobre 2012).
Il 22 luglio 2014 papa Francesco lo ha nominato Consultore del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.
Parole chiave di questo articolo
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