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Come sono risalita dall'abisso

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29/06/2012

Le vostre lettere alla nostra redazione

Ecco telegraficamente la mia storia. Nel 1998, fulmine a ciel sereno, mi viene diagnosticata una rara forma di leucemia. Trapianto di midollo da mio fratello. Segue una serie infinita di problemi. Dopo due anni, compare una sclerodermia grave: la mia pelle è dura e dolente, tutto il mio corpo diventa come di legno. Rischio la morte. Vengo sottoposta a un lungo e penoso ciclo di fotoaferesi terapeutica: non corro più il rischio di morire, ma sopravvivo con una qualità di vita infima.
Poi, un bel giorno, l’incontro con una dottoressa di Milano cambia tutto.
Non solo con i farmaci e gli integratori giusti, ma anche con l’incoraggiamento, il sostegno, la cura della mia persona, anno dopo anno, passo dopo passo, con tenacia, lei riesce a normalizzare tutto. La terapia viene di volta in volta modificata, con grande flessibilità e sensibilità, in base alla mia risposta fisica alle cure.
Vedendomi oggi, nessuno immagina quello che ho passato, e da quali condizioni miserevoli sono tornata indietro!
Quando mi ammalai, avevo 39 anni, e i miei figli avevano 8 anni e mezzo l’uno, e sette l’altra. Mio marito e i miei bambini hanno vissuto nel terrore di perdermi, ed io di perdere loro. Così, quando le cose si facevano troppo difficili da dire, io le raccontavo attraverso fiabe che inventavo per loro.
Ed eccomi qui, oggi: ho due stupendi figli ventenni, intelligenti, più sensibili e profondi dei loro coetanei, e ho appena vinto un concorso per la pubblicazione di una fiaba! Ancora un fulmine a ciel sereno, ma stavolta felicissimo!
Il mio breve racconto condensa, in una metafora creativa, quello che la malattia mi ha insegnato: e cioè, che abbiamo tutti paura, non solo chi si ammala in prima persona. Ma anche che con la paura si può convivere, e anzi crescere e diventare persone migliori, più forti e più comprensive, persone capaci di riconoscere e di accettare la fragilità degli altri, perché hanno fortemente abbracciato la propria.
G.B.
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