- Indice:
- Che cos'è l'infiammazione
- Infiammazione: amica o nemica della salute?
- Perché il processo infiammatorio si può cronicizzare?
- Infiammazione e corretto equilibrio fra omega 3 e omega 6
- Gli effetti clinici di DHA ed EPA
- Conclusioni
- Bibliografia essenziale
Che cos'è l'infiammazione
Il problema insorge quando l’infiammazione non si risolve spontaneamente, dopo che la causa che l’ha generata è stata rimossa, ma perdura e si autoalimenta fino a diventare essa stessa una patologia. L’infiammazione che non si risolve (non resolving inflammation) è il problema principale alla base di tutte le più comuni forme di dolore cronico (Ji et al 2014), fra cui il dolore pelvico cronico (per vulvodinia, endometriosi, cistiti ricorrenti abatteriche, cistite interstiziale, disfunzioni del pavimento pelvico, malattie infiammatorie croniche dell’intestino).
Infiammazione: amica o nemica della salute?
- finalizzata al ripristino della situazione anatomica e funzionale ottimale;
- di breve durata;
- di intensità limitata.
E’ fisiologica l’infiammazione associata:
- all’ovulazione, finalizzata a liberare l’ovocita maturo pronto per la fecondazione;
- alla mestruazione, finalizzata a far distaccare l’endometrio invecchiato perché sia sostituito da un nuovo endometrio, pronto ad accogliere un nuovo ovocita eventualmente fecondato;
- al parto, finalizzata ad attivare il complesso meccanismo della nascita, il distacco della placenta e il ritorno dell’utero a dimensioni normali.
L’infiammazione diventa progressivamente nemica della salute quando:
- non è finalizzata a ripristinare lo stato di normalità tessutale, strutturale e funzionale (“non resolving”);
- è di lunga durata (cronica);
- è di intensità elevata.
Perché il processo infiammatorio si può cronicizzare?
Un recente articolo pubblicato dalla scuola medica di Harvard (Serhan 2005; Serhan et Al 2014) descrive l’azione antinfiammatoria delle resolvine, che derivano dal metabolismo degli acidi grassi omega 3, in particolare DHA (acido docosaesaenoico) ed EPA (acido eicosapentaenoico). Gli Autori mettono in luce il fatto che la nota azione antinfiammatoria degli omega 3 (derivati dell’ olio di pesce, ampiamente utilizzati per la prevenzione cardiovascolare) sia da attribuire in prima istanza proprio al fatto che sono precursori delle resolvine. E’ stato dimostrato che una dieta ricca di omega 3 o una supplementazione con integratori a base di omega 3 aumenta la biosintesi di resolvine, aiutando a ottimizzare e concludere il processo infiammatorio di tipo riparativo.
Fra le principali azioni delle resolvine sono da ricordare:
1) molti effetti sulle cellule che coordinano le difese immunitarie (i nostri “soldati” dei diversi corpi militari che proteggono il nostro corpo), tra cui la riduzione dell’infiltrazione di leucociti neutrofili nei tessuti e la riduzione dell’attivazione dei macrofagi, dei leucociti polimorfonucleati (PMN) e della microglia, che costituisce il sistema immunitario del sistema nervoso centrale (Ji et al 2011);
2) la riduzione della biosintesi di sostanze chimiche che mediano e coordinano l’infiammazione (citochine infiammatorie e chemochine).
Gli omega 3, attraverso la formazione delle resolvine, hanno anche un’azione diretta sulla trasmissione del dolore (Tokuyama et al 2011).
Infiammazione e corretto equilibrio fra omega 3 e omega 6
Gli acidi grassi polinsaturi presenti in natura appartengono a due classi principali, quella degli omega 6, presenti soprattutto negli oli di tipo vegetale, e quella degli omega 3 (DHA ed EPA) che derivano essenzialmente dal pesce. Entrambi i tipi sono definiti “essenziali”, in quanto necessari a uno stato di salute ottimale per il nostro organismo, che non è in grado di sintetizzarli. Gli omega 3 vengono quindi assunti quasi esclusivamente con il consumo alimentare di pesce.
Mantenere un perfetto equilibrio nella dieta fra i due tipi di acidi grassi è indispensabile, perché gli omega 3 hanno un’azione antinfiammatoria, al contrario degli omega 6, che favoriscono invece l’infiammazione (Simopoulos 2008).
Gli omega 6 sono naturalmente molto più presenti nella dieta degli omega 3. Una corretta alimentazione dovrebbe includere una quantità di omega 6 non superiore di quattro, massimo cinque volte rispetto ai livelli di omega 3. Tuttavia, la tipica dieta occidentale moderna contiene, in media, ben 20 volte più omega 6 che omega 3. Invece che 5 a 1, il rapporto attuale è dunque 20 a 1, a favore degli omega 6, pro-infiammatori.
Secondo gli esperti questo squilibrio potrebbe essere alla base della crescente incidenza di disturbi di tipo infiammatorio e cardiovascolare nei Paesi occidentali, o comunque contribuirvi in misura sostanziale.
Nell’ambito del trattamento del dolore e dell’infiammazione, può essere utile l’associazione degli omega 3 con l’acido alfa-lipoico (ALA), un principio attivo di origine naturale con azione antinfiammatoria ed efficacia documentata nel dolore neuropatico. Uno studio ha dimostrato che associare gli omega 3 all’ALA aumenta l’efficacia antinfiammatoria dell’ALA stesso (Rossoni 2010).
Gli effetti clinici di DHA ed EPA
- nella prevenzione cardiovascolare (riduzione della trigliceridemia, effetto antiaritmico, riduzione della mortalità nel post-infarto);
- nella dismenorrea (riduzione del dolore mestruale) (Rahbar et al 2012);
- nella sindrome premestruale (riduzione dei sintomi fisici e miglioramento del tono dell’umore);
- nella prevenzione del rischio cardiovascolare in donne con ovaio policistico (Macut et al 2013);
- nell’endometriosi (riduzione della proliferazione delle lesioni endometriosiche dimostrata in modello animale) (Tomio et al 2013);
- in gravidanza e puerperio (effetti antidepressivi sulla madre e neuroprotettivi sul bambino) (Markhus et al 2013);
- come adiuvanti nel trattamento della depressione.
Conclusioni
In particolare, l’associazione di omega 3 con acido alfa-lipoico ha dato risultati interessanti nella terapia del dolore cronico. Un aspetto quindi da considerare anche nella strategia multimodale della terapia antalgica.
Bibliografia essenziale
- Ji RR, Xu ZZ, Gao YJ. Emerging targets in neuroinflammation-driven chronic pain. Rev Drug Discov. 2014 Jul; 13 (7): 533-548. doi: 10.1038/nrd4334. Epub 2014 Jun 20
- Macut D, Bjekić-Macut J, Savić-Radojević A. Dyslipidemia and oxidative stress in PCOS. Front Horm Res 2013; 40: 51-63 . doi: 10.1159/000341683. Epub 2012 Oct 18.
- Markhus MW, Skotheim S, Graff IE, Frøyland L, Braarud HC, Stormark KM, Malde MK. Low Omega-3 Index in Pregnancy Is a Possible Biological Risk Factor for Postpartum Depression. PLoS ONE 2013 Jul 3; 8 (7): e67617. doi: 10.1371/journal.pone.0067617
- Rahbar N, Asgharzadeh N, Ghorbani R. Effect of omega-3 fatty acids on intensity of primary dysmenorrhea. Int J Gynaecol Obstet. 2012 Apr; 117 (1): 45-7. doi: 10.1016/j.ijgo.2011.11.019. Epub 2012 Jan 17
- Rossoni G, Stankov BM. Alpha-lipoic acid and docosahexaenoic acid. A positive interaction on the carrageenan inflammatory response in rats. www.ceceditore.com
- Serhan CN. Novel omega 3-derived local mediators in anti-inflammation and resolution. Pharmacol Ther. 2005 Jan; 105 (1): 7-21
- Serhan CN, Chiang N, Dalli J, Levy BD. Lipid Mediators in the Resolution of Inflammation. Cold Spring Harb Perspect Biol. 2014 Oct 30; 7 (2): a016311. doi: 10.1101/cshperspect.a016311
- Simopoulos AP. The importance of the omega-6/omega-3 fatty acid ratio in cardiovascular disease and other cronic diseases. Exp Biol Med (Maywood). 2008 Jun; 233 (6): 674-88. doi: 10.3181/0711-MR-311. Epub 2008 Apr 11
- Tokuyama S, Nakamoto K. Unsaturated fatty acids and pain. Biol Pharm Bull 2011; 34 (8): 1174-1178
- Tomio K, Kawana K, Taguchi A, Isobe Y, Iwamoto R, Yamashita A, Kojima S, Mori M, Nagamatsu T, Arimoto T, Oda K, Osuga Y, Taketani Y, Kang JX, Arai H, Arita M, Kozuma S, Fujii T. Omega-3 Polyunsaturated Fatty Acids Suppress the Cystic Lesion Formation of Peritoneal Endometriosis in Transgenic Mouse Models. PLoS One. 2013 Sep 10; 8 (9): e73085. doi: 10.1371/journal.pone.0073085. eCollection 2013