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Anestesia generale: quello che le donne vogliono sapere prima di farla

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24/10/2017

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica, H. San Raffaele Resnati, Milano
Dott.ssa Elena Conti
Anestesia, Rianimazione, Terapia intensiva e del dolore
Università degli Studi di Brescia

Come faccio ad essere sicura che sarò addormentata?

L’anestesia è una procedura medica oggi molto accurata e sicura. Dopo una attenta valutazione eseguita dall’anestesista durante il colloquio pre-operatorio, e dopo l’ingresso in sala operatoria, ovvero in un ambiente sicuro e protetto, l’anestesista inizierà la somministrazione di un farmaco così detto ipnotico, che indurrà il sonno in maniera piacevole.
Il paziente si renderà conto del sonno che arriva, e l’anestesista potrà ulteriormente verificarlo tramite il monitoraggio che indica la depressione della coscienza. In una prima fase, inoltre, il paziente avrà un progressivo indebolimento della funzione respiratoria fino alla sua soppressione, che ci permette quindi di confermare l’avvenuto addormentamento e di iniziare un primo sostegno respiratorio.
Per tutta la durata dell’intervento chirurgico, inoltre, l’anestesista ha a disposizione due diversi tipi di monitoraggio a seconda che si utilizzi un’anestesia inalatoria o una endovenosa (TIVA, Total Intra Venous Anesthesia). Esistono infatti strumenti che sono in grado di estrapolare un insieme di dati elettroencefalografici (EEG) per fornire una stima della profondità dell’anestesia. Questi vengono sempre utilizzati insieme alla valutazione dei parametri vitali, ovvero la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa e la saturazione di ossigeno (Barash et al, 2015). Inoltre quando si utilizza un’anestesia inalatoria, ci si basa sulla MAC (Minimal Alveolar Concentration), ossia la minima concentrazione di vapori gassosi all’interno del sistema respiratorio, che garantisce la corretta profondità dell’anestesia.
Siamo dunque certi che il paziente è addormentato e non sente dolore grazie a sistemi di monitoraggio specifici, a un’attenta valutazione dei parametri vitali e a una continua somministrazione di farmaci per garantire l’assenza di dolore durante e dopo l’intervento.

Sentirò comunque dolore durante l'anestesia?

No. Per tutta la durata della procedura chirurgica, e quindi dell’anestesia, verranno somministrati farmaci specifici per il dolore. Questi farmaci sono derivati della morfina disponibili in formulazioni a facile dosaggio o che possono essere iniettati in infusione continua, garantendo cioè una costante concentrazione del farmaco. La prima somministrazione avviene prima dell’addormentamento, per cui il paziente inizierà a sentirsi un po’ “intontito”, e verranno proseguiti fino al termine dell’intervento, quando saranno scalati progressivamente e sostituiti a staffetta con altri analgesici specifici, scelti e somministrati diversamente a seconda del tipo di intervento, e quindi del grado di dolore provocato dallo stesso, del paziente e di eventuali patologie associate (Barash et al, 2015). Ad esempio, in caso di insufficienza renale severa verranno preferibilmente evitati gli antinfiammatori non steroidei.
Oltre alla perdita di coscienza, quindi, possiamo dire che l’anestesia è caratterizzata anche da una totale assenza di dolore, durante l’intero periodo intraoperatorio.

E' sicuro che mi risveglierò dopo l'anestesia?

Questa è una paura molto diffusa ma possiamo rassicurarvi: si, è sicuro. Infatti l’anestesia è una condizione farmacologicamente indotta e reversibile di perdita dello stato di coscienza, che si ottiene appunto tramite la somministrazione di specifici agenti anestetici, il cui effetto termina alla fine della somministrazione degli stessi.
Non esistono inoltre in letteratura studi che dimostrino un mancato risveglio dopo l’anestesia. Esistono certamente risvegli più lunghi, in cui trascorrono alcuni minuti dal termine della somministrazione dei farmaci anestetici al risveglio, di cui comunque il paziente non avrà coscienza, e che possono accadere per un alterato metabolismo dei farmaci, o in pazienti gravemente obesi, in cui il farmaco può accumularsi nel tessuto adiposo. In questi casi, è compito dell’anestesista prolungare il supporto ventilatorio ed anestesiologico sino al termine dell’effetto dei farmaci stessi.

In passato, quando ho fatto una anestesia totale, al risveglio ho avuto nausea e vomito che sono durati parecchie ore. Può succedere di nuovo?

La nausea e il vomito post-operatori (PONV, Post-Operative Nausea and Vomiting) sono complicanze relativamente frequenti, che non devono essere considerate come un problema minore dell’anestesia generale. Infatti, insieme alla gestione del dolore post-operatorio, il PONV rientra nei criteri principali per la valutazione della qualità dell’anestesia. L’incidenza varia tra il 20 e il 30 per cento della popolazione (Pace et al, 2015).
Esiste un indice semplificato di rischio (Score di Apfel), ovvero un punteggio che si assegna ad ogni paziente per valutare la probabilità che si manifestino nausea e vomito al risveglio dell’anestesia:
- Donna
- Non fumatrice
- Pregresso PONV
- Uso di oppioidi post-operatorio
Ad ogni parametro viene assegnato un punto, calcolando così il rischio che il paziente soffra di nausea o vomito al risveglio dell’anestesia. Proprio in base al punteggio ottenuto, l’anestesista valuterà la necessità e l’eventuale dosaggio di farmaci anti-emetici, ma anche la predilezione di alcune tecniche anestesiologiche rispetto ad altre (Som et al, 2016).
Possiamo quindi dire che nel suo caso il rischio è verosimilmente aumentato e potrebbe ripresentarsi, ma con le giuste tecniche e attenzioni la gravità di nausea e vomito possono notevolmente ridursi.

E' vero che l'anestesia generale è dannosa per cervello, specialmente nei bambini e nelle persone anziane?

Sono stati effettuati numerosi studi per rispondere a questa domanda. In particolare ci sembra interessante quello condotto su bambini di età inferiore ai 36 mesi, di cui si valutano lo sviluppo cognitivo, le capacità di apprendimento e memoria, i processi motori, il linguaggio e l’attenzione (Sun et al, 2016). Da questo studio sembrerebbero assenti le differenze nei suddetti campi tra bambini sottoposti e non all’anestesia generale di breve durata. Alcuni studi retrospettivi hanno però dimostrato che i bambini sottoposti a multiple anestesie sarebbero a rischio di sviluppare il disturbo di deficit di attenzione e iperattività. È stato quindi condotto un ulteriore approfondimento su topi neonati per provarne l’eventuale correlazione, sino ad ora però non dimostrata (Murphy et al, 2016).
Certamente esiste un legame con la durata dell’anestesia stessa: infatti gli studi eseguiti in questo ambito si riferiscono tutti a interventi chirurgici di durata inferiore ad un’ora (Davidson, 2016).
Sarebbero sicuramente necessari ulteriori approfondimenti, su popolazioni più ampie e per durate di anestesia maggiori. Non meno importante poi è la valutazione del quadro generale del paziente, in particolare la valutazione della patologia per cui si ha necessità di intervento chirurgico, l’eventuale regime di urgenza, patologie associate o pregressi episodi neurologici.
La verità è dunque che non abbiamo strumenti a sufficienza per rispondere con certezza a questa domanda (Mann et Kahana, 2015). Tuttavia, una breve esposizione all’anestesia in pazienti senza patologie gravi non sembrerebbe dannosa di per sé.

E' vero che se ci si addormenta con pensieri positivi poi si avranno emozioni positive, e se invece ci si addormenta preoccupati il risveglio sarà angosciato?

Sembra di si. Lo vediamo quotidianamente nella pratica clinica, cercando di far concentrare il paziente su pensieri positivi prima dell’addormentamento. Da studi diversi emerge infatti che caratteristiche positive della personalità, quali speranza ed ottimismo, possono influenzare altrettanto positivamente il benessere emotivo e psicologico (Zautra et al, 2005).
Inoltre gli stati emotivi positivi promuoverebbero un adattamento fisiologico della salute psicofisica, arrivando addirittura all’ottimizzazione dei valori pressori. Al contrario sembrerebbe che il pessimismo possa portare a conseguenze fisiologiche e psicologiche (Räikkönen et al, 1999).
In base a questi studi, ma anche all’esperienza quotidiana, si può quindi affermare che concentrarsi su un’emozione positiva aiuta a vivere al meglio il momento dell’intervento, così come il risveglio dall’anestesia. I pazienti riferiscono infatti spesso di svegliarsi “continuando un bel sogno”. Se al contrario non riusciamo ad eliminare l’eccessiva ansia preoperatoria, il risveglio potrà essere agitato, coerentemente con lo stato d’animo con cui il paziente si è addormentato.

E' vero che ogni volta che si fa un'anestesia generale bisogna essere intubati?

No, non è vero. L’anestesia generale, come già abbiamo detto, comporta una perdita di coscienza e un rilasciamento muscolare, sino all’inibizione della funzione respiratoria autonoma. Il supporto ventilatorio, ossia l’aiuto a respirare, può essere fornita anche tramite dispositivi diversi dal tubo endotracheale. In particolare, per le operazioni di breve durata o quelle poco invasive, quando si esegue un’anestesia generale detta per semplicità “leggera”, può essere utilizzata una semplice maschera facciale per supportare la ventilazione del paziente. Oppure, in altre particolari occasioni, può essere inserita una maschera laringea, ovvero un dispositivo sovraglottico, cioè che rimane tra bocca e faringe senza passare tra le corde vocali, come invece avviene con l’intubazione tracheale. Non sempre ovviamente può essere utilizzata: per esempio negli interventi in laparoscopia è opportuno preferire un tubo endotracheale.
Più in generale, quindi, possiamo dire che ogni volta che affrontiamo un’anestesia generale è fondamentale garantire al paziente un supporto ventilatorio adeguato. Questo non sempre consiste un tubicino inserito tramite la bocca all’interno della trachea, ma può essere fornito da dispositivi meno invasivi (Asida et Ahmed, 2016). Come più volte abbiamo detto, la scelta si basa non solo sul tipo di intervento, ma soprattutto sulle caratteristiche del paziente e sulle sue eventuali patologie associate.

Bibliografia

Asida SM, Ahmed SS
Ease of insertion of the laryngeal mask airway in pediatric surgical patients: Predictors of failure and outcome
Saudi J Anaesth. 2016 Jul-Sep; 10 (3): 295-300

Barash PG, Cullen BF, Stoelting RK, Cahalan MK, Stock MC, Ortega R.
Manuale di Anestesia Clinica
Antonio Delfino Editore, 2015

Davidson A.
The effect of anaesthesia on the infant brain
Early Hum Dev 2016 Nov; 102: 37-40

Mann GE, Kahana M.
The uncomfortable reality… We simply do not know if general anesthesia negatively impacts the neurocognitive development of our small children
Int J Pediatr Otorhinolaryngol. 2015 Sep; 79 (9): 1379-81

Murphy KL, McGaughy J, Croxson PL, Baxter MG.
Exposure to sevoflurane anesthesia during development does not impair aspects of attention during adulthood in rats
Neurotoxicol Teratol. 2017 Mar-Apr; 60: 87-94

Pace, MC, Sansone P, Passavanti MB, Peluso F, Pasquariello MR, De Marco GP, Carbone A, Di Rienzo A, La Vedova M, Aurilio C.
Ridotta incidenza di PONV nell'anestesia guidata dal BIS
Conference Paper, October 2015 

Räikkönen K, Matthews KA, Flory JD, Owens JF, Gump BB.
Effects of optimism, pessimism, and trait anxiety on ambulatory blood pressure and mood during everyday life
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Som A, Bhattacharjee S, Maitra S, Arora MK, Baidya DK.
Combination of 5-HT3 antagonist and dexamethasone is superior to 5-ht3 antagonist alone for PONV prophylaxis after laparoscopic surgeries: a meta-analysis
Anesth Analg. 2016 Dec; 123 (6): 1418-1426

Sun LS, Li G, Miller TL, Salorio C, Byrne MW, Bellinger DC, Ing C, Park R, Radcliffe J, Hays SR, DiMaggio CJ, Cooper TJ, Rauh V, Maxwell LG, Youn A, McGowan FX.
Association between a single general anesthesia exposure before age 36 months and neurocognitive outcomes in later childhood
JAMA. 2016 Jun 7; 315 (21): 2312-20

Zautra AJ, Affleck GG, Tennen H, Reich JW, Davis MC.
Dynamic approaches to emotions and stress in everyday life: Bolger and Zuckerman reloaded with positive as well as negative affects
J Pers. 2005 Dec; 73 (6): 1511-38
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