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Sindrome della bocca urente: un nuovo algoritmo di cura

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24/05/2018

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Kim Y, Yoo T, Han P, Liu Y, Inman JC.
A pragmatic evidence-based clinical management algorithm for burning mouth syndrome
J Clin Exp Dent. 2018 Apr 1;10(4):e321-e326. doi: 10.4317/jced.54247. eCollection 2018 Apr
Proporre un algoritmo clinico pratico, basato sull’evidenza, per la cura della sindrome della bocca urente: è questo l’obiettivo dell’articolo pubblicato da Y. Kim e collaboratori, del Dipartimento di Otorinolaringoiatria dello University Medical Center di Loma Linda, California (USA).
La sindrome della bocca urente, nota anche come glossodinia, è una patologia caratterizzata da un dolore intenso, simile a quello provocato da un’ustione e spesso associato a una sensazione di secchezza, a livello del cavo orale. Le parti colpite possono essere la lingua, le labbra, le gengive, le guance, il palato o l’intera bocca. La sindrome interessa prevalentemente le donne, ed insorge in un'età compresa fra i 50 ed i 70 anni, il che fa pensare a un collegamento con la menopausa e con la caduta dei livelli estrogenici che la contraddistingue. La patologia, tuttavia, ha un’eziologia non chiara e le aree colpite non presentano particolari segni che possano favorire la diagnosi, che viene in genere posta per esclusione. Il trattamento è sintomatico.
Gli Autori, basandosi sulle evidenze scientifiche e sulla propria esperienza clinica, hanno messo a punto un algoritmo che include diverse fasi e che è illustrato nel full text disponibile on line.
Alla sperimentazione hanno partecipato 47 pazienti: 21 gestiti con l’algoritmo (45%) e 26 controlli (55%). L’età media era di 60.4 anni (±16.5); 39 partecipanti erano donne (83%). Fra i due gruppi non sussistevano differenze significative in termini di età, sesso, tempo complessivo di follow up, alterazioni del gusto (disgeusia), lingua parlata e disturbi psicoemotivi; solo un sintomo, la xerostomia, era significativamente più frequente nel gruppo trattato con l’algoritmo.
Questi i principali risultati del test:
- ha interrotto la cura un numero significativamente più elevato di pazienti non trattati con l’algoritmo (69% vs 29%, p=0.001);
- l’odds ratio (OR) di abbandono della terapia per il gruppo non trattato con l’algoritmo rispetto all’altro è 5.6 (1.6, 19.8): in altre parole, chi non è stato trattato con l’algoritmo aveva una probabilità di quasi sei volte superiore di abbandonare la terapia;
- il miglioramento del dolore è significativamente più frequente nel gruppo trattato con l’algoritmo (p=0.001), addirittura con un OR di 27.5 (3.1, 242.0).
In conclusione, l’algoritmo presentato nell’articolo può favorire in misura estremamente significativa l’efficacia delle cure e l’aderenza del/della paziente.

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