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La guarigione di un cuore spezzato

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10/07/2019

Liberamente tratto da:
Guy Vanhoomissen, Malattia e guarigione, Edizioni Qiqajon, Monastero di Bose, Magnano (BI) 2014, p. 46; 48-51

Guida alla lettura

Questo brano di Guy Vanhoomissen, gesuita belga, pone una domanda fondamentale per la storia della religione cristiana. Molti passi biblici attestano che Dio guarisce: ma da quali malattie viene operata questa guarigione? La risposta di Vanhoomissen ci conduce a una doppia rettifica delle credenze abituali. Primo: i mali da cui, secondo il credente, Dio riscatta i suoi figli sono apparentemente di natura medica, ma in realtà hanno a che fare con la sfera esistenziale. Secondo: sempre secondo il credente, il creatore del mondo allevia non solo le sofferenze individuali ma anche quelle della compagine sociale.
Si tratta di una lettura che fa giustizia di tante superstizioni, spesso sfruttate per lucrare sul dolore e sulle speranze della gente. E che, al tempo stesso, ci richiama con forza alle nostre responsabilità: dal male di vivere, dai conflitti, non ci guarisce un intervento miracoloso della divinità, ma l’impegno personale secondo una regola di giustizia.
Come scrisse Enzo Bianchi qualche tempo fa, « nella vita bisogna attendere dalla terra ciò che la terra ci può dare, e ad attendere dal cielo, da Dio, solo ciò che Dio ci può donare, il suo amore fino alla fine»: non una facile forzatura delle leggi della biologia, che ci portano a vivere ma anche ad ammalarci; non un intervento magico sui nostri conflitti collettivi, rispetto ai quali solo gli uomini e le donne di volontà forte e retta possono qualcosa.
Tutto ciò, mentre sembra ridurre le speranze, in realtà le amplifica. Non dall’adesione a una norma religiosa può venire un sollievo ai mali che ci circondano, ma dallo sforzo comune, di credenti e di laici, in nome di un’umanizzazione della vita. Siamo tutti chiamati ad alimentare un respiro davvero vitale nella società, nella natura, nell’intimo dei nostri cuori. Lo dobbiamo, lo meritiamo. Sarà il nostro impegno e la nostra gioia.
Più volte in diversi testi, sia nella Legge e nei Profeti che negli Scritti, Dio viene presentato come colui che guarisce. (…) Da quale malattia però il Signore guarisce? In numerosi testi il vocabolario utilizzato è quello della malattia, delle lesioni, delle percosse. Eppure le situazioni di cui si parla non rientrano nel campo della medicina, bensì della vita morale. Il vocabolario è medico, ma si tratta di una realtà esistenziale. Si parlerebbe volentieri di “malattia dell’anima”, prendendo il termine nell’accezione biblica di “nefesh”, che implica la totalità dell’essere umano, nella sua fragilità e nei suoi bisogni, soggetto capace di giudizio, volontà e azione. Dove si parla di guarigione, si parla altrettanto di perdono, salvezza, vita piena. A essere guarito non è solo un corpo malato, ma un cuore spezzato. In maniera quasi insensibile si passa da una prospettiva medica a una spirituale. (…) La guarigione apre a un orizzonte più vasto, che tocca l’essere umano nelle sue profondità e lo reintegra in una vita totale. (…)
Evocando i benefici di Dio, il credente può dire con fiducia: «Già toccavano le soglie della morte. Nell’angustia gridarono al Signore, ed egli li salvò dalle loro angosce. Mandò la sua parola e li fece guarire» (Salmo 107, 18-20).
Segnaliamo qui un altro spostamento operato dai testi biblici: da una prospettiva individuale ci si allarga a una dimensione collettiva; si passa dalla persona all’insieme del popolo. Non si tratta più del soggetto malato, ma di Israele. Si dilata il concetto di malattia fino a inglobare ogni diminuzione di vita, ogni perturbazione sociale. Tale è la malattia da cui Dio vuole guarire il suo popolo.

Biografia

Guy Vanhoomissen (1945), gesuita belga, ordinato presbitero nel 1977, ha trascorso molti anni in India. Dal 1984 insegna Sacra Scrittura al centro “Lumen vitae” di Bruxelles, dove è anche responsabile della biblioteca.
Parole chiave di questo articolo
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