I metalli pesanti possono trovarsi nell’aria inquinata delle città, negli alimenti e persino nell’acqua potabile. Precedenti studi sperimentali hanno dimostrato che sostanze come l’arsenico, il cadmio e il mercurio accelerano l’invecchiamento dell’apparato riproduttivo femminile. I meccanismi biochimici sottostanti non sono stati del tutto chiariti, ma l’ipotesi più accreditata è che queste sostanze attacchino la follicologenesi e riducano la riserva ovarica.
Lo studio è stato condotto su 549 donne di mezza età selezionate dallo Study of Women’s Health Across the Nation (SWAN), per un totale di 2252 misurazioni dei livelli di ormone antimulleriano (AMH) nei 10 anni antecedenti l’ultima mestruazione. In parallelo, sono state periodicamente misurate le concentrazioni di arsenico, cadmio, mercurio e piombo nelle urine, organizzando i dati in terzili (primo terzile: minima concentrazione di metalli pesanti nelle urine; terzo terzile: massima concentrazione).
Questi, in sintesi, i risultati:
- le donne con più elevate concentrazioni di arsenico e mercurio avevano un più basso livello di AMH all’epoca dell’ultima mestruazione (-32.1%; 95% CI, -52.9 / -2.2, P-trend = .03 per l’arsenico; -40.7%; 95% CI, -58.9 / -14.5, P-trend = .005 per il mercurio);
- più elevate concentrazioni di cadmio e mercurio correlano con accelerati tassi di declino dei valori di AMH nel corso del tempo (variazione percentuale annua: -9.0%; 95% CI, -15.5 / -1.9, P-trend = .01 per il cadmio; -7.3%; 95% CI, -14.0 / -0.1, P-trend = .04 per il mercurio).
In sintesi, i metalli pesanti come l’arsenico, il cadmio e il mercurio tendono a avere un’azione tossica sulle ovaie, e in particolare sulla riserva ovarica delle donne che si avvicinano alla menopausa.