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Il dolore pelvico cronico

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01/06/2017

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Divinum est sedare dolorem

Introduzione

La percezione del dolore costituisce un’esperienza soggettiva complessa: questo è tanto più vero quanto più il dolore coinvolge organi centrali per la vita emozionale, procreativa e sessuale della donna, con importanti ripercussioni anche sulla coppia e sulla famiglia (Adams e Turk, 2015; Graziottin 2015; Graziottin e Crescini 2014; Graziottin e Murina 2011; Ploteau et al 2015).
Il dolore pelvico può essere acuto o cronico (Graziottin et al 2013; Graziottin et al 2014; Ploteau et al 2015). Il dolore pelvico cronico è descritto come un «dolore ciclico o non ciclico, di durata superiore a sei mesi, che si localizza alla pelvi anatomica, sufficientemente grave da causare disabilità funzionale che richiede trattamento medico o chirurgico».
Interessa circa il 10 per cento delle donne che richiedono una visita ginecologica. E’ l’indicazione principe nel 40 per cento delle laparoscopie e nel 10-15 per cento delle isterectomie.
La comorbilità tra i diversi tipi di dolore (urologico, ginecologico, sessuale, colon-proctologico, muscolare) che concorrono al dolore pelvico cronico (CPP), e il riconoscimento di fattori eziologici comuni sono di grande importanza nella pratica clinica per disegnare il più efficace trattamento multifattoriale e multimodale.

Implicazioni psicoemotive del dolore

Perché il dolore è un aspetto cardinale della vita? Perché è il suo contenuto più duro, inquietante e assorbente, problematico e potenzialmente devastante, soprattutto se intenso e/o cronico. Ancor più se colpisce al cuore gli organi riproduttivi. Il dolore rappresenta il lato oscuro della vita, che ridefinisce valori e priorità, anche se la pervadente cultura occidentale centrata sul piacere tende a negarlo o rimuoverlo, come se fosse un difetto disturbante o un problema inventato. O ancora, l’espressione psicosomatica di una vocazione al lamento, figlia della depressione o dello stress.
Quando colpisce la donna, il dolore ha una particolare risonanza sulla coppia e sulla famiglia, soprattutto se interessa la salute ginecologica, procreative e sessuale (Graziottin et al 2013; Graziottin et al 2014; Graziottin et al 2015).
Il dolore, soprattutto cronico, è infatti una sfida continua all’equilibrio personale e relazionale. Può devastarci o farci scoprire, dentro di noi, risorse impensate. Può farci maledire la vita. Superato, può riaccendere la capacità di assaporarla come mai prima.
Condividere una riflessione sulla verità del dolore, e la sua centralità nella vita, può aiutarci a migliorare la consapevolezza, il rispetto e l’attenzione con cui ascoltare e trattare questo sintomo e le persone che ne sono colpite, che vanno ascoltate e curate con sensibilità e gentilezza.
Seppure inquietante, il dolore ci chiama a riflettere sulle priorità dell’esistenza. Ascoltato e meditato, può aiutarci ad abbandonare molte futilità del quotidiano per concentrarci sull’essenziale. Come medici, impegnarci per diagnosticare e curare il dolore, anche pelvico cronico, tempestivamente e bene può stimolarci a sviluppare e potenziare non solo lo studio fisiopatologico del dolore ma anche la dimensione etica e spirituale del nostro lavoro.

Dolore, infiammazione, neuroinfiammazione e depressione

Il dolore è un semaforo rosso che si accende sulla via della salute fisica, emotiva e relazionale. Ha sempre una solida causa biologica, con l’eccezione del dolore da lutto (reale o simbolico), che ha tuttavia anch’esso precisi correlati neuroinfiammatori a livello del sistema nervoso centrale.
Il dolore acuto ci avverte di un pericolo di varia gravità per l’integrità funzionale e anatomica del corpo, da un lato, e per l’equilibrio psicoemotivo, dall’altro. Si parla allora di dolore nocicettivo: se tempesticamente riconosciuto e trattato, è un segnale amico. Ha componenti sensoriali primarie: il dolore è l’espressione di un’infiammazione dei tessuti colpiti e di un danno biologico di progressiva gravità e variabile reversibilità (Graziottin et al 2013; Graziottin et al 2014; Graziottin et al 2015).
Il dolore sta all’infiammazione (dal latino “inflammare”, incendiare, mettere a fuoco, in questo caso in senso biochimico, biologico), come il fumo sta all’incendio. Maggiore è il dolore, maggiore è l’infiammazione che lo sottende: un aspetto che i medici dovrebbero sempre tenere a mente, come monito a cercare sempre e subito le cause del dolore e dell’infiammazione, invece che sentenziare sulla sua “psicogenicità”.
L’infiammazione è sempre negativa? No.
L’infiammazione è fisiologica, e fa parte essenziale dei processi vitali, quando è finalizzata, di breve durata e di intensità limitata. In ginecologia e ostetricia ne sono esempio l’ovulazione, la mestruazione, il parto: tre momenti caratterizzati da un processo infiammatorio fisiologico, finalizzato rispettivamente a far liberare l’ovulo dal cumulo oocitario del follicolo al momento dell’ovulazione; a rinnovare l’endometrio alla mestruazione perché sia sempre “fresco” e pronto a ricevere un uovo eventualmente fecondato a ogni ciclo (Graziottin e Zanello 2015); a far ritornare l’utero alle dimensioni fisiologiche, con un’involuzione miometriale massiccia (dopo il parto, in due settimane la massa muscolare dell’utero a termine, che può raggiungere il peso di 1500-1700 grammi, va incontro a necrosi e involuzione per ritornare a 80-100 grammi).
L’infiammazione diventa progressivamente patologica quando:
1. non è più finalizzata a ripristinare una funzione con la “restitution ad integrum” della citoarchitettura che la sottende (e quindi è “non resolving”);
2. quando è eccessiva e/o
3. quando è prolungata (Graziottin et al 2013; Graziottin et al 2014; Graziottin et al 2015; Ploteau et al 2015).
Il dolore cronico ci dice che l’infiammazione che lo sottende causa un danno tessutale progressivo, alterando la stessa struttura anatomica dei tessuti, sovverte la citoarchitettura, ossia la complessa e armonica architettura cellulare tessutale, e ne sta modificando in modo irreversibile la funzione. Il danno può essere così grave da minacciare l’autonomia, la dignità personale e la stessa vita. Un tipico esempio di infiammazione patologica è la menopausa, in cui la low grade inflammation, l’infiammazione cronica di basso grado di organi e tessuti causata dalla carenza estrogenica, si associa a una progressiva perdita funzionale.
L’infiammazione persistente che caratterizza il dolore cronico tende a propagarsi agli organi vicini (comorbilità), come in una casa un incendio tenderà a coinvolgere le altre stanze se non viene subito spento.
A ogni ciclo, l’infiammazione accentuata dalla caduta estrogenica mestruale esaspera i danni tessutali e il dolore ad essi associato: ecco perché la mestruazione si associa al peggioramento di diversi sintomi, tra cui il dolore pelvico cronico (Graziottin e Zanello 2015; Laux-Biehlmann et al 2015).

Dolore pelvico: le ragioni della cronicità

Nel caso del dolore pelvico cronico, infiammazione e dolore coinvolgono progressivamente vulva, vagina, utero, ovaie, intestino, peritoneo, con sintomi correlati all’organo interessato e potenziati dal crescente coinvolgimento degli organi vicini.
Se l’incendio persiste, arriverà ai piani superiori della casa. Così è per l’infiammazione: se le sue cause non sono prontamente diagnosticate e curate, milioni di molecole infiammatorie inonderanno il cervello, causando neuroinfiammazione, che costituisce la base biologica più imponente e sottovalutata della depressione e del comportamento di malattia (“sickness behavior”) associati, nello specifico, anche al dolore pelvico.
Si parla di dolore neuropatico quando il dolore diventa malattia in sé. Non più segnale amico, ma nemico. Segno che alla cronicità si è aggiunta una sregolazione dei meccanismi centrali del dolore. Si abbassa la soglia centrale del dolore: nel caso del dolore pelvico cronico, la donna diventa sensibile a stimoli dolorosi periferici anche minimi (Hoffmann 2015).
Non solo. Il cervello può mantenere l’infiammazione neurogena all’interno del cervello stesso, con attivazione in particolare della microglia il cui ruolo vira da “neuroplastico”, ossia nutritivo/trofico e riparativo, a “neurotossico”, ossia lesivo per i neuroni e la loro attività (Graziottin et al 2013; Graziottin et al 2014; Ploteau et al 2015).
I segnali infiammatori che sottendono il dolore pelvico coinvolgono rapidamente tutto il corpo e la mente. Prodotti nei tessuti lesi e infiammati, viaggiano verso il cervello lungo le vie nervose ma anche attraverso i vasi sanguigni. Grazie all’interazione tra diverse aree cerebrali, il dolore fisico viene allora integrato con emozioni e sentimenti diversi, legati all’essere uomo o donna, all’età, cultura e religione, alla situazione esistenziale, professionale e relazionale, alla situazione biopsichica generale, al significato e alla memoria del dolore. Tutti questi aspetti, integrati a livello cerebrale, concorrono alla percezione del dolore, esperienza squisitamente soggettiva.

Dolore e implicazioni psico-neuro-immuno-endocrine

Dal punto di vista psico-neuro-immuno-endocrino il dolore pelvico cronico coinvolge in modo dinamico:
1) il sistema del dolore, a livello del sistema nervoso periferico e centrale. Come anticipato, il dolore ha due significati: può essere nocicettivo, ossia indicatore di un danno in corso, da cui l’organismo dovrebbe riuscire a sottrarsi e/o a difendersi; oppure neuropatico, quando i segnali di dolore si generano all’interno delle stesse vie e dei centri del dolore. Il viraggio progressivo dal primo al secondo tipo di dolore è tipico del dolore pelvico cronico ed è mediato da cambiamenti neuroplastici a livello neuronale, centrale e periferico (Graziottin et al 2013; Graziottin et al 2014; Graziottin et al 2015; Hoffmann 2015; Ploteau et al 2015);
2) il sistema immunitario: il mastocita è la cellula principe che media il passaggio tra infiammazione cronica e dolore cronico (Graziottin et al 2013; Graziottin et al 2014). Il mastocita iperattivo, che produce elevate quantità di Nerve Growth Factor (NGF), è responsabile della proliferazione delle terminazioni nervose periferiche e della conseguente iperalgesia e allodinia, e protagonista di un dialogo sempre più stretto tra risposta infiammatoria cronica e dolore. Infiltrazioni tessutali di mastociti iperattivi sono state dimostrate nell’endometriosi, nella cistite interstiziale, nella vestibolite vulvare e anche nella parete del colon nel corso dell’elusiva sindrome del colon irritabile;
3) il sistema muscolare/motorio, con contrazioni difensive in risposta al dolore, critiche quando coinvolgono il muscolo elevatore dell’ano, causando mialgia, modificazioni posturali e biomeccaniche, e diventando cofattori di dolore e comorbilità uroginecologica, sessuale e proctologica (Graziottin et al 2015; Polackwich et al 2015; Ploteau et al 2015).
4) il sistema neurovegetativo, che ha la stazione centrale a livello dell’ipotalamo, per tutte le risposte biologiche riflesse, anche vascolari, che il dolore evoca;
5) il sistema emotivo affettivo, con coinvolgimento del lobo limbico, per il potente ruolo che ansia e depressione hanno nella modulazione della percezione del dolore e dei comportamenti correlati. Secondo la metaanalisi di Latthe et al (2006), l’ansia aumenta la percezione del dolore nella dismenorrea con un OR=2.77; nella dispareunia con un OR=3.23; nel dolore pelvico cronico (CPP) con un OR=2.28; la depressione aumenta la percezione del dolore con un OR=2.59 nella dismenorrea; con un OR=7.77 nella dispareunia; e con un OR=2.69 nel CPP, in cui la concomitanza di un disturbo post-traumatico da stress (PTSD) aumenta il dolore con un OR=5.47, che sale a OR=8.01 in caso di disturbi psicosomatici (Pierce e Christianson 2015);
6) il sistema cognitivo, per il vissuto e il giudizio ultimo sul significato personale, relazionale e sociale del dolore stesso, e la modulazione cosciente dei comportamenti adattativi di risposta al dolore.

Conclusioni

L’eziologia del dolore pelvico è multifattoriale: biologica, in primis, con componenti psicosessuali e correlate al contesto che concorrono alla percezione finale del dolore stesso. Tra le cause biologiche vanno indagate quelle ginecologiche (tra cui vulvodinia, endometriosi, adenomiosi, varicocele, infiammazione pelvica cronica-PID); sessuali (dispareunia e vaginismo); gastrointestinali (sindrome del colon irritabile, morbo celiaco, diverticolite, diverticolosi, stipsi ostruttiva, ragadi); genitourinarie (sindrome della vescica dolorosa, cistite interstiziale, cistiti recidivanti, uretrocistalgia); miofasciali (mialgia del pavimento pelvico con dolori riferiti di tipo non dermatomerico); neurologiche, tra cui la sindrome iatrogena da intrappolamento dei nervi addominali (ACNES, abdominal cutaneous nerve entrapment syndrome) o pelvici; malattie scheletriche; ernie inguinali o addominali. Fattori psicosomatici, fra cui abusi, parti o aborti traumatici, indagini invasive per sterilità, e fattori iatrogeni, possono concorrere al dolore.
L’alta prevalenza del dolore pelvico dovrebbe indurre i medici ad approfondirne le cause con rigore diagnostico, attenzione alle componenti multifattoriali e all’evoluzione di cronicizzazione.
Speciale attenzione dovrebbe essere dedicata ai principali fattori predittivi del dolore pelvico, con attenzione alla loro rilevanza semeiologica e clinica nella pratica urologica e ginecologica, sia per una migliore definizione diagnostica della patologia leader e delle comorbilità, sia per la scelta della più efficace strategia terapeutica, multifattoriale e multimodale, in un clima di collaborazione multidisciplinare.

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Graziottin A. Crescini C. (a cura di)
Dolore in ostetricia, sessualità e disfunzioni del pavimento pelvico. Il ruolo del ginecologo nella prevenzione e nella cura
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