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Vulvodinia: quando l'ultima spiaggia funziona

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16/12/2011

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Mi chiamo Angela e vivo a Venezia. Credo di essere stata affetta dalla vulvodinia sin dal 2009. Dico “credo”, perché la diagnosi giusta di questa malattia l’ho avuta solo nel 2011, quando sono riuscita a raggiungere l’ultima spiaggia…
I sintomi, che si ripresentavano costantemente, erano questi: prima di tutto un forte dolore al rapporto, dovuto inizialmente a secchezza vaginale; poi bruciore e la sensazione di avere dei “taglietti” all’ingresso della vagina; e infine, candida e cistite. Con il tempo, avere rapporti era diventata una condanna perché avevo sempre dolore, ma anche perché sapevo che non avrei potuto ritentare se non dopo un mese, un mese e mezzo.
Dal 2009 ho sempre vissuto il ripetersi di questo circolo vizioso. Sono andata da due ginecologhe, che hanno solo curato la candida e la cistite. Inizialmente stavo meglio, ma poi bastava avere un rapporto con il mio compagno e tutto si ripeteva daccapo.
La prima ginecologa, dopo il ripetersi di due degli episodi sopra descritti, mi ha detto che il problema era “di testa” (insomma, ero io il problema) e mi ha consigliato di andare dallo psicologo perché fisicamente stavo bene e non avevo bisogno delle sue cure.
La seconda ginecologa, sempre dopo due recidive, mi ha detto di risolvere il problema in questo modo: ogni volta che avevo un rapporto, mi dovevo preoccupare di mettere una crema umettante e tutto sarebbe andato bene. Questa era la sua cura definitiva, mi ha detto, perché «non sapeva più come curarmi».
Devo anche dire di essere stata fortunata perché il mio compagno, che oggi è mio marito, mi è sempre stato vicino, ha capito la situazione ed ha sempre cercato di aiutarmi e sostenermi in modo discreto. Psicologicamente, però, ero distrutta: mi sentivo diversa perché desideravo mio marito, ma al solo pensiero del dolore che avrei provato mi passava ogni entusiasmo; lui cercava di sostenermi, facendomi sentire a mia volta desiderata e usando le accortezze più disparate pur di non farmi male… ma ormai era quasi impossibile superare il blocco della paura.
Quando mi ero definitivamente rassegnata ad andare avanti con le creme umettanti, gli ovuli e medicine per la cistite (che a casa nostra non mancavano mai) non sono più andata dalla ginecologa: se succedeva qualcosa, ormai mi curavo da sola… Ormai ero diventata esperta di tutti gli stadi del mio circolo vizioso.
Ma una sera, in televisione, ho sentito una giovane dottoressa parlare del dolore delle donne: e in pochi minuti ho capito che dovevo andare da lei, perché sarebbe stata davvero la mia “ultima spiaggia”.
Sono arrivata da questa dottoressa con i sintomi che ho descritti, e in più con una cisti di Bartolini di tre centimetri. Lei mi ha visitata con cura e ha subito dato un nome alla mia malattia: vulvodinia. Il caso ha voluto che, essendo una situazione localizzata all’ingresso della vagina, con le giuste cure già al primo mese la dottoressa ha notato un grande miglioramento: io ho cominciato ad avere ancora più fiducia, mi sono sentita motivata a continuare la cura e in soli cinque mesi sono completamente guarita.
Seguire la terapia non è stato facile, perché le medicine da prendere erano tante. Ma mio marito mi è sempre stato vicino, sempre discreto, e ogni giorno che passava e stavo meglio era una conquista per entrambi. Fra l’altro, proprio in quei mesi, stavamo organizzando il nostro matrimonio… così la mia guarigione ha anche “salvato” il viaggio di nozze!
Ora sono completamente guarita dalla vulvodinia e, come donna, ho ripreso in mano la mia vita: ora posso godermi i momenti di intimità con mio marito, e questo lo devo alla mia “ultima spiaggia”, la dottoressa che mi ha guarita.
Spero che la mia testimonianza dia coraggio ad altre donne che vivono nel silenzio il loro dolore… Non è giusto rassegnarsi a soffrire, perché oggi dalla vulvodinia si può guarire: bastano il giusto medico e tanta dose di fiducia.
Angela (Venezia)

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