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Nonostante il vortice del caso: alle radici della vita vera

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Nonostante il vortice del caso: alle radici della vita vera
21/06/2023

Tratto da:
Wisława Szymborska, Ogni caso
In: La gioia di scrivere – Tutte le poesie 1945-2009, Adelphi, 2009

Guida alla lettura

Un’abilissima cantilena sul potere del caso che, proprio sul finale, si trasforma in un inno sull’amore. Tale appare la lirica «Wszelki wypadek» (Ogni caso) della poetessa polacca Wisława Szymborska, pubblicata a Varsavia nel 1972 in apertura dell’omonima raccolta.
Le prime quattro strofe ci precipitano senza preamboli in un tumulto di eventi capricciosi e contrastanti, di cui tutti conosciamo bene la forza: la salvezza contro ogni probabilità, l’incidente senza scampo, l’incontro destinato a cambiare una vita dipendono spesso da coincidenze, combinazioni, imprevisti che, presi in sé, sarebbero stato del tutto insignificanti, e che al tempo stesso ci inducono a parlare di destino, così come gli antichi Greci parlavano di “Anánkē”, la dea del fato inalterabile.
Ma alle quattro strofe tempestose ne segue una quinta, l’ultima, che contiene una rivelazione commossa: dalla convulsa danza di circostanze può nascere l’amore. Un amore capace di suscitare stupore senza fine, e che ci porta sentire il cuore dell’altro battere nel nostro petto. E’ una possibilità, non una certezza, perché non dobbiamo uscire dallo spietato paradigma esistenziale in cui si colloca l’intera lirica: può accadere, può non accadere – per ritornare al tono quasi oracolare dei primi versi. La chiusa suggerisce che a Wisława sia accaduto, e non importa se nell’immaginazione o nella realtà: sognare di amare è già amare. Ad altri potrebbe non accadere mai, e di fatto mai accade, donde il dolore di credersi inesistenti.
Se però dimentichiamo per un attimo l’incantato finale, e torniamo ai versi che lo precedono, scopriamo che questa strana poesia può rivelare un secondo significato: non meno profondo, e quasi opposto al precedente. Un significato che Wisława non esprime esplicitamente: sta a noi rendercene conto, ed eventualmente aderirvi, perché gli ammaestramenti della poesia vanno spesso oltre le parole e le intenzioni dei poeti.
Dunque: il vortice del caso è così forte da farci sentire come banderuole agitate da un vento sempre variabile e imprevedibile. Da qui al fatalismo, al vittimismo, il passo è assai breve: cosa avrei potuto fare se? cosa avrei potuto fare se non? Ed è breve il passo verso quell’ignavia che Dante condanna senza appello all’inizio dell’Inferno. Ma un grande intellettuale recentemente scomparso, Francesco Trisoglio (fratel Enrico delle Scuole Cristiane), docente universitario e di liceo, massimo esperto di letteratura classica, bizantina e cristiana, autore di opere fondamentali come la traduzione dell’epistolario di Plinio il Giovane e gli innovativi studi su Gregorio di Nazianzo, avvertiva i suoi allievi: «La vita non si costruisce con i “se”, ma con i “nonostante”».
Trisoglio non fa discorsi complicati. Solo due semplicissime congiunzioni, una di valore condizionale, l’altra di valore avversativo: ma aprono un mondo. L’esistenza vera è a portata di mano, se solo smettiamo i panni di chi accetta di dipendere dalla sorte (che pure infuria ciecamente intorno a noi) per indossare quelli che, quella sorte arcigna e avara, contrasta ogni giorno, senza arroganza (la hýbris dei Greci, per la quale tanti eroi incontrano la perdizione), ma con il coraggio e la determinazione di chi sa dove andare e come arrivarci.
Lo stile di Wisława Szymborska è come sempre semplice e piano, di grande presa concreta, senza aulicismi o preziosità esornative. Il solo ostacolo alla lettura per il lettore italiano è l’ultimo verso della terza strofa che, come avvertono le note al testo, allude al proverbio polacco «Tonący brzytwy się chwyta»: «Chi sta per annegare si aggrappa ai rasoi». Un’immagine eloquente del fare, di necessità, virtù.

La parola dell'Autrice

Poteva accadere.
Doveva accadere.
E’ accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
E’ accaduto non a te.

Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.

Per fortuna là c’era un bosco.
Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,
un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.

In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.

Dunque ci sei? Dritto dall’attimo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì?
Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore.

Biografia

Wisława Szymborska nasce a Bnin, attualmente parte di Kornik, nei pressi di Poznań, il 2 luglio 1923. Fra il 1941 e il 1943 lavora come impiegata alle ferrovie per evitare la deportazione in Germania. Comincia a scrivere le prime poesie. La seconda guerra mondiale segna la vita della giovane poetessa, costretta a studiare clandestinamente.
Nel 1945 si iscrive alla facoltà di Letteratura presso l’Università Jagellonica di Cracovia, passando a successivamente a Sociologia, che abbandona dopo soli tre anni, motivando così la rinuncia: «Nel 1947 la sociologia diventò mortalmente noiosa, si doveva spiegare tutto con il marxismo. Ho lasciato l’università perché già da allora dovevo guadagnarmi da vivere».
Nel 1954 esce il volumetto di poesie “Domande poste a me stessa”. Compie un viaggio in Bulgaria nell’ambito di scambi culturali, che si rivela fonte di ispirazione.
Nello stesso anno riceve il Premio della Città di Cracovia. Intanto, ha la fortuna di incontrare il saggista e poeta Czesław Miłosz, futuro Premio Nobel per la letteratura nel 1980, che la coinvolge nella vita culturale della capitale polacca. Le sue liriche sono tradotte in molte lingue europee, ma anche in arabo, ebraico, giapponese e cinese. E alcune sue raccolte sono pubblicate in Germania e negli Stati Uniti. Pietro Marchesani, che ha curato l’Introduzione del libro (Adelphi) dal quale abbiamo estratto la poesia “Ogni caso”, ha tradotto in italiano la maggior parte della sua opera poetica, la quale si è nutrita anche di un’intensa attività politica, sempre più forte negli anni Ottanta, durante i quali si impegna a favore del sindacato Solidarnosc di Lech Wałęsa.
Nel 1996 viene insignita del Premio Nobel per la Letteratura. La motivazione che accompagna il premio: «Per una poesia che, con ironica precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti d’umana realtà».
Nel 2001 diventa membro dell’American Academy of Arts and Letters. Nel 2002 esce “Attimo”, primo volume di poesie dopo il Nobel, che dà il titolo anche a una lirica. La sua prima raccolta di versi era uscita nel 1945, “Cerco la parola”. L’ultima raccolta, “Dwukropek” (Due punti), viene pubblicata in Polonia il 2 novembre 2005: uno strepitoso successo, oltre quarantamila copie vendute in meno di due mesi.
Dopo un lungo periodo di malattia, il 1º febbraio 2012 Szymborska muore nel sonno nella sua casa a Cracovia.
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