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Nella cavità del crepuscolo

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16/09/2020

Tratto da:
Blaga Dimitrova, Sull’orlo. Poesie, Sofia, 1996

Guida alla lettura

In questa poesia intensa e pacata, Blaga Dimitrova sembra oscillare fra due sentimenti opposti: un senso malinconico di perdita e di oscurità; e una fiducia altrettanto forte, una speranza che trova nel tempo, espressione della vita che ci è data in sorte, e nella strada, metafora del cammino verso se stessi, la ragione del proprio esserci.
Ogni parola della poetessa bulgara ha un peso meditato e decisivo per comprendere lo sfondo psicologico da cui sgorga l’effusione lirica. Il crepuscolo e la notte narrano la fatica di vivere e di combattere. Non solo: il crepuscolo è “cavo”, vuoto come la sensazione che accompagna, a volte, lo sgomento e il dolore; la notte è “calante”, incombente, senza stelle («per quanto sia scura…»). Notte e crepuscolo rappresentano il tramonto della vita (siamo nel 1994, Blaga ha 72 anni), ma anche gli ostacoli che questa donna inflessibile e coraggiosa si è trovata ad affrontare nel corso della sua esistenza: la tirannia, la persecuzione, la censura. In quel crepuscolo, in un’immagine potentissima, «si incrociano ricordi e sogni»: il futuro e il passato, gli ideali e i fatti, la vaga intuizione di sé nella giovinezza e la personalità a tutto tondo, scolpita dall’«apparir del vero», della senilità. Al centro della lirica, la frase che tutto sembra destabilizzare: «Non ho più meta da rincorrere». Ma non è una resa: è la certezza che il tempo basterà, che la strada sarà trovata, nonostante quella notte opaca e silenziosa: la meta è vicina, si può ormai procedere con passo calmo e sicuro.
Figura artistica e civile fra le più alte del Ventesimo secolo, Blaga Dimitrova ci insegna a combattere per i valori in cui crediamo, a intrecciare senza timore i sogni e i ricordi, a non avere paura della notte del cuore e dell’anima, del vuoto che afferra la mente e i visceri.
Mi perdo nella cavità del crepuscolo
dove si incrociano
ricordi e sogni.
Non ho più meta
da rincorrere.
Arriverò in tempo,
troverò la strada,
per quanto sia scura
la notte calante.

Biografia

Considerata la poetessa della “Rivoluzione di velluto”, che nel novembre 1989 decretò la fine del Partito comunista in quella che era allora la Cecoslovacchia, e la nascita della Repubblica parlamentare, Blaga Nikolova Dimitrova in realtà nasce nel 1922 a Bjala Slatina, nel nord ovest della Bulgaria. Figlia di un’insegnante e di un avvocato, si trasferisce presto nella capitale Sofia, dove conclude gli studi liceali classici e dove inizia la preparazione della laurea in Filologia slava, che concluderà con un dottorato a Mosca e a Leningrado (oggi San Pietroburgo).
Blaga Dimitrova è stata per tutta la vita una traduttrice ufficiale delle lingue greca, polacca, russa, svedese, tedesca e vietnamita. Ha viaggiato cinque volte in Vietnam, durante la guerra di Indocina (il conflitto tra il 1946 e il 1954 tra l’esercito coloniale francese e il movimento guidato da Ho Chi Minh, che aveva come obiettivo l’indipendenza del Vietnam), e infine, con il marito e critico letterario Jordan Vasilev, ha adottato anche una ragazza vietnamita. Ha tradotto in bulgaro le Metamorfosi di Ovidio e l’Iliade di Omero.
Nel 1962 pubblica la sua prima raccolta in versi, “Il mondo in pugno”, a cui fa seguito nel 1965 un’altra raccolta, “Viaggio verso me stessa”. Dopo l’invasione della Cecoslovacchia, nella notte fra il 20 e il 21 agosto del 1968, e il suicidio di Jan Palach, nel gennaio dell’anno successivo, scrive la poesia “Jan Palach”, che riesce a far pervenire clandestinamente ai dissidenti di Praga. Nel 1970, in patria, le sue opere si fanno notare per critiche al governo comunista e filo-sovietico: viene ufficialmente richiamata per non essere allineata alla politica del regime. Nonostante questo, negli anni Settanta la sua produzione poetica raggiunge il punto più alto dell’espressione artistica, con la pubblicazione di alcuni libri che risvegliano le coscienze dei bulgari. E’ del 1974, per esempio, dalla raccolta “Gong”, questa lirica, intitolata “Erba”, nella quale esprime in appena quattro versi tutto il dolore per una vita di umiliazioni e di controllo ferreo delle esistenze da parte del regime comunista:

Nessuna paura
che mi calpestino.
Calpestata, l’erba
diventa un sentiero.

Nel 1981, otto anni prima del crollo del Muro di Berlino, nonostante la propaganda, i tagli, le censure, riesce a far pubblicare l’opera “Il volto”, una metafora del regime totalitario e del vuoto che esso provoca nelle persone. Nel febbraio 1989, e qui inizia la sua fama di poetessa della “Rivoluzione di velluto”, è tra i firmatari di una dichiarazione di 102 intellettuali bulgari in difesa di Vaclav Havel, il drammaturgo, saggista e poeta ceco che diventò Presidente della Cecoslovacchia e poi della neocostituita Repubblica Ceca. La sua opposizione al regime dei Paesi comunisti più fedeli a Mosca è profonda, basata su motivazioni etiche. Non si allineerà mai, in alcun modo, ai dettami, anche culturali, del realismo socialista.
Su invito del Presidente francese Mitterand, il 2 giugno 1989 Dimitrova riesce a recarsi alla conferenza internazionale di Parigi sui diritti umani. Con la fine del regime comunista in Bulgaria viene eletta prima al Parlamento e nel 1992 nominata Vicepresidente della Repubblica. Tuttavia, per contrasti con il Presidente, abbandona la politica e si dedica esclusivamente alla scrittura. E’ del 17 luglio 1994 la litica che abbiamo scelto per voi.
Blaga Dimitrova muore a Sofia nel 2003.

(Biografia a cura di Pino Pignatta)
Blaga Dimitrova
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