EN
Ricerca libera
Cerca nelle pubblicazioni scientifiche
per professionisti
Vai alla ricerca scientifica
Cerca nelle pubblicazioni divulgative
per pazienti
Vai alla ricerca divulgativa

Dispareunia dopo radioterapia oncologica: uno studio svedese

  • Condividi su
  • Condividi su Facebook
  • Condividi su Whatsapp
  • Condividi su Twitter
  • Condividi su Linkedin
10/12/2015

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Stinesen Kollberg K, Waldenström AC, Bergmark K, Dunberger G, Rossander A, Wilderäng U, Åvall-Lundqvist E, Steineck G.
Reduced vaginal elasticity, reduced lubrication, and deep and superficial dyspareunia in irradiated gynecological cancer survivors
Acta Oncol. 2015 May; 54 (5): 772-9. doi: 10.3109/0284186X.2014.1001036. Epub 2015 Mar 11
Accertare se la ridotta elasticità vaginale e la carente lubrificazione conseguenti alla radioterapia si associno a dispareunia introitale o profonda: è questo l’obiettivo dello studio condotto da K. Stinesen Kollberg e collaboratori, del Dipartimento di Oncologia  della Sahlgrenska Academy presso l’Università di Gothenburg, Svezia.
Lo studio ha coinvolto 616 donne, di età compresa fra i 29 e gli 80 anni, trattate radiologicamente per un cancro ginecologico: di queste, 243 (39%) avevano avuto rapporti sessuali nei precedenti sei mesi. L’analisi statistica dei dati raccolti ha evidenziato che:
- 144 donne su 243 (59%) soffrono di dispareunia;
- in particolare, 47 donne su 243 (19%) lamentano dispareunia introitale, 10 (4%) dispareunia profonda e 87 (36%) entrambe le forme di dolore;
- in presenza di una ridotta elasticità vaginale da radioterapia, il rischio relativo di dispareunia profonda è pari a 1.87 (CI 1.41-2.49);
- l’età e il gonfiore al basso addome sono fattori di rischio indipendenti per la dispareunia profonda.
Gli autori concludono sottolineando che, se si vuole curare o prevenire la dispareunia nella donne trattate radiologicamente per un cancro ginecologico, si deve lavorare sull’elasticità vaginale con l’uso di appropriati dilatatori.
Ulteriori studi potranno fornire indicazioni più precise in relazione alle due forme di dispareunia e alle migliori strategie per prevenire la riduzione dell’elasticità vaginale e curarne i sintomi.

Commento della professoressa Graziottin

L’uso di dilatatori vaginali è senz’altro corretto e indicato, perché lavora sulla componente biomeccanica del dolore ai rapporti (“dispareunia”), nella componente che colpisce la donna all’inizio della penetrazione (“dispareunia introitale”), alla penetrazione profonda (“dispareunia profonda”) o mista. Va bene nelle donne alle quali siano state conservate le ovaie, purché continuino a produrre estrogeni (cioè non siano in menopausa).
Per tutte le donne cui siano state asportate le ovaie, insieme all’utero, o che siano già in menopausa, l’intervento terapeutico con i soli dilatatori mi sembra un po’ “minimalista”. Da oncologa che lavora da decenni su questo problema ritengo che si possa fare molto di più. Per un risultato che rispetti e valorizzi la fisiologia della vagina e la qualità della sua risposta fisica è indispensabile ricorrere a un trattamento multimodale:
- ORMONALE: nelle donne che abbiano avuto un carcinoma squamoso della cervice uterina (causato dal Papillomavirus oncogeno nella maggioranza dei casi e che NON dipende dagli ormoni) si possono usare:
1. estrogeni vaginali: estradiolo o, ancor meglio, estriolo, perché efficace, leggero (è potente 1/80 dell’estradiolo) molto ben tollerato e per questo può essere usato in sicurezza per anni (con l’eccezione, ripeto, di tumori ormonodipendenti, come gli adenocarcinomi del collo dell’utero e dell’endometrio, che controindicano gli estrogeni, anche locali);
2. testosterone locale, vulvare e vaginale, che unisce all’azione positiva sulla lubrificazione e sulla congestione dei corpi cavernosi clitorideo, bulbovestibolare e uretrale, una preziosa azione antiinfiammatoria;
- NON ORMONALE, in tutte le donne che non vogliano o non possano usare le terapie ormonali, nemmeno locali. Sono indicati, e sarà il medico curante e scegliere i più adatti alla singola donna:
1) gel locali, vaginali:
1a) gel all’acido ialuronico: aiuta a ripristinare lo strato di glucosaminoglicani che riveste la parete vaginale e a ricostituire una mucosa vaginale più spessa, robusta e sana;
1b) gel al colostro: utilizza principi trofici, ossia nutritivi, che ricostruiscono le diverse componenti della parete vaginale con un meccanismo d’azione diverso dall’acido ialuronico;
1c) gel a base di palmitoiletanolamide (PEA): limita gli effetti negativi della radioterapia, ancor meglio se unito a terapia per bocca con lo stesso principio attivo, che ne attenua anche i danni a distanza. Per esempio, la PEA riduce la neuroinfiammazione dovuta alla “inondazione” del cervello da parte delle citochine infiammatorie che si liberano per la massiccia morte cellulare da radioterapia.
2) farmaci non ormonali, per bocca, come l’ospemifene, ora disponibile anche in Italia, mentre in USA è in commercio da due anni, con ottimi risultati clinici. Non è un ormone ed è stato approvato anche per le donne che hanno superato il tumore al seno. Può essere usato in sicurezza da chi abbia avuto tumori ginecologici e completato le cure. Si assume una compressa (60 mg) per bocca ogni sera. Per capire come agisce, è utile immaginare i recettori ormonali per gli estrogeni come una serratura. L’ospemifene è una chiave intelligente che cambia d’azione a seconda del tessuto in cui lavora. A livello del seno, entra nella chiave/recettore e la blocca: ecco perché è antiproliferativo e quindi protettivo, anche dopo tumore al seno (come il tamoxifen). A livello della vagina entra nella chiave/recettore e la attiva, regalando una buona lubrificazione e una recuperata salute della parte vaginale, a tutto spessore, vasi inclusi, rispettando quindi e valorizzando la risposta naturale se usato subito dopo la radioterapia. Tanto prima, tanto meglio, per evitare che l’effetto distruttivo della radioterapia sulla parete vaginale diventi irreversibile.
- FISIOTERAPIA, in cui la terapia di rilassamento dei muscoli del pavimento pelvico viene integrata con l’uso dei dilatatori vaginali;
- LASER VAGINALE, dopo il completamento della radioterapia. Ne esistono di vari tipi. E’ efficace, ma costoso. Mancano dati di sicurezza a lungo termine.
Con un’appropriata terapia multimodale è possibile mantenere un’ottima “abitabilità” e risposta sessuale vaginale, anche dopo radioterapia. Ma la terapia deve iniziare già in corso di trattamento: davvero, tanto prima, tanto meglio!

Vuoi far parte della nostra community e non perderti gli aggiornamenti?

Iscriviti alla newsletter