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Cercare il cielo nella fedeltà alla terra

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30/09/2009

Tratto da:
Dietrich Bonhoeffer, "Predica su Colossesi 3,1-4", in «Gli scritti», Queriniana, Brescia 1979, pag. 152-153
In: Comunità Monastica di Bose (a cura di), Letture dei giorni, Piemme, Casale Monferrato 1994, pag. 330-331

Guida alla lettura

Questa vibrante e provocatoria riflessione di Dietrich Bonhoeffer – pastore protestante giustiziato dai nazisti – chiarisce quale debba essere l’impegno dei cristiani contro l’ingiustizia, il male e il dolore: nessun sterile ripiegamento sulle “cose dell’alto”, nessuna compiacenza verso un vissuto religioso ottundente, ma salda adesione alla terra su cui vivono e alla realtà che li circonda, in uno sforzo quotidiano di umanizzazione dei propri rapporti con gli altri (inclusi i non credenti e i fedeli di altre religioni), con il mondo e con Dio. E tutto questo, proprio perché gli uomini di fede sono chiamati a puntare innanzitutto lo sguardo al cielo.
Per comprendere appieno la forza dirompente delle parole di Bonhoeffer occorre considerare le circostanze particolarmente drammatiche in cui egli si trovò a vivere: la dittatura, la guerra, la persecuzione, la tragica contrapposizione fra la Chiesa evangelica ufficiale, che aveva riconosciuto l’autorità del regime nazionalsocialista, e la Chiesa confessante (“bekennende Kirche”), fedele al Vangelo. Circostanze rispetto alle quali Bonhoeffer prese una posizione coraggiosa e senza compromessi, prima ritornando dagli Stati Uniti in patria nel 1939, nonostante gli enormi rischi, poi prendendo parte agli infruttuosi tentativi di eliminare Hitler.
Ma il monito a pensare alle “cose della terra” vale anche oggi per tutti noi – laici e credenti – e si declina nella prassi della solidarietà, della compassione, della condivisione, contro ogni forma di mortificazione della vita umana e naturale. In questo senso può così essere compreso anche il durissimo attacco di Bonhoeffer alla miopia delle chiese, alle quali è però bene ricordare che appartengono tutti i credenti, e non solo gli uomini di “gerarchia”: un attacco che, nello stile dei grandi profeti della storia, non mira tanto a condannare senza appello, quanto a scuotere le coscienze di tutti e a convertirle a una rinnovata radicalità in favore della vita.
Per un primo approfondimento del pensiero religioso e politico di Bonhoeffer, consigliamo la lettura di un breve ma esauriente saggio di Italo Mancini: “Dietrich Bonhoeffer. Un resistente che ha continuato a credere”, Edizioni Qiqajon, 1995.
«Se dunque siete risuscitati con Cristo, cercate le cose dell’alto, dov’è il Cristo, assiso alla destra di Dio: pensate alle cose dell’alto e non a quelle che sono sulla terra. Voi, infatti, siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Quando comparirà Cristo, che è la nostra vita, allora anche voi apparirete con lui nella gloria» (Paolo, Lettera ai Colossesi 3,1-4).
Comunque sia la sua situazione, la società nutre forti sospetti verso il viandante delle nuvole: potrebbe essere, qui sulla terra, uno che mangia senza lavorare, anziché essere operatore di ordine e di miglioramento, con l’entusiasmo del cuore e l’attività delle braccia; egli sogna un al di là migliore, ed è incapace dell’azione rivoluzionaria che ogni generazione deve compiere: distruggere vecchie tavole di valori e istituirne di migliori.
A causa di princìpi come «Pensate alle cose dell’alto e non a quelle che sono sulla terra», i cristiani sono messi al muro. A causa di questi princìpi, il cristianesimo viene incolpato di tradimento alla terra. Rimanete fedeli alla terra, pensate alle cose che sono sulla terra: questo è il sano intento di infiniti uomini; e noi comprendiamo il loro zelo, comprendiamo la gelosia con cui incatenano a questa terra progetti, attività e sforzi dell’uomo. Infatti noi siamo incatenati a questa terra. Essa è il luogo in cui stiamo in piedi e cadiamo. Ciò che accade sulla terra, è ciò di cui dobbiamo rendere conto. E guai a noi cristiani se ciò fosse per noi occasione di vergogna, se alla fine si dovesse dire dell’ateo: «Servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, io ti darò autorità sul molto: entra nella gioia del tuo Signore» (Mt 25,21), per il fatto che egli è stato fedele in forma terrena ai compiti terreni che si è trovato davanti, per il fatto che egli ha prestato ad alto interesse i talenti che gli erano stati affidati. Viceversa si dovrebbe dire di noi cristiani: «Gettate fuori nelle tenebre il servo inutile», per il fatto che noi abbiamo sotterrato il nostro talento, per poter pensare solo alle cose dell’alto...
Pensate alle cose della terra! Oggi è decisivo che noi cristiani abbiamo o non abbiamo forza sufficiente per testimoniare al mondo che non siamo sognatori e viandanti delle nuvole, che noi non siamo indifferenti all’andamento delle cose, che la nostra fede in effetti non è l’oppio che ci rende contenti in mezzo a un mondo ingiusto. E invece che noi, proprio perché pensiamo alle cose dell’alto, tanto più duramente e coscientemente protestiamo su questa terra. Protestiamo con le parole e le azioni, per cercare a qualsiasi prezzo di portare avanti la situazione.
E’ mai possibile che il cristianesimo, iniziato in modo così rivoluzionario, ora sia per sempre conservatore? Che ogni nuovo movimento debba aprirsi la strada senza la Chiesa, e che la Chiesa intuisca sempre con un minimo di venti anni di ritardo ciò che è effettivamente accaduto? Se davvero è così, non dobbiamo meravigliarci che anche per la nostra Chiesa torni il tempo in cui sarà richiesto il sangue dei martiri. Ma questo sangue, ammesso che abbiamo ancora veramente il coraggio e la fedeltà di versarlo, non sarà così innocente e luminoso come quello dei primi testimoni. Sul nostro sangue ci sarà il peso di una nostra grande colpa: la colpa del servo inetto, che viene buttato fuori nelle tenebre.

Biografia

Dietrich Bonhoeffer nasce nel 1906 a Breslavia, in Polonia, da una famiglia protestante di origine berlinese. Studia teologia a Tubinga e a Berlino, e successivamente approfondisce la sua preparazione di pastore e teologo a Barcellona, New York e Londra.
Nel 1931 torna in Germania, per insegnare all’Università di Berlino. All’indomani della presa del potere da parte di Hitler, tiene una conferenza via radio sul concetto di autorità: afferma con coraggio che, se il capo (führer) permette al seguace che questi faccia di lui un idolo, allora diventa un pericoloso seduttore (verführer). Entrato nel mirino del regime, dal 1933 al 1935 si stabilisce a Londra per seguire due comunità evangeliche tedesche. Al rientro assume la direzione del seminario della Chiesa confessante, fondata l’anno precedente dai pastori luterani in contrasto con l’acquiescente gerarchia ecclesiastica ufficiale. Il seminario, situato sul Mar Baltico, verrà chiuso due anni dopo per ordine di Himmler.
Nel 1939 Bonhoeffer accetta una cattedra negli Stati Uniti: ma pochi mesi dopo, allo scoppio della guerra, rientra definitivamente in patria, per condividere il destino del suo popolo. Aderisce alla resistenza e alle manovre per attentare alla vita di Hitler, che culmineranno nel fallito attentato del 20 luglio 1944. Imprigionato sin dall’aprile del ‘43, viene impiccato nel campo di concentramento di Flossenbürg il 9 aprile 1945, un mese prima della resa della Germania.
Nel periodo della detenzione, produce una serie di scritti che verranno poi raccolti nel volume “Resistenza e resa”, la sua opera più famosa, in cui riflette sul rapporto tra fede e azione. E a un compagno di prigionia italiano che gli chiedeva come avesse potuto un sacerdote cristiano partecipare a una cospirazione politica violenta, sia pure contro un tiranno sanguinario, disse: «Quando un pazzo lancia la sua auto sul marciapiede, io non posso, come pastore, accontentarmi di sotterrare i morti e consolare le famiglie. Io devo, se mi trovo in quel posto, saltare e afferrare il conducente al suo volante».

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