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Sindrome della vescica dolorosa: fisiopatologia e comorbilità

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25/01/2019

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica, H. San Raffaele Resnati, Milano
Dott.ssa Dania Gambini
Dipartimento di Ginecologia e Ostetricia, H. San Raffaele, Milano

“Dopo quasi una vita di cistite, o quel che sia perché non so più cosa pensare, e dopo medici, antibiotici, integratori e litri di acqua, sono un po’ scettica sul fatto che potrò mai guarire: ma ho davvero bisogno di aiuto. Ci sto rimettendo il lavoro, la voglia di vivere, il rapporto con il mio compagno. Ho solo 22 anni. Non esco mai, sono sempre serrata in casa attenta a non prendere freddo, chiusa in bagno per ore e ore e ore infinite. Non posso più farmi un tuffo in piscina o un bagno al mare, devo praticare l’astinenza per paura di stare male dopo. Non posso mangiare piccante, non posso permettermi di bere meno di due litri di acqua al giorno.
È iniziato tutto come un fastidio, ma ero davvero piccola, parlo delle elementari: purtroppo non ero in Italia, stavo molto al freddo. Poi questo fastidio si ripresentò alle medie, e peggiorò alle superiori, ma sempre gradualmente. Avevo 16 anni, primo ragazzo e prime esperienze. Iniziarono le visite sempre più frequenti dal medico di base e dai ginecologi. Il medico mi prescriveva molte urinocolture ed esami, che a volte rilevavano una presenza di batteri e altre volte davano risultato negativo. A 17 anni iniziarono i primi rapporti, e per la prima volta comparvero cistiti con sangue nelle urine, dolore in piena notte… finché non chiesi degli antibiotici. Devo dire che le cistiti scomparivano del tutto dopo le cure, ma non appena mi azzardavo a stare scalza o a toccare l'acqua fredda o a sedermi su qualcosa di freddo o a mangiare piccante o a bere meno del solito o riprendere un rapporto sessuale, finivo sempre al punto di partenza.
Oggi, a 22 anni, sono costretta a fare cure antibiotiche, e bere acqua, e prendere integratori e rispettare astinenze lunghissime per stare bene. E sto bene. Sto davvero bene. Sì, NON VIVENDO, sto davvero bene . Ma io voglio stare DAVVERO bene. Voglio poter amare il mio compagno, poter mettermi un costume e andare al mare. Vorrei VIVERE, solo questo chiedo. Aiutatemi, vi prego. Dopo questa richiesta, smetterò di sperarci ancora”.
Gentile amica, il quadro che lei descrive suggerisce la presenza di una sindrome della vescica dolorosa, con riacutizzazioni in occasione di rapporti intimi, colpi di freddo e così via. Giustamente lei segnala che a volte l’esame colturale delle urine è positivo e a volte no. La ragione è questa: i germi patogeni, e in particolare l’Escherichia Coli uropatogeno (UPEC), si tolgono il capside, ossia la capsula di rivestimento, e invadono le cellule dell’urotelio, che riveste la parte interna della vescica: lì si comportano come veri “terroristi in casa”. Ecco come agiscono:
- da un lato, nascosti dentro le cellule, non sono raggiungibili né dagli antibiotici (che attaccano solo i germi che si riversano in vescica, rompendo la parete delle cellule infettate) né dalle difese immunitarie. Stanno incistati lì, in un stato “quasi” dormiente: in realtà si scambiano “plasmidi”, ossia parti di DNA che codificano la resistenza agli antibiotici, il che li rende di fatto sempre meno sensibili alle cure nonostante gli antibiotici siano sempre più aggressivi. Può trovare molti articoli interessanti sui biofilm patogeni vescicali (endogeni) sul mio sito. In effetti il problema dell’antibiotico-resistenza è ormai un’emergenza su scala mondiale;
- dall’altro, determinano un’infiammazione cronica della parete vescicale, che contribuisce a causare la sindrome della vescica dolorosa, il senso di peso sovrapubico, l’urgenza e il bruciore minzionale, la minzione frequente.
Probiotici, fitoterapia (mirtillo rosso, destro mannosio, propoli), rilassamento del pavimento pelvico e cure mirate possono aiutare a migliorare, con molta gradualità.
Oltre alle patologie prettamente urologiche alla base delle cistiti ricorrenti da lei descritte, è importante verificare anche le possibili patologie associate (“comorbilità”). Per esempio, indagare la presenza di una vestibolite vulvare, una patologia infiammatoria cronica del vestibolo vaginale, di cui è stata dimostrata la presenza in almeno il 60% delle donne affette da cistiti ricorrenti. E’ dovuta ad una reazione immunoallergica alla Candida, un micete che diventa molto aggressivo in caso di ripetute terapie antibiotiche, come è il suo caso. Sul sito trova diverse schede mediche inerenti tale patologia e il lavoro stesso pubblicato in letteratura.
In sede di visita ginecologica sarà necessario valutare lo stato della muscolatura del pavimento pelvico, generalmente ipercontratta nelle pazienti affette da cistiti ricorrenti; in questo caso è necessario instaurare una terapia medica con farmaci miorilassanti e con sedute di riabilitazione del pavimento pelvico. Un altro punto cardine della terapia è basato sulla regolarizzazione dell’attività intestinale mediante l’utilizzo di probiotici. Una patologia vescicale cronica richiede una terapia multimodale articolata per curare tutti i fattori predisponenti, precipitanti e di mantenimento. Una strategia essenziale, che richiede tempo, pazienza e una visione articolata del problema vescicale, per tornare a vivere davvero in modo completo, come lei giustamente desidera. Un cordiale saluto.

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