L’abuso di farmaci per il mal di testa acuto può determinare un’ulteriore forma di cefalea (“rebound”), caratterizzata da una maggiore frequenza degli attacchi e da una minore efficacia degli antidolorifici stessi: i risultati a lungo termine dei protocolli di cura sinora messi a punto sono ancora incerti.
Gli Autori hanno esaminato 56 pazienti a uno e nove anni dall’avvio della disintossicazione, raccogliendo tutti i dati disponibili su frequenza del mal di testa, ricorso a terapie antalgiche, qualità della vita, qualità del sonno, ansia e depressione. Questi, in sintesi, i risultati:
- i giorni di cefalea al mese sono diminuiti da 16.7 (14.0-19.3) a un anno a 13.3 (10.6-15.9) a nove anni (P = 0.007);
- la proporzione dei pazienti che soddisfano i criteri per la diagnosi di cefalea cronica è diminuita da 27/56 (48%) a un anno a 18/56 (32%) a nove anni (P = 0.004);
- l’abuso di farmaci è riportato in 7 pazienti (13%) a un anno e 18 (32%) a 9 anni (P = 0.013);
- la maggioranza dei pazienti che fanno abuso di farmaci a 9 anni (10/18) fa parte di un gruppo di 14 che hanno avuto una risposta modesta alla terapia di disintossicazione e che dopo nove anni soffrono ancora di cefalea cronica;
- escludendo i pazienti andati in pensione, la proporzione che ha ricevuto benefici dalla terapia è aumentata da 21/55 (38%) a un anno a 30/49 (61%) a nove anni (P = 0.003).
Il protocollo di cura ha dunque effetti interessanti ad almeno 9 anni dall’avvio della sperimentazione, anche se una discreta percentuale di pazienti risponde poco alla terapia e continua a soffrire di cefalea cronica nel tempo, con conseguente continuativo abuso di farmaci. E’ indispensabile continuare a studiare il problema per ridurre la frequenza di una patologia altamente disabilitante e che incide in misura significativa sulle persone in termini di costi economici e qualità di vita.