Questo è il Beethoven che più regala ai nostri giorni energia, vitalità, robustezza, nerbo. Ogni tanto è bene tornare all’arte del genio di Bonn, per esempio ascoltare più volte il movimento iniziale di questa Sinfonia No. 7, Poco sostenuto – Vivace, perché ovunque, dietro ogni accordo, tra le pieghe di ogni modulazione, il compositore infonde sicurezza, coraggio, determinazione, apertura alla vita, fiducia nel futuro.
C’è nella sua musica un vigore speciale, una carica trascinante, irresistibili fraseggi melodici che si scatenano vorticosamente, una varietà di colori e di suggestioni dinamiche, la capacità di trasportare l’ascoltatore fuori dal tormento con masse sonore di vaste proporzioni. Con improvvise accelerazioni, a tratti incandescenti, che il genio di Bonn plasma alternando pianissimi e fortissimi, smorzando la tensione con rasserenati, quasi bucolici, passaggi di tenerezza infinita, sostenuti da pulsazioni ritmiche e movenze di danza, da colorazioni ballettistiche. E davvero, riascoltando questo capolavoro, non si può non apprezzare ancora oggi la definizione celeberrima di Richard Wagner a proposito della Settima: «Questa sinfonia è l’apoteosi della danza. È la danza nella sua massima essenza, l’azione del corpo tradotta in suoni per così dire ideali».
Ma come acutamente ci aiuta a capire il compositore Giacomo Manzoni, qui non si tratta di danze liete e spensierate: «Non si pensi alla danza nel senso del rococò settecentesco, queste della Settima sono danze all’aria aperta, robuste danze di massa, che trascinano nel loro vortice i sentimenti e le passioni risvegliate dagli importanti eventi sociali di quell’epoca. Si pensi alla lotta di liberazione che nel 1812 gli austriaci stavano conducendo contro Napoleone».
Noi abbiamo scelto per voi il primo movimento della Sinfonia No. 7, il Poco sostenuto – Vivace. Tutto è subito comprensibile nel discorso musicale, i sentimenti di Beethoven sono immediatamente trasparenti. Ai secchi accenti iniziali dell’orchestra, i fiati oppongono il loro tenero canto, mentre gli archi disegnano un leggero e “staccato” (cioè non legato) moto ascendente. È un’atmosfera satura, carica di attesa, l'ascoltatore ha come la sensazione che i suoni siano segni premonitori di un evento. Qualcosa sta per accadere. E infatti, all’improvviso, il tappeto sonoro esplode in una fragorosa trama strumentale. Sulla sua scia sonora, che lentamente si spegne, l’oboe intona una delicata frase bucolica e i violini la riprendono, prima che l’orchestra si affacci in modo ancora più fragoroso. Giustamente è stato definito dal musicologo Marino Mora «un clima selvaggio e aurorale quello che magistralmente va dipingendo Beethoven, fatto di scosse decise e di curve rassicuranti, di tensioni e di distensioni».
Ma l’apoteosi deve ancora arrivare. Sin qui siamo nel “Poco sostenuto”, che è come un antefatto, un’introduzione, la più lunga che Beethoven abbia mai composto, paragonabile come stile alle ultime Sinfonie di Haydn, alla K. 543 di Mozart, alle Sinfonie No. 1, 2 e 4 dello stesso Beethoven. Ma a un certo punto (lo percepite nettamente al minuto 4:49 del video tratto da YouTube), il sottofondo ritmico impostato da Beethoven cessa di essere una scala a tratti vorticosa per concentrarsi su una singola nota, che è un “mi”, battuta e ribattuta: una sorta di singhiozzo, un dialogo fra violini e flauto-oboe. E qui l’orchestrazione si dirada, il ritmo rallenta e questo attardarsi, battere, su una sola nota, segna un deciso cambio di passo. Non solo, e a dimostrazione che questa è una di quelle invenzioni irripetibili che fanno di un musicista un genio assoluto: quando il nostro orecchio s’è ormai intonato su questa nota, quasi fosse un mantra sonoro che ci culla, ecco che il ritmo cambia, l’atmosfera trascolora, nel pianissimo, dai legni ai violini, e viceversa. Flauti e oboi, sempre su quella nota, irrobustiscono la filigrana strumentale. Insomma, senza accorgercene siamo entrati nel “Vivace”, nella Sinfonia vera e propria.
L’Allegretto successivo, secondo movimento della Settima, uno dei più amati dal pubblico dei concerti, non è una “marcia funebre”, com’è stato ipotizzato da alcuni studiosi, nonostante un tema soffocato e sommesso esposto all’inizio dagli archi, segnato da un’impronta malinconica e da un generale senso di mestizia. Tema che a poco a poco sfuma ai violini secondi, mentre si sovrappone un controcanto di viole e violoncelli. Quando sale ai violini primi è ancora una linea triste e flebile, ma già più limpida. Infine, da misterioso il tema dell’Allegretto diventa un canto di preghiera imponente, che acquista via via fascino e seduce per la larga cantabilità melodica.
Da ascoltare assolutamente e avere nella propria discoteca nell’incisione di Guido Cantelli, novarese, allievo di Arturo Toscanini, morto nel 1956 a soli 36 anni in un incidente aereo, questa Sinfonia No. 7 è complessivamente un miracoloso esempio di quanto la potenza strutturale di Beethoven sia capace di tanta straripante efficacia sul terreno della sfida terapeutica. Una composizione che conserva ancora, a distanza di due secoli giusti giusti, la capacita di scuoterci nel più profondo. Con un’energia liberatoria che ci accompagna in tutta la Sinfonia senza abbandonarci mai.
Buon ascolto.
Per approfondire l'ascolto
Symphony N. 7, OP. 92
Philharmonia Orchestra; Direttore, Guido Cantelli (Past Classics, disponibile anche su iTunes)
2) Ludwig Van Beethoven
Symphonies N. 7 & 8
Wiener Philharmoniker; Direttore, Claudio Abbado (Deutsche Grammophon, disponibile anche si iTunes)
3) Ludwig Van Beethoven
9 Symphonien
Berliner Philharmoniker; Direttore, Herbert von Karajan (Deutsche Grammophon, disponibile anche su iTunes)