«Adoro la melodia», disse una volta Guastavino. «Amo cantare, mi rifiuto di comporre per essere scoperto e compreso dalle generazioni future». E dunque la sua voce, che è stata la più tradizionalmente distintiva della musica argentina del XX secolo, ci viene incontro in modo sorprendente per accarezzarci cameristicamente, perché capace di distillare gli elementi popolari locali in un idioma liricamente appassionato, quasi brahmsiano nella sua intensità nostalgica, quasi francese nella prossimità alle nostalgie di un Gabriel Fauré, e in questo senso intenso nel consegnarci una musica, sebbene lontana dalla nostra cultura, così vicina alle ferite e ai nostri deserti di malinconia. Come dimostra questa Sonata, soprattutto nel secondo movimento, l’Andante, che lascia attoniti per quanto s’impone subito il colore caldo di una nota prolungata del clarinetto nel silenzio dell’attesa, dopo l’Allegro deciso, e che attacca con una luminosità accesa, avvolgente, mozartiana, e ascoltandolo più e più volte vi ritroverete abbracciati dalla musica e dalla tenerezza.
Il centro di gravità armonico di Guastavino è sempre stato fortemente tonale, in questo senso allontanandosi vigorosamente dall’altro grande compositore argentino di musica colta, Alberto Ginastera, che imboccò con più decisione i sentieri della sperimentazione, con uno stile più spigoloso e aggressivo; e pure distanziandosi dal più celebre Astor Piazzolla, tutto preso dal nobilitare classicamente tango e milonga.
Nato a Santa Fé, nel nord dell'Argentina, nel 1912, figlio di un pittore e decoratore di origini italiane, e morto nell’anno 2000, dunque alla soglia della rivoluzione digitale, Guastavino era un uomo d’altri tempi: camminando per strada si levava il cappello, semplice e umile; arrivava al Teatro Colón di Buenos Aires in bicicletta, con un talento precoce per la musica, in particolare per il pianoforte, sul quale adorava ricercare la grazia della miniatura e la raffinatezza del fraseggio, assorbite dalla tradizione argentina e sempre riproposte in chiave universale. Oggi si direbbe che Guastavino, precorrendo i tempi, era un compositore “glocal”, riconosciuto per il suo dono melodico e il suo fascino caratteristico. Accattivante, intrigante, rinfrescante, molto “nella pelle” di chi cerca una musica carica di empatia. Un’arte compositiva che include pezzi di pianoforte, musica da camera (questa Sonata per clarinetto ne è forse il capolavoro assoluto) e composizioni orchestrali. E in tutte le formazioni, gli organici e le scelte espressive, celebra la ricca tradizione culturale del suo Paese, la bellezza dell’Argentina, della quale il compositore era innamoratissimo, avvicinando anche il gusto e la sensibilità degli ascoltatori di terre lontane.
E sono soprattutto le sue origini a spiegare la sua musica, a cominciare da questa meravigliosa Sonata. Sebbene abbia trascorso una parte lunga della vita nella vivace e cosmopolita Buenos Aires, era nato e cresciuto a Santa Fé, nell’interno. E forse le radici non urbane di Guastavino spiegano il carattere melodicamente dolce e sincero della sua musica. Soprattutto le sue canzoni, canti della sua terra, nobilitati ad arte, immensamente popolari, che arrivano al cuore, come “Se equivoco la paloma” del 1941, “La rosa y el sauce” del 1942, che abbiamo ascoltato qui tempo fa nell’interpretazione del tenore spagnolo Josè Carreras.
Carlos Guastavino, infatti, è conosciuto anche come lo “Schubert delle Pampas”, per le melodie semplici ma intense, che ritraggono i paesaggi e le atmosfere dell’Argentina. E anche qui un collegamento possibile che lega l’arte di questo compositore alla nostra sensibilità di europei è non soltanto quello con i gioielli per voce e pianoforte schubertiani ma, per esempio, con le “Mélodies” di Fauré, o con i Lieder di Johannes Brahms. E anche la maggior parte dei pezzi per pianoforte solo di Guastavino potrebbero essere descritti, sulle rotte di Mendelsshon, come "Canzoni senza parole". E nelle dieci “Cantilenas Argentinas” del 1958 emerge un ritratto struggente che è simile ad alcuni degli Intermezzi più liricamente malinconici di Brahms.
Una musica intrisa di nostalgia per l’infanzia, per i colori e i fiumi della terra in cui era nato, a volte anche di dolore, di depressione, per la morte della madre. Toni scuri, bruniti, sofferenti, che si ascoltano per esempio nella parte finale del secondo movimento, l’Adagio, nel nostro video dal minuto 8:58, dove il mondo interiore del compositore argentino è vicino come non mai alle nostre tristezze. Senza mai dimenticare il potere della musica di riportare la luce, espressa con riconoscibilissimo idioma popolare argentino nell’Allegro spiritoso seguente, “spiritoso” in modo contagioso negli arabeschi tratteggiati dagli arpeggi del clarinetto, un’atmosfera di vivacità e brillantezza interrotta, prima del finale, in un nuovo episodio di serenità melodica.
La discografia delle opere di Carlos Guastavino è cresciuta costantemente dai primi anni Ottanta e comprende artisti come Ameling, Teresa Berganza e Carreras. E’ stato interpretato da una vasta gamma di stelle, non solo liriche, da Mercedes Sosa al tenore Alfredo Kraus, e oggi dalla soprano russo Anna Netrebko.
La frequentazione delle sue “Canciones”, di questa Sonata, oppure dei “Diez Cantos Populares para Piano”, che testimoniano il suo raffinato lirismo, vi faranno scoprire un’Argentina molto più vicina di quanto abbiate mai pensato.
Buon ascolto.
Per approfondire l'ascolto
Clarinet Sonata
Luis Rossi, clarinetto; Diana Schneider, pianoforte (Georgina Records, disponibile anche su Apple Music e Google Play Music)
2) Carlos Guastavino – Francisco Braga – Heitor Villa-Lobos
Teresa Berganza, mezzosoprano; Juan Antonio Alvarez Parejo, pianoforte (Claves, disponibile anche su Apple Music e Google Play Music)
3) Carlos Guastavino
Diez Cantilenas Argentinas
Carlos Guastavino, pianoforte (RGS Music, disponibile anche su Apple Music e Google Play Music)