Di questa novità discografica, è il Trio in Sol maggiore di Debussy che apre il Cd a regalare le sorprese più intense. Quattro movimenti: Andantino con moto allegro, Scherzo-Intermezzo, Andante espressivo, Finale appassionato, dove soprattutto il primo e il terzo incantano per la delicatezza lirica. In particolare il movimento iniziale, l’Andantino, ha un attacco quasi pucciniano, che sembra ricordare la melodia della prima Aria dell’opera La Rondine, «Chi il bel sogno di Doretta».
Si tratta di una composizione graziosa e per certi versi sorprendente, oltretutto scoperta solo di recente, nel 1986. La sorpresa sta nel fatto che la giovinezza di un artista può rivelare una poetica e un’espressività alle quali non siamo abituati perché prigionieri del nostro immaginario, essendo lontane da quello che consideriamo, come in questo caso, il pensiero musicale di Debussy, che per noi è ormai catalogato, quasi istintivamente, alla voce “impressionismo”. Un po’ come vedere per la prima volta i quadri del giovane Picasso, totalmente figurativi, così diversi da quelle scomposizioni geometriche dei volti e dei corpi ai quali associamo subito il Picasso cubista entrato nella storia dell’arte.
Il Trio per pianoforte violino e violoncello è proprio questo: un Debussy che non conosciamo, al quale non siamo abituati a pensare, lontano dalle iridescenze pianistiche dei «Des pas sur la neige», tradotti in musica quasi scultorea dal tocco di Arturo Benedetti Michelangeli; o dalle atmosfere sinfoniche rarefatte dipinte dalle orchestre guidate da Ernest Ansermet o da Michel Plasson. Perché questo è un lavoro giovanile di Claude Debussy, scritto quando aveva 18 anni, nel 1880, in pieno Tardo Romanticismo, dunque assai prima che il Novecento iniziasse a frantumare i linguaggi dell’arte. Ha scritto il critico Harold Schonberg sul New York Times: «Il Trio di Debussy è un pezzo di gioventù. Puoi divertirti a metterlo sul giradischi e chiedere ai tuoi amici dotti chi è il compositore. Niente di questa musica porta al genio francese. E’ dolce, sentimentale, zuccherato; ha alcune delle caratteristiche delle melodie di Massenet. Come lavoro di uno degli innovatori della storia della musica, il Trio in sol maggiore ha importanza se non altro per dimostrare che il grande Debussy non è arrivato sulla scena come lo immaginiamo oggi, già forgiato nel suo linguaggio impressionistico».
Scopriamo la storia di questa pagina: nel 1880 Debussy ha 17 anni e si è appena diplomato al Conservatorio di Parigi. Va in Russia con in tasca una raccomandazione, del suo insegnante di pianoforte, per madame Nadezda von Meck, una facoltosa vedova, mecenate, protettrice di Pètr Il'ic Cajkovskij. La nobildonna ha bisogno di un pianista che l’accompagni nei suoi viaggi, che suoni con lei e dia lezioni di musica ai figli. Da Mosca partono tutti alla volta dell’Italia e si trasferiscono in Toscana, vicino a Firenze, a Fiesole, e sono raggiunti dal violoncellista Danilchenko, che ha appena finito gli studi al Conservatorio di Mosca, e dal violinista Pachulsky: un trio che ogni sera suona soprattutto musica russa, oltre a pagine di Beethoven e di Schubert. Ed è proprio qui, su queste colline che oggi ospitano la Scuola di Fiesole fondata da Piero Farulli, la leggendaria viola del Quartetto Italiano, che Debussy, nelle pause tra le sue lezioni ai rampolli russi di madame von Meck e i concerti scrive le pagine del suo Trio per violino, violoncello e pianoforte.
Un lavoro di taglio tradizionale, romanticamente spalancato sull’Ottocento, che guarda alla cantabilità operistica francese, ma anche agli slanci lirici brahmsiani. I due movimenti che più toccano l'ascoltatore, come abbiamo già ricordato, sono il primo, l’Allegro, introdotto da un andantino con moto, la cui fragranza si oppone via via all’esuberanza cameristica del resto del movimento, chiaramente ispirato a Robert Schumann, autore al quale anche il giovane Debussy si affida con ammirazione; e poi il terzo movimento, l’Andante espressivo, che è aperto da una delicata melodia inizialmente affidata al violoncello, mentre la parte centrale entra nel vivo della scrittura armonica, dando vita a emozioni di non comune intensità.
L’ultima volta che avevamo ascoltato Debussy era con la Sonata per violino, scritta mentre il compositore francese stava morendo di cancro, nel 1917, a un anno appena dalla fine. Certo, Debussy compone le più importanti opere di musica da camera al tramonto, sconvolto da eventi che lo segnano nel profondo: la prima guerra mondiale e il decorso disperato del tumore. Qui invece ascoltiamo un Debussy che ha ancora tutta la vita davanti: non sarà il capolavoro dei suoi giorni più drammatici, ma la sua freschezza ci accompagna per mano e ci fa stare bene.
Buon ascolto.
Per approfondire lascolto
Sonatas and Trio
Renaud Capuçon, Bertrand Chamayou and Edgar Moreau (ERATO, disponibile anche su Apple Music e Google Play)
2) Chic à la française
Debussy, Hersant, Ravel
Trio Atanassov (Paraty, disponibile anche su Apple Music e Google Play)
3) Claude Debussy
Preludes: Volume I & Volume II
Arturo Benedetti Michelangeli, pianoforte (Deutsche Grammophon, disponibile anche su Apple Music e Google Play)