Eppure, ancora una volta una musica così bella, avvolgente e terapeuticamente efficace, prende le mosse da una situazione di disagio, diciamo pure di depressione. Una vera e propria crisi, di autostima e creativa. Nel 1987, a San Pietroburgo, c’era stata l’esecuzione della Prima Sinfonia di Rachmaninov: un fiasco clamoroso. Il compositore ha 24 anni, e a causa dell’insuccesso e del trauma legato all’accoglienza sfavorevole del primo lavoro sinfonico subisce una lunga battuta d’arresto. Parte della responsabilità di quel fiasco ricade sul collega Alexandr Glazunov che era sul podio. Resta il fatto che il giovane Rachmaninov assiste impotente alle stroncature della sua pagina e praticamente batte in ritirata. E che cosa accade? Che come spesso abbiamo raccontato – per esempio con l’esperienza di un altro grande russo, Pëtr Il’ič Čaikovskij, rinato da una profonda voragine depressiva grazie alla “Patetica” – Rachmaninov supererà il periodo di crisi con la composizione di pezzi destinati a diventare celeberrimi: fra gli altri, il Terzo Concerto per pianoforte, il famoso “Rach3” che qui abbiamo ascoltato nell’interpretazione di Vladimir Horowitz, e una seconda Sinfonia, l’Op. 27, oggi di gran lunga la più conosciuta, soprattutto per l’Adagio.
Tre anni di inattività compositiva e lunghe sedute dallo psicologo danno la dimensione del profondo stato di sofferenza interiore in cui era caduto Rachmaninov. Tuttavia, supera le difficoltà. E’ di quegli anni post-depressione, per esempio, il capolavoro del Secondo Concerto per pianoforte e orchestra (che abbiamo qui proposto nel maggio 2012). A poco a poco rinasce l’interesse nei confronti della composizione: durante il biennio 1906-1907 matura nel compositore l’idea di tornare a scrivere una Sinfonia. Sergej Rachmaninov ha 33 anni e un incarico di direttore al Teatro Bol’soj di Mosca, che ricopre dal 1904. Ed è lì che, dimostrando ancora una volta quella tempra tipicamente russa che ascoltiamo in tanti suoi passaggi rapsodici, dentro i quali c’è una forza irresistibile e contagiosa, cambia di nuovo prospettiva (lo farà anche cinque anni dopo attraversando la prima volta l’oceano per suonare negli Stati Uniti) e si trasferisce con la moglie e figlia a Dresda, in Germania, nella Sassonia. Sceglie una casa immersa nel verde, con sei stanze esposte al sole, e scrive: «Nessuna abitazione mi è mai piaciuta quanto questa. La disposizione degli spazi mi aiuta a lavorare. Le stanze da letto sono al piano di sopra, e sotto ci sono il mio studio e la sala da pranzo. Di sotto sono solo e posso vivere come un vero signore».
Ritrova le energie, guarisce, compone e si gode la musica: appena arrivato in Germania sente la “Salomè” di Richard Strauss (allora non c’erano i dischi come oggi e per conoscere partiture nuove gli stessi compositori dovevano andare a concerto). Ascolta la Missa Solemnis di Beethoven, la Messa in si minore di Bach (l’abbiamo presentata qui nel marzo 2010), il Tristano e i Maestri Cantori di Wagner e persino La vedova allegra di Lehàr («E’ un’opera di genio. Ho riso come un pazzo. Assolutamente meravigliosa»). L’atmosfera serena di Dresda si rivela ideale per progettare e mettere in cantiere la seconda Sinfonia. Scrive a un amico: «Qui viviamo come eremiti: non vediamo nessuno, non conosciamo nessuno e non andiamo da nessuna parte. Lavoro molto e mi sento bene... Non c’è niente per cui combattere, non voglio nulla di più, non invidio nessuno. Tutto ciò che desidero è che tutti stiano bene in salute e che il mio lavoro vada avanti con successo. Il secondo punto non si è ancora realizzato, ma chi può impedirmi di sperare?». Tuttavia, pochi mesi dopo l’atmosfera precipita di nuovo, e il compositore affronta ancora la malattia: «I miei occhi sono alquanto rovinati (...). Se mi stanco a leggere o a scrivere, la vista mi si annebbia e la testa mi dà dolore (...) Inizio a cadere in pezzi. Questo mi fa male, quell’altro mi fa male... Il più delle volte non riesco a dormire bene… Due settimane fa sono precipitato in uno strano stato d’animo, mi accade spesso quando compongo: un sentimento di angoscia, apatia, disgusto. A volte non riesco ad abbandonare quel pensiero. Vedremo che succederà».
Succede che nel 1908 la seconda Sinfonia è pronta. Alla “prima” di San Pietroburgo c’è lo stesso autore sul podio, abitudine che conserverà per gran parte della sua vita di musicista a tutto tondo: la triplice personalità di Rachmaninov, compositore-direttore-pianista, è stata una delle principali “attrazioni” durante le tournée in America, dov’era arrivato la prima volta nel 1909, e dove il suo formidabile virtuosismo pianistico richiamava un pubblico entusiasta, all’inizio più interessato al solista che alle composizioni. Questa volta il suo lavoro sinfonico è un successo. Alla replica del concerto a Mosca i critici scrivono: «Dopo un anno e mezzo di permanenza all’estero, nonostante abbia solo 34 anni, il nostro compositore è una delle figure più significative del mondo musicale, un successore degno di Čaikovskij. La durata è forse eccessiva per il normale pubblico. Ma che musica bellissima e fresca». Si tratta infatti di una sinfonia di ampie proporzioni. Alla prima esecuzione di San Pietroburgo i tempi di metronomo chiudono a 55 minuti. E in questa interpretazione di Antonio Pappano ai Proms di Londra, sul podio dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, la durata complessiva è di 58 minuti. Una lunghezza che nel periodo finale di vita negli Stati Uniti (Rachmaninov morirà nel 1943 in California, a Beverly Hills) finì per sottoporre la Sinfonia a 17 tagli per un totale di 300 battute, interventi che si suppone fossero autorizzati dall’autore.
Concentriamoci qui sul terzo movimento della Sinfonia. Suggeriamo l’Adagio (ma proponiamo la Sinfonia integrale, per la sua infinita suggestione), oltre che per la bellezza, perché rappresenta gli aspetti tipici della poetica di Rachmaninov, la vena nostalgica, illuminata da ampi squarci lirici. A dominare la scena sono le scelte melodiche, sempre ispirate ai temi popolari del ”melos” russo. Tutta la costruzione armonica poggia sui due temi dominanti: uno esposto dagli archi a più riprese e l’altro affidato al clarinetto, accompagnato da un’orchestra che per non offuscare le sue mezze tinte diventa raffinata e discreta.
Buon ascolto.
Per approfondire l'ascolto
Symphony No. 2 Op. 27
London Symphony Orchestra; Valery Gergiev, direttore (LSO Live, disponibile anche su Apple Music e Google Play Music)
2) Sergej Rachmaninov
Symphonies 1-3 - Symphonic Dances
Russian National Orchestra; Mikhail Pletnev, direttore (Deutsche Grammophon, disponibile anche su Apple Music e Google Play Music)
3) Sergej Rachmaninov
Symphony No. 2 Op. 27 - Vocalise
London Symphony Orchestra; André Previn (Warner Classics, disponibile anche su Apple Music e Google Play Music)