Musica che sottolinea come sempre il genio creativo bachiano, ma non ci impegna qui in particolari profondità di pensiero. Torniamo a Bach (l’ultima proposta del Kantor era stata a Natale) dopo avere ascoltato la Fantasia Op. 17 di Schumann, certamente capace di trasportarci nel più puro sogno romantico ma che obbliga a una dedizione assoluta per cogliere raffinate trame pianistiche. Questa pagina bachiana si potrebbe invece definire “leggera”, ovviamente nel significato che aveva al tempo del maturo Barocco strumentale: musica d’occasione, che l’autore mette sul pentagramma nel periodo di Köthen, quando per il Collegium Musicum della città sassone scrive con generosità ouvertures o suites, composizioni che più dei Concerti Brandeburghesi dovevano servire al divertimento, al passatempo, del principe e della corte. Il carattere è brioso, vivace, anche genuinamente popolare: accanto alle solite danze sul modello dei compositori francesi del ‘600-’700, per esempio, proprio la prima Suite ospita un andamento d’origine italiana, la “Forlana”, o friulana. L’elaborazione musicale, la freschezza dell’invenzione, l’incalzare del fraseggio, la fragranza del tessuto strumentale, e anche la cantabilità delle linee, ne fanno un ascolto che ci prende per mano senza pretese, un tappeto sonoro che lascia vagare la mente ma riempie la nostra vita di sensazioni positive, qualcosa che dà benessere senza che per forza dobbiamo soffermarci in una dimensione contemplativa.
Anche se, va ricordato per collocare l’opera nella giusta prospettiva, non c’è una nota qui che non sia stata elevata alle vette più alte del pensiero musicale. Certo, era “alla moda”, à la page, espressione di quella galanteria e delle festose maniere francesi che da Parigi s’erano riverberate in tutta Europa, anche nella cultura germanica, e che all’inizio del Settecento avevano affascinato ogni tedesco sensibile alle espressioni artistiche. Dunque anche Bach, il quale si mette sotto a comporre con esuberanza creativa, un po’ solleticato dal gusto della sfida con i colleghi francesi, dal confronto con i modelli strumentali che Jean-Baptiste Lully aveva portato alla perfezione, un po’ per qualche buona commissione aristocratica. Tuttavia, parte da quelle sonorità, da quello spirito di danza, di leggerezza, dai giardini di Versailles, per compiere il solito viaggio nella sublimazione assoluta, con «una libertà di rielaborazione, una fertilità inventiva, che distinguono le quattro composizioni dal conformismo della sterminata produzione contemporanea», scrive Arrigo Quattrocchi. «E sino al punto di elevarsi al di sopra di ogni esempio passato, presente e futuro», precisa il grande biografo del Kantor, Alberto Basso.
A tratti sono pagine trascinanti, nel vero senso della parola, impregnate di clima festoso, di gioia purissima, di esplosione d’adrenalina, come nella Ouverture della terza Suite orchestrale, la BWV 1068, talmente “performante” nell’energia rilasciata che spesso è inclusa nelle playlist di chi va a correre con la musica in cuffia, tra le immancabili hit pop e rock. E anche nella Suite No. 1 BWV 1066 che abbiamo scelto questa settimana, il pezzo di maggior peso dell'intera composizione è quello iniziale, l'Ouverture vera e propria.
Va qui segnalato, soprattutto a chi s’avvicina a questo repertorio per la prima volta, che nella discografia troverà spesso la dizione Ouvertures di Bach in alternativa a quella di Suite orchestrali. Si tratta, in realtà, delle stesse pagine. Il primo modo di indicarle, Ouvertures, deve il nome alla pagina che le introduce; la struttura è però quella tipica delle suites: libera successione di movimenti ispirati a ritmi di danza e articolati secondo la tradizione francese. La loro bellezza, che resiste allo scorrere dei secoli, non dipende ovviamente dal nome, a volte sintetizzato anche in ouverture orchestrale: dipende da quel senso di felicità che sgorga copioso da queste note, da quella sensazione di allegrezza, tripudio, accompagnate da un’inesauribile vena melodica, che possiamo ascoltare chiudendo gli occhi e immaginando l’apoteosi di costumi, parrucche, ventagli, ombrellini, chaperon e lacchè nei giardini e palazzi dell'Ancien Regime, e che, come suggerisce ancora Alberto Basso, «si prestava splendidamente a sostenere la funzione del maestro di cerimonie, del banditore, del camerlengo, tra banchetti interminabili, festini e parate di corte».
Buon ascolto.
Per approfondire l'ascolto
Les quatre Ouvertures
Les Concert des Nations; Jordi Savall, direttore (Alia Vox, disponibile anche su Apple Music e Google Play Music)
2) Johann Sebastian Bach
Ouvertures
Zefiro Ensemble (Arcana, disponibile anche su Apple Music e Google Play Music)
3) Johann Sebastian Bach
6 Brandeburg Concertos – 4 Orchestral Suites
The English Concert; Trevor Pinnock, direttore (Archiv, disponibile anche su Apple Music e Google Play Music)