Sintesi dell'intervista e punti chiave
Una situazione di grave ritardo, soprattutto rispetto ad altri Paesi europei (come Finlandia, Norvegia e Svezia) in cui fa la terapia il 52% delle donne e l’86% delle ginecologhe. Eppure l’esperienza dimostra che se la donna è ben consigliata – e indirizzata con intelligenza clinica alla terapia più adatta alle sue esigenze per tipo di ormoni, dosaggio e via di somministrazione – il ricorso alla cura, fatte salve alcune controindicazioni, diventa una scelta del tutto naturale. Il primo obiettivo di ogni buon medico, dunque, dovrebbe essere quello di illustrare correttamente benefici e rischi reali della terapia, contrastando l’allarmismo dei media e l’interpretazione superficiale di studi epidemiologici come il Women’s Health Initiative (WHI), che nel 2002 ha ingiustamente seminato il panico nell’opinione pubblica.
Quali sono le controindicazioni della terapia ormonale sostitutiva? In che senso i risultati del WHI sono stati travisati? Che vantaggi offre la terapia sul piano della salute? Gli ormoni sono l’unica risposta possibile ai disturbi menopausali?
In questa intervista illustriamo:
- le controindicazioni maggiori della terapia: tumori ormonodipendenti (alla mammella, all’utero o all’ovaio), epatiti acute o croniche, pregresse tromboflebiti, trombosi;
- le reali indicazioni emergenti dal WHI riguardo il collegamento fra ormoni e aumento del rischio di tumore della mammella;
- le patologie di cui, per contro, la terapia ormonale sostitutiva riduce l’incidenza: tutti i disturbi direttamente indotti dalla carenza di estrogeni (insonnia, depressione, irritabilità, calo del desiderio, deficit della memoria); la demenza di Alzheimer; il morbo di parkinson; i dolori articolari (la cui prevalenza nella popolazione femminile triplica dopo la menopausa); l’invecchiamento cerebrale; i disturbi sessuali; l’urgenza minzionale; l’incontinenza urinaria;
- gli altri criteri da seguire per prescrivere la terapia: segni clinici come la distrofia vulvovaginale (che comporta dispareunia, ossia dolore ai rapporti); segni strumentali (osteopenia, osteoporosi); età alla menopausa; tipo di menopausa; familiarità per malattie che peggiorano in assenza di estrogeni (Alzheimer, Parkinson, osteoporosi);
- come l’età di inizio della terapia sia un fattore critico: la terapia ormonale fa bene se usata subito dopo la menopausa, mentre può diventare rischiosa se avviata tardivamente;
- l’importanza di integrare la terapia ormonale con stili di vita sani: peso nella norma; alimentazione equilibrata; assunzione di calcio e vitamina D (in caso di intolleranza ai latticini); movimento fisico quotidiano; niente fumo e pochissimo alcol; sonno regolare; esercitare la mente; coltivare gli affetti, l’amicizia e l’amore.