EN
Ricerca libera
Cerca nelle pubblicazioni scientifiche
per professionisti
Vai alla ricerca scientifica
Cerca nelle pubblicazioni divulgative
per pazienti
Vai alla ricerca divulgativa

Terapia del dolore 2 - Che cosa accade quando la paziente non aderisce alla terapia

  • Condividi su
  • Condividi su Facebook
  • Condividi su Whatsapp
  • Condividi su Twitter
  • Condividi su Linkedin
04/03/2008

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Sintesi della relazione “Importanza della compliance nei pazienti in terapia cronica” presentata dalla Professoressa Graziottin al Corso ECM su “Evoluzione clinica, farmacologica e normativa della terapia del dolore”, Milano, 4 dicembre 2007

Introduzione

Nella scheda precedente (Terapia del dolore - Prima parte: Perché seguire bene le cure farmacologiche è essenziale per stare meglio?) abbiamo spiegato i concetti di compliance, aderenza e persistenza, e in che modo compliance e aderenza possano essere migliorate per ridurre il dolore e stare meglio.
In questa scheda illustriamo:
- il problema della non-aderenza alla terapia;
- i fattori che influenzano l’aderenza a livello di paziente;
- il ruolo negativo della depressione.

Il problema della non-aderenza

La non-aderenza al trattamento è un fenomeno di vasta portata che interessa tutta la medicina e può essere classificata in vari modi. Con riferimento al momento in cui si verifica può essere:
- primaria: i pazienti non si procurano nemmeno i farmaci che vengono loro prescritti;
- secondaria: il paziente interrompe una terapia già in atto. E’ la forma più frequente (WHO, 2003).
La non-aderenza può inoltre essere distinta in:
- sporadica: è legata alla distrazione o a uno stile di vita poco regolare. La non assunzione si verifica saltuariamente, soprattutto quando il paziente considera il trattamento come non prioritario o il regime terapeutico è troppo complesso;
- involontaria: il paziente non assume i farmaci in modo adeguato perché non comprende appieno lo schema di trattamento e/o la posologia prescritta e la necessità di una buona aderenza per il controllo della patologia. Può aumentare nel tempo perché i pazienti, soprattutto se anziani, tendono a dimenticare le indicazioni fornite dal medico: la non-aderenza involontaria può incidere notevolmente sull’efficacia del trattamento;
- ragionata: il paziente riduce volontariamente la dose del farmaco, o ne interrompe l’assunzione, o addirittura non inizia affatto il trattamento. Il termine “ragionata” sottolinea il peso della scelta cosciente, ma non implica ovviamente che la scelta fatta sia anche “ragionevole”! Questo tipo di comportamento viene attuato quando i costi complessivi della terapia, quantizzabili e non quantizzabili (stanchezza nell’assunzione, effetti collaterali, interferenza con la qualità della vita), sono percepiti come superiori ai possibili benefici. La “discontinuità farmacologica”, ossia l’interruzione della terapia, rappresenta il punto estremo della non-aderenza al trattamento.
Le diverse motivazioni della non-aderenza indicano l’importanza di:
- una comunicazione efficace tra medico e paziente;
- incontri/controlli periodici per verificare sia la comprensione del trattamento, sia l’aderenza;
- familiari e/o volontari – oltre che di medici, infermieri e altro personale sanitario – nel migliorare l’aderenza alla terapia, specie nei regimi cronici e/o con pazienti anziani o depressi.


In termini grafici, ecco come si può descrivere il “ciclo” della non-aderenza/aderenza:

Legenda

- “farmaco mai prescritto”: significa che il medico non ha compreso, percepito o diagnosticato le componenti biologiche del problema, specie in ambito antalgico;
- “farmaco mai acquistato”: significa che il dialogo tra medico e paziente è stato del tutto insoddisfacente nel motivare il paziente alla cura;
- “farmaco mai assunto”: implica poca chiarezza nella prescrizione, nella motivazione, nella discussione dei possibili effetti collaterali. Spesso infatti il/la paziente decide di non assumere il farmaco dopo aver letto il “bugiardino” con l’elenco – spesso preoccupante se non francamente angosciante – dei possibili effetti collaterali;
- “farmaco non riacquistato”: significa che il/la paziente: 
a) è migliorato/a o guarito/a;
b) non ha percepito i miglioramenti attesi;
c) ritiene che i miglioramenti ottenuti non siano giustificati dagli effetti collaterali percepiti, dai possibili rischi sul lungo termine, e/o dai costi, diretti e indiretti, quantizzabili (come il costo del farmaco, specie se non rimborsato dal SSN) e non quantizzabili, quali l’interferenza con le attività quotidiane e/o con il ritmo del sonno o l’appetito, gli effetti collaterali, l’impatto sulla qualità della vita, inclusa la vita sessuale;
d) ha subìto l’effetto “stanchezza”, specie se il regime di cura è polifarmacologico, complesso per regime e/o modalità d’assunzione o invasività, e/o se è cronico.

Che cosa succede in caso di non-aderenza alla terapia antalgica?

Nella terapia antalgica, la scarsa aderenza è la causa principale di:
- fallimenti terapeutici;
- peggioramento della malattia e del dolore;
- drop-outs (uscita dal protocollo di trattamento e di cura, rottura del rapporto fiduciario con il medico curante);
- insoddisfazione e frustrazione;
- solitudine e depressione reattiva;
- disperazione, intesa etimologicamente come “perdita della speranza”;
- aumento dei costi sanitari inefficaci: dal 33 al 69% dei ricoveri in ospedale per fattori correlati ai farmaci è dovuto alla non-aderenza.
In questo contesto, le cure antalgiche a lungo termine pongono problemi particolari. Il dolore cronico, infatti, si associa a sintomi neurovegetativi, emotivo-affettivi e cognitivi. Richiede per sua natura un trattamento polifarmacologico (più farmaci vengono prescritti/usati contemporaneamente) per ridurre i sintomi e controllare gli effetti collaterali. La complessità dei sintomi e il regime polifarmacologico cronico aumentano i problemi di compliance e di aderenza.

Quanto è diffusa la non-aderenza?

La World Health Organization (WHO) (Organizzazione Mondiale della Sanità, OMS) afferma che la non-aderenza ai farmaci è un fenomeno serio, di vaste dimensioni e con notevoli conseguenze sia per i singoli pazienti sia per la comunità. Numerosi studi segnalano che nei Paesi sviluppati l’aderenza alle prescrizioni terapeutiche da parte dei pazienti affetti da malattie croniche, e che devono quindi assoggettarsi a trattamenti di lunga durata, non supera il 50%. Secondo altri studi, l’aderenza alle terapie croniche varia dal 43 al 78%. L’entità del fenomeno nei Paesi in via di sviluppo è ovviamente ancora maggiore e richiede, a parere dell’OMS, urgenti approfondimenti sia per il tipo di patologie implicate – diabete, AIDS, ipertensione, malattie respiratorie e mentali – sia per l’impatto crescente che queste condizioni croniche sono destinate ad assumere nello scenario futuro dell’economia sanitaria.

Quali fattori influenzano l'aderenza a una terapia?

L’aderenza è un fenomeno complesso ed è il momento conclusivo di una serie di valutazioni da parte del paziente (a livello consapevole o meno) nei confronti della terapia e della malattia.
Gli elementi che sembrano giocare un ruolo rilevante sono molti, anche se rimangono centrali:
- la consapevolezza della malattia e dei rischi ad essa associati;
- l’efficacia percepita del trattamento;
- le impressioni relative ai possibili inconvenienti legati ai farmaci (costo ed effetti collaterali).
Il comportamento di ciascun paziente è pertanto frutto di un bilanciamento tra diversi fattori, alcuni dei quali sono specifici di gruppi o individui, mentre altri rivestono carattere universale.
Secondo la WHO, l’aderenza è influenzata da:
- tipo di patologia (e sua eventuale asintomaticità, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia);
- età, stato psichico (depressione, ansia, disturbi cognitivi) e livello culturale del paziente;
- caratteristiche del farmaco (per esempio, le modalità di assunzione: tutte le situazioni in cui è richiesta l’auto-somministrazione sono ad alto rischio di non-aderenza);
- effetti collaterali della terapia;
- qualità dell’assistenza medica (relazione medico-paziente, follow up);
- atteggiamenti problematici del paziente (per esempio, scarsa fiducia nel farmaco);
- ambiente in cui il paziente vive;
- tipo di sistema sanitario ed efficienza del meccanismo di distribuzione farmaceutica;
- fattori socio-economici generali.
Naturalmente il peso relativo di questi fattori varia da caso a caso. Per esempio, la non-aderenza agli oppioidi dipende principalmente da:
- gli effetti collaterali – reali o temuti – per il sistema nervoso centrale e l’apparato gastrointestinale;
- la paura di sviluppare dipendenza;
- la percezione di un supporto insufficiente da parte del medico.

Che cosa può migliorare l'aderenza alla terapia?

In positivo, l’aderenza è sicuramente favorita da:
- l’autonomia;
- la fiducia in se stessi;
- la capacità di risolvere le difficoltà di ogni giorno;
- il senso di responsabilità verso la propria vita;
- la qualità del rapporto medico-paziente.
Secondo uno studio della WHO, le principali variabili da prendere in considerazione sono riconducibili a cinque categorie (WHO, 2003):
- il/la paziente;
- la malattia;
- il regime terapeutico;
- il rapporto medico-paziente;
- il contesto socioeconomico e sanitario.
Iniziamo ad esaminare in dettaglio i fattori legati al/la paziente. Nella terza scheda (Terapia del dolore - Terza parte: Quali fattori interferiscono con l’aderenza? Come migliorarli?) illustreremo gli altri.

Quali sono i fattori di aderenza positivi, ossia che favoriscono l'aderenza, legati al/la paziente?

Questi fattori includono le risorse, gli atteggiamenti, le convinzioni, le percezioni, le aspettative del paziente stesso.
Tra i fattori positivi, si possono individuare:
- una conoscenza almeno approssimativa della malattia;
- una buona motivazione nei confronti del trattamento;
- una sostanziale fiducia nelle proprie capacità di gestire il regime terapeutico;
- una solida aspettativa circa l’efficacia della terapia.

E quali fattori sono invece negativi, in quanto riducono l'aderenza?

Tra i fattori negativi spiccano invece (Graziottin, 2007):
- nozioni inadeguate sulla malattia e sulla terapia;
- una mancanza di informazioni chiare sul regime terapeutico;
- una scarsa fiducia nel medico e/o nel sistema sanitario;
- la depressione: uno dei più potenti fattori di non-aderenza alla terapia e di discontinuità al trattamento, in ogni ambito specialistico. Essa andrebbe quindi valutata e trattata per migliorare sia il benessere obiettivo del paziente, sia la sua motivazione a continuare le cure (a questo proposito si veda anche la domanda successiva);
- l’ansia: entra in gioco soprattutto nell’irregolarità dell’assunzione dei farmaci per via orale, come è stato dimostrato ad esempio per la pillola contraccettiva (Walsemann, 2006);
- un elevato livello di stress emotivo e psicosociale;
- problemi di ordine finanziario;
- il timore di eventi avversi;
- le credenze culturali o religiose;
- la non percezione di un vantaggio personale e di un maggior benessere fisico e psichico rispetto alla non assunzione.

Quanto pesa la depressione sull'aderenza?

La depressione è un disturbo sistemico. Se è vero che il dolore fisico ed emotivo è un fattore scatenante chiave della depressione, è altrettanto dimostrato che la depressione acuisce la percezione del dolore e si esprime attraverso una serie molto ampia di sintomi fisici che ne rappresentano il correlato somatico:
- dolore “inspiegabile”;
- dolore pelvico cronico (Chronic Pelvic Pain, CPP), mal di schiena, dolore al petto, dolore articolare, dolore agli arti, mal di testa, dolore corporeo, fibromialgia;
- affaticamento, astenia, mancanza di energie;
- insonnia e altri disturbi del sonno;
- disturbi gastrointestinali;
- crampi addominali, gonfiore, bruciore di stomaco, diarrea, stipsi;
- disturbi del desiderio e altri disturbi sessuali;
- perdita o aumento di peso;
- perdita o aumento di appetito;
- vertigini e palpitazioni.
Il medico ha un ruolo chiave nell’individuare la segreta simmetria fra umore e percezione del dolore. E dal momento che la depressione è una causa molto potente di non-aderenza alle terapie antalgiche, gli antidepressivi sono essenziali per migliorare la compliance, oltre che per ridurre la percezione del dolore. Essi agiscono a livello non solo del sistema nervoso centrale ma anche nei tessuti periferici, e in particolare sui recettori serotoninergici tissutali e nella modulazione della risposta infiammatoria mastocitaria.

In sintesi

- La non aderenza alle terapie farmacologiche è un problema cruciale in medicina, che condiziona il peggioramento della malattia e del dolore, e provoca frustrazione, insoddisfazione, solitudine e depressione
- Dal 33 al 69% dei ricoveri in ospedale per fattori correlati ai farmaci è dovuto alla non-aderenza
- Fattori positivi e negatici possono modulare l’aderenza
- La loro conoscenza è cruciale per migliorare l’efficacia dei trattamenti farmacologici nella vita reale dei/delle pazienti

Approfondimenti specialistici

Graziottin A.
Contraccezione ormonale. Le ragioni forti della compliance e dell'aderenza alla terapia
Il Pensiero Scientifico Editore, Roma, 2007

Walsemann K.M. Perez A.D.
Anxiety's relationship to inconsistent use of oral contraceptives
Health Education & Behavior 2006; 33 (2): 197-214

World Health Organization (WHO)
Adherence to long-term therapies. Evidence for action
Geneva, Switzerland, 2003

Vuoi far parte della nostra community e non perderti gli aggiornamenti?

Iscriviti alla newsletter