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Papillomavirus: il punto dopo l'immissione del vaccino - Seconda parte
Il significato del Papillomavirus per la salute della donna

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05/06/2009

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Che cosa implica per una donna contrarre l'HPV di tipo 6 o 11?

I tipi virali 6 e 11 sono classificati come HPV a basso rischio oncogeno, ossia non direttamente responsabili del rischio di causare un tumore o una lesione precancerosa. Come anticipato, sono però la causa principale dei condilomi genitali e di circa il 10% delle lesioni iniziali al collo dell’utero (CIN 1) (Longworth e Laimins, 2004; Muñoz et Al, 2006; Smith et Al, 2007).
Il vaccino quadrivalente è l’unico in grado di prevenire il 96% di queste lesioni e il 99% dei condilomi genitali.
Prevenire queste patologie potrebbe avere dei risvolti più ampi nel prossimo futuro. Recenti studi, infatti, hanno messo in luce come le donne con un trascorso di condilomi abbiano un rischio più alto di sviluppare lesioni alla cervice uterina e il cancro; il che è verosimilmente spiegato dal maggior rischio di avere contratto un’infezione multipla e quindi anche altri tipi di HPV che causano il cancro.
Anche se i condilomi genitali non sono una patologia mortale, possono causare molti sintomi clinici, come ad esempio bruciore, prurito, sanguinamento e dolore genitale, sia in sé, sia, e soprattutto, come conseguenza di trattamenti laser o diatermocoagulativi (Graziottin e Serafini, 2009). La condilomatosi genitale, specie recidivante, può anche provocare stress psico-sociale con conseguenze sulla percezione della stima di sé e all’interno della vita di coppia. Sondaggi internazionali riportano che il 61 per cento delle donne ha dichiarato di essere molto preoccupata sul rischio di ammalarsi di condilomi; il 41 per cento delle pazienti ha riferito di aver cambiato, dopo l’infezione, il proprio stile di vita, anche dal punto di vista sessuale.
Sebbene siano efficaci nel breve termine, le terapie fisiche ablative sono dolorose e i casi di recidiva possono essere frequenti perché, anche se la lesione è stata eliminata, l’infezione persiste.
I condilomi genitali rappresentano anche un peso economico per la società. In Italia, dove si stimano circa 125 mila casi di condilomatosi all’anno, la spesa a carico del Servizio Sanitario Nazionale per la loro cura si attesta intorno ai 30 milioni di euro.

Oltre al cancro del collo dell'utero quali altre patologie sono causate dall'HPV?

L’HPV è responsabile di molte patologie infettive che interessano l’apparato genitale femminile e maschile.
Innanzitutto, come anticipato, causa patologie non tumorali ma molto diffuse, come ad esempio le lesioni di basso grado al collo dell’utero (CIN 1) e i condilomi genitali. Questi ultimi sono una patologia infettiva benigna, molto diffusa, fastidiosa e difficile da curare perché tende a recidivare. Colpisce sia le donne che gli uomini.
Gli HPV oncogeni causano invece lesioni cellulari evolutive che possono essere definite come “l’anticamera” del tumore, tra cui le lesioni precancerose (Jones, 2001; Clifford, 2005; Hoots et Al, 2008):
- al collo dell’utero: Cervical Intraepithelial Neoplasia, CIN 2/3;
- alla vulva: Vulvar Intraephitelial Neoplasia, VIN 2/3;
- alla vagina: Vaginal Intraepithelial Neoplasia, VAIN 2/3;
- all’ano: Anal Intraepithelial Neoplasia, AIN 2/3;
- al cavo orofaringeo: Oral Intraepithelial Neoplasia, OIN 2/3.
Oltre al cancro invasivo del collo dell’utero, i Papillomavirus causano altri tumori che si localizzano su vulva, vagina, ano, pene e cavo oro-faringeo, quando le lesioni precancerose sopracitate progrediscano superando la membrana basale degli epiteli e iniziando quindi l’invasione vascolare (Jones, 2001; Longworth e Laimins, 2004; Clifford, 2005; Muñoz et Al, 2006; Hoots et Al, 2008).

Perché vaccinarsi contro l'HPV se ad oggi esiste già la possibilità di prevenzione offerta dai programmi di screening ginecologici (pap-test)?

Il cancro del collo dell’utero si previene efficacemente attraverso la combinazione di prevenzione primaria e secondaria, ossia con la complementarietà di vaccinazione e screening.
La vaccinazione non protegge contro tutti i tipi di HPV che causano il tumore. Lo screening invece non è in grado di prevenire le patologie, ma è necessario per diagnosticare precocemente la presenza del virus ed eventuali patologie correlate ad esso. In una variabile percentuale di casi (10-15%) l’organismo è in grado di effettuare una clearance completa del virus, ossia eliminarlo.
Nei restanti casi il virus può restare in forma silente, all’interno del DNA della cellula infettata, o dare segno di sé attraverso i condilomi (nel caso di ceppi 6 e 11) o attraverso progressive trasformazioni precancerose della cellula neoplastica, in caso di virus oncogeni (per esempio, i ceppi 16 e 18 che causano il 70% delle lesioni precancerose e dei carcinomi del collo dell’utero). In caso di manifestazioni cliniche, si dovrà intervenire con interventi medici di varia natura, tanto più efficaci e risolutivi quanto più la diagnosi è precoce.
Dal punto di vista farmacoeconomico, la review dei principali lavori condotti sul tema della cost-effectiveness conclude che “il programma di vaccinazione della sola popolazione femminile è cost-effective se paragonato ai correnti programmi di screening del cancro cervicale mediante pap-test, mentre la vaccinazione di maschi e femmine non è cost-effective se paragonata alla vaccinazione delle sole donne” (Marra et Al, 2009).

La diagnosi precoce con pap-test è sempre efficace?

La diagnosi precoce a volte può essere parziale o incompleta (Insinga, 2004). È molto efficace nelle donne che vengono controllate regolarmente con il pap-test ed eventuale colposcopia. Tuttavia il rischio di sviluppare un carcinoma cervicale aumenta con la mancanza di screening, oppure se i controlli sono a cadenza irregolare, e/o se la donna non mostra aderenza ai piani di cura. La sicurezza diagnostica è ridotta dalla limitata sensibilità dell’esame colpocitologico, che porta ad un numero relativamente elevato di falsi negativi, e alla minore efficacia nella diagnosi di adenocarcinoma; inoltre, carcinomi più aggressivi possono svilupparsi tra le visite di screening (cancri “d’intervallo”).
Ecco perché solo l’associazione di vaccinazione e screening è in grado di salvare molte vite di donne dal cancro del collo dell’utero.
La vaccinazione HPV protegge anche contro altre patologie HPV correlate, come ad esempio le lesioni precancerose di vulva e vagina, le lesioni iniziali al collo dell’utero e i condilomi genitali. Tramite la prevenzione primaria si riduce inoltre la sofferenza psicologia e fisica che nasce nelle donne al momento di una diagnosi positiva.

Prima di vaccinarsi non sarebbe più corretto eseguire un HPV test?

Non necessariamente. L’HPV test è un esame utile nell’ambito della prevenzione secondaria e negli approfondimenti diagnostici, poiché permette di scoprire la presenza dell’infezione da HPV. La vaccinazione è invece un atto di prevenzione primaria che elimina il rischio di contrarre il virus. Inoltre una giovane donna che risulti positiva genericamente a un test HPV potrebbe non aver incontrato uno dei 4 tipi vaccinali, ma uno dei molti altri circolanti, e quindi essere ancora completamente sensibile all’azione preventiva vaccinale.
Inoltre in un’ottica di cost-effectiveness, molte società scientifiche – fra cui l’American College of Obstetrics and Gynecologists (ACOG) – sconsigliano di effettuare un prescreening con test di tipizzazione per l’HPV, trattandosi di prevenzione primaria, che per definizione si applica in una popolazione generale. Diverso è l’approccio e l’approfondimento diagnostico che ogni medico poi svolge nella sua pratica clinica quotidiana nel caso di donne con anomalie citologiche o pregresse patologie HPV correlate.

Se una donna nel corso della sua vita ha già contratto un tipo di HPV può comunque vaccinarsi? Se sì, perché?

Sì, perché il vaccino è in grado di offrire una protezione contro più tipi di virus. Anche se una donna ne avesse contratto uno, senza magari sviluppare alcuna malattia, la vaccinazione è pienamente efficace contro gli altri tipi di virus inclusi nel prodotto, mantenendo inalterata la sua sicurezza ed efficacia.
Inoltre è necessario sottolineare che spesso l’infezione da HPV è asintomatica e non si sa se e quale tipo si è contratto.
Si stima che più del 75 per cento della popolazione sessualmente attiva entri in contatto almeno una volta, nel corso della propria vita, con il papillomavirus.

In Italia la vaccinazione anti HPV è raccomandata per le bambine di 12 anni. Questo vuol dire che dopo questa età non ha più efficacia? Chi si può vaccinare?

La vaccinazione con il vaccino quadrivalente anti HPV è indicata per gli adolescenti dai 9 ai 15 anni e per le donne dai 16 ai 26 anni (il bivalente è indicato fino ai 25 anni).
In Italia il Ministero della Salute ha avviato una campagna di vaccinazione nazionale raccomandata per la sola fascia delle 12enni; un’età nella quale molto probabilmente ancora non si è entrati in contatto con il virus e si è quindi in grado di ottenere una perfetta risposta al vaccino. Tuttavia ogni donna potrà trarre beneficio da questo atto di prevenzione per la propria salute perché studi clinici hanno confermato la massima efficacia indipendentemente dall’età in cui ci si vaccina.
Relativamente al vaccino quadrivalente contro l’HPV, gli ultimi dati scientifici presentati l’anno scorso durante la Conferenza Internazionale sul Papillomavirus (ICP) a Pechino, hanno inoltre dimostrato che la vaccinazione è efficace – nel senso di indurre titoli anticorpali adeguati per quantità e persistenza nel tempo – anche nelle donne fino ai 45 anni d’età.

Quali sono le conseguenze a cui una donna può andare incontro se non si vaccina?

La diffusione dell’HPV è ubiquitaria ed è massima tra i giovani. La trasmissione avviene per contatto sessuale; non è necessario che avvenga un rapporto completo.
L’uso del profilattico, il cui uso è fondamentale per la prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse, è legato ad una riduzione del rischio di contrarre il virus, ma la protezione è parziale, soprattutto per l’incostanza d’uso e per il fatto che se la donna cerca un figlio non userà più protezioni di barriera.
Al di là delle conseguenze cliniche legate al possibile sviluppo delle patologie HPV correlate, non va dimenticato cosa vuol dire per una donna ricevere una diagnosi positiva di infezione o, nei casi più gravi, di malattia già sviluppata. Ansia, paura per il futuro, incertezza e sfiducia verso il partner, oltre ad una disistima di se stessa, rappresentano la punta di un iceberg che nasconde anche possibili conseguenze sulla vita sessuale e sull’impossibilità di avere figli, in caso di lesioni cancerose che comportino l’asportazione dell’utero in età fertile (Graziottin e Serafini, 2009).

Conclusioni

Per tutte queste ragioni, la vaccinazione anti HPV va considerata un’importante atto di prevenzione primaria oncologica, la cui efficacia giustifica i costi.
Va comunque sempre raccomandato l’uso del profilattico, sia per prevenire l’infezione da parte dei ceppi verso il quali il vaccino non dà protezione (né diretta, né crociata), sia per ridurre il rischio di contrarre altre malattie a trasmissione sessuale.
Infine, va ricordata l’importanza della prevenzione secondaria, che va mantenuta, mediante pap-test e – quando indicato – colposcopia, vaginoscopia, o vulvoscopia, e biopsia mirata.

Approfondimenti specialistici

Clifford G.M.
Human papillomavirus genotype distribution in low-grade cervical lesions: comparison by geographic region and with cervical cancer
Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 2005; 14: 1157-1164


Graziottin A. Serafini A.
HPV infection in women: psychosexual impact of genital warts and intraepithelial lesions
The Journal of Sexual Medicine, 2009 Mar; 6 (3): 633-645


Hoots B.E., Palefsky J.M. Pimenta J.M. Smith J.S.
Human papillomavirus type distribution in anal cancer and anal intraepithelial lesions
Int J Cancer. 2008 Dec 15; 124 (10): 2375-2383


Insinga R.P.
Diagnoses and outcomes in cervical cancer screening: a population-based study
Am J Obstet Gynecol 2004; 191: 105–113


Jones R.W.
Vulval intraepithelial neoplasia: current perspectives
Eur J Gynaecol Oncol 2001; 22: 393-402


Longworth MS, Laimins LA.
Pathogenesis of Human Papillomaviruses in Differentiating Epithelia
Microbiology and Molecular Biology Reviews, 2004, 362-372


Marra F. Cloutier K. Oteng B. Marra C. Ogilvie G.
Effectiveness and cost effectiveness of human papillomavirus vaccine: a systematic review
Pharmacoeconomics. 2009; 27 (2): 127-47


Muñoz N. Castellsaguè X. Gonzàles A.B. Gissman L.
HPV in the etiology of human cancer
Vaccine 2006; 24 (suppl. 3): S3/1-S3/10


Smith J. Lindsay L. Hoots B. Keys J. Franceschi S. Winer R. Clifford G.M.
Human papillomavirus type distribution in invasive cervical cancer and high-grade cervical lesions: A meta-analysis update
Int. J. Cancer, 2007: 121, 621-632

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