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Osteoporosi: come riconoscerla, come prevenirla, come curarla – Parte 1

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24/06/2015

Dr.ssa Novella Russo
Ginecologa, Centro Demetra di Grottaferrata (Roma)
Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

Introduzione

Viene definita “il nemico silenzioso” della salute dell’osso. E “ladra di salute”, perché quando si giunge alla diagnosi di osteoporosi, la perdita minerale di calcio dallo scheletro è ormai così importante da determinare un’alterazione sia della qualità che della quantità di osso, con conseguenze e ripercussioni sempre più pesanti sulla vita quotidiana, sull’umore, sulla capacità di autonomia e sull’aspettativa di salute, spesso compromessa in modo irrimediabile (Kuru et Al 2014).

Che cos'è l'osteoporosi?

E’ una patologia scheletrica caratterizzata da una compromissione della resistenza ossea che predispone a un aumento del rischio di frattura (Kanis et Al 2013).
L’osteoporosi è una malattia insidiosa e ancora poco conosciuta: o meglio, poco riconosciuta. Ciò è dovuto al fatto che resta per lungo tempo asintomatica, finché non si manifestano i segni legati alle sue conseguenze: le fratture.

Quante persone colpisce?

Ogni anno in Italia si verificano circa 250.000 fratture da osteoporosi, di cui oltre 80.000 di femore (Piscitelli et Al 2011).
I risultati dello studio ESOPO indicano come, nel nostro Paese, per ogni 4 uomini colpiti da osteopenia/osteoporosi vi siano ben 10 donne affette dalla stessa patologia.
Ciò accade perché le donne, rispetto agli uomini, posseggono una minore quantità di tessuto osseo e, con l’arrivo della menopausa, vanno incontro a una maggiore e più accelerata perdita di massa scheletrica: una donna su 3, contro un uomo su 8, di età superiore ai 50 anni incorrerà in una frattura da fragilità nel resto della sua vita.
Lo studio EVOS, condotto su 155 milioni di persone fra i 50 e i 79 anni d’età, abitanti in 19 diverse nazioni europee, ha riportato un numero complessivo di 1.400.000 fratture vertebrali l’anno. Ciò significa che in Europa si verificano:
- 3.835 fratture vertebrali ogni giorno;
- 160 fratture vertebrali ogni ora;
- 3 fratture vertebrali ogni minuto.
Il progressivo invecchiamento della popolazione mondiale e l’incremento dell’aspettativa di vita ha portato a un aumento esponenziale del numero di fratture nella popolazione anziana: si stima che del 2050 vi sarà un incremento del numero di fratture di femore nel mondo da 1,66 milioni del 1990 a 6,26 milioni, con una crescita vertiginosa dei costi sanitari legati alle cure.
L’osteoporosi oggi è riconosciuta come una delle più importanti patologie che affligge il genere umano, insieme con il diabete mellito e l’ipertensione arteriosa.

Che cosa caratterizza l'osso sano?

L’osso è un tessuto estremamente dinamico, contrariamente a quanto si pensi. Possiede infatti due gruppi di operai:
- gli operai costruttori (“osteoblasti”), che lavorano soprattutto di giorno, quando siamo attivi. Lavorano meglio in presenza degli ormoni sessuali (estrogeni, testosterone, deidroepiandrosterone). Gli osteoblasti non si limitano a costruire l’osso: se facciamo attività fisica, lo costruiscono secondo un progetto biomeccanicamente adeguato. Depositano cioè il calcio lungo le impalcature di collagene che seguono le linee di forza e di gravità stimolate dall’attività fisica. L’osso diventa allora non solo più ricco di calcio , e quindi più denso, ma anche più elastico e dunque capace di resistere meglio a sollecitazioni meccaniche che altrimenti potrebbero causare una frattura;
- gli operai distruttori (“osteoclasti”), che riassorbono l’osso: sono più attivi di notte, quando siamo a letto perché malati, quando non facciamo attività fisica. Gli osteoclasti sono più attivi anche quando la donna è priva di ormoni sessuali; perché è temporaneamente senza mestruazioni (amenorrea da stress o da dieta); quando è in amenorrea da allattamento (per la concomitanza della carenza di estrogeni e dell’aumentata richiesta di calcio per produrre il latte per il piccolo); e dopo la menopausa. La loro azione distruttiva è ancora maggiore se sono carenti la vitamina D, il calcio e il magnesio.
L’osso sano è caratterizzato da un equilibrio dinamico tra attività dei costruttori e dei distruttori. Quando prevalgono i distruttori aumenta il riassorbimento dell’osso, responsabile prima dell’osteopenia e poi dell’osteoporosi.

Stadi dell'osteoporosi

La progressiva demineralizzazione dell’osso fa passare da una condizione di normalità a una di osteopenia lieve, media e, infine, grave.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito il grado di demineralizzazione dello scheletro basandosi sul punteggio T, ovvero sul confronto con la Densità Minerale Ossea dell’adulto giovane, effettuato tramite un’apparecchiatura dedicata.
Con la misura della mineralizzazione ossea (MOC) si può stabilire quale sia il rischio fratturativo per una determinata persona (Bernabei et Al 2014).
La valutazione della Densità Minerale Ossea (BMD) rappresenta a tutt’oggi il miglior indice predittivo di frattura, ma il T score che ne deriva non può essere considerato valido per stabilire una soglia terapeutica. Per stabilire quando iniziare la terapia, si deve tener conto anche di una serie di fattori clinici che concorrono a determinare il rischio, indipendentemente dalla densità minerale ossea, quali l’età, l’eventuale asssunzione di cortisonici, il fumo e la peso corporeo.
Quindi, per una più corretta valutazione del rischio vanno considerati sia la BMD sia i fattori clinici, che insieme determinano il rischio di frattura a 10 anni.

Quali sintomi causa?

Il dolore rappresenta il sintomo principale. Solitamente esordisce in maniera brusca ed intensa, tanto da determinare una limitazione funzionale dopo un trauma o uno sforzo di minima entità. Vediamo più in dettaglio i diversi tipi di frattura.

Fratture vertebrali

Le fratture vertebrali possono avvenire:
- a seguito di una caduta;
- come conseguenza di movimenti scorretti come il piegarsi in avanti per raccogliere un oggetto o causati dal sollevare un peso (prendere un bimbo in braccio, portare le borse della spesa);
- spontaneamente, senza una vera causa apparente.
La maggior parte delle fratture vertebrali determina una sintomatologia lieve, con un disagio diffuso alla colonna. Si tratta in genere di microfratture, il cui effetto dannoso macroscopico è di tipo sommatorio: tante piccole fratture causano un progressivo silenzioso usurarsi della vertebra fino ai sintomi drammatici del “crollo” vertebrale. Tant’è vero che solo il 20-30% delle fratture vertebrali viene diagnosticato e riconosciuto radiologicamente in modo tempestivo. Il restante 70-80% passa inizialmente inosservato e sottovalutato, nonostante comporti un rischio moltiplicato per 4 di una successiva frattura, anche di femore.
Le fratture vertebrali si possono manifestare anche con un dolore continuo e persistente, riferito centralmente, nella porzione superiore della schiena, in corrispondenza delle vertebre toraciche, quelle più frequentemente soggette a lesioni e deformazioni, o più in basso, in sede lombare (Fujii et Al 2013). Può succedere che questo dolore venga interpretato come una tensione o uno strappo muscolare, o come la conseguenza di una compressione da parte di osteofiti sulle radici nervose emergenti dalla colonna vertebrale, e dunque, di regola, non riconosciuto (El Maghraoui et Al 2013).
Il sintomo altre volte può essere dato da un dolore improvviso e violento alla schiena, che di solito, specie se a livello lombare, rende difficili o quasi impossibili i movimenti e che può durare in media da due a quattro settimane, costringendo a un riposo forzato.

Fratture del femore

Le fratture di femore sono più rare ma più temibili. Di solito colpiscono persone più anziane, con un’osteoporosi più avanzata, a seguito di una caduta o anche solo per estrema fragilità ossea. Richiedono il ricovero in ospedale, un intervento chirurgico, una riabilitazione.
La frattura del collo femorale costituisce uno dei maggiori problemi sanitari nei Paesi sviluppati, in quanto è causa di significativa morbilità, è gravata da rilevante mortalità e comporta alti costi economici. La sua incidenza aumenta esponenzialmente dopo i 45 anni di età e la maggior parte delle fratture d’anca (circa il 60%) viene riscontrata nelle donne anziane con un’età superiore ai 75 anni.

Fratture del polso

Una tipica sede di frattura da osteoporosi è quella del polso (frattura di Colles): comune in età medio-avanzata, deriva dalla caduta su braccio esteso. La grande maggioranza riguarda le donne con età superiore ai 65 anni. L’incidenza delle fratture di Colles raggiunge il massimo incremento nei primi 5 anni dalla menopausa e poi si stabilizza dopo i 60 anni. La stabilizzazione o, addirittura, il declino dei tassi d’incidenza sono spiegabili con la riduzione dei riflessi protettivi e della coordinazione neuromuscolare, che determina una riduzione della tendenza a protendere il braccio durante le cadute. Con l’aumentare dell’età, pertanto, le donne tendono a cadere più facilmente sulle anche che sulle mani.
Anche le fratture di omero o di altri siti non vertebrali. che si verificano a causa di traumi di lieve entità, possono essere considerate da osteoporosi.

C'è qualche sintomo specifico dell'osteoporosi?

Sì, il dolore da osteoporosi ha una sua specificità che permette di riconoscerlo: contrariamente a quanto avviene con l’artrosi, il dolore cronico da osteoporosi è assente dopo un periodo di riposo (ad esempio al mattino appena alzati) e si manifesta gradualmente durante la giornata, aumentando con il prolungarsi della posizione eretta e con l’attività fisica (Iba et Al 2010).
E’ il classico mal di schiena che costringe la donna ad andare a sdraiarsi e a riposare dopo pranzo, dopo che è stata a lungo ferma in piedi (può aver cucinato o stirato o lavato i piatti o svolto qualsiasi altra attività che richieda il sostare lungamente ferma in piedi). Spesso è localizzato solamente alla schiena (colonna lombare), a differenza del dolore da artrosi che è diffuso un po’ a tutte le articolazioni e che tende a diminuire con l’attività fisica.

Quali sono i segnali da non trascurare?

- Il mal di schiena, con le caratteristiche della cronicità sopra citate, dovuto alle microfratture nel corpo vertebrale, per il quale vanno sempre richiesti un esame radiologico della colonna vertebrale in 2 proiezioni e la morfometria (Bartl et Al 2006).
- La riduzione della statura: poiché le fratture vertebrali si ripetono con un effetto domino a breve distanza di tempo, si può osservare un abbassamento dell’altezza che può giungere a 12-20 cm. Può, dunque, essere utile misurare la propria altezza ogni anno: una riduzione maggiore di 2-3 cm può essere espressione di un evento fratturativo decorso in maniera asintomatica.
- L’aumento della cifosi dorsale: con le fratture e i collassi dei corpi vertebrali, anche la postura si modifica, incurvandosi. Si notano così un incurvamento della schiena e una maggiore prominenza del ventre con una compressione che contribuisce al peggioramento della sintomatologia algica e, nel tempo, può portare a una riduzione della funzione polmonare.

Come si fa la diagnosi

La diagnosi clinica avviene in rapporto ai sintomi, all’entità e alle caratteristiche del dolore, alla sua durata, alla limitazione funzionale, alla riduzione in altezza (per le fratture vertebrali), ai segni di patologie associate;
Nella diagnosi biochimica, vanno sempre indagate le cause che hanno determinato l’osteopenia /osteoporosi per individuare la presenza di forme secondarie ad altre patologie. Le analisi principali riguardano il metabolismo fosfo-calcico e la valutazione del turnover osseo:
- esami di I livello: VES; emocromo completo; glicemia; protidemia frazionata; calcemia; dosforemia; fosfatasi alcalina totale; creatininemia; calciuria delle 24 h;
- esami di II livello: transaminasi; TSH, fT3, fT4; PTH; 25-OH-vitD; cortisoluria/24h; testosterone libero (nei maschi); elettroforesi delle proteine urinarie; anticorpi antigliadina, antiendomisio, antitransglutaminasi; esami specifici per eventuali patologie associate; marker del turnover osseo.
L’esame radiografico, infine, è in grado di documentare o escludere la presenza di fratture e di seguirne l’evoluzione nel tempo.

Esempi di deformità tipiche dei crolli vertebrali da osteoporosi

- Vertebre a cuneo
- Vertebre a rocchetto
- Vertebre a focaccia

Approfondimenti specialistici

Bartl R, Frisch B.
Osteoporosi: diagnosi, prevenzione, terapia
CIC Edizioni Internazionali, Roma, 2006

Bernabei R, Martone A.M, Ortolani E, Landi F, Marzetti E.
Screening, diagnosis and treatment of osteoporosis: a brief review
Clin Cases Miner Bone Metab 2014 Sep-Dec 11(3) 201-207

El Maghraoui A, Rezoi A, Mounach A, Achemial L, Bezza A,Ghoziani I.
Systematic vertebral fracture assessment in asymptomatic postmenopausal women
Bone 2013 Jan; 52 (1): 178-80

Fujii T, Sakuma Y, Orita S, Inoue G, Ochiai N, Kuniyoshi K, Aoki Y, Ishikawa T, Miyagi M, Kamoda H, Suzuki M, Kubota G, Inage K, Sainoh T, Sato J, Yamauchi K, Toyone T, Nakamura J, Kishida S, Takahashi K, Koshi T, Ohtori S.
Dichotomizing sensory nerve fibers innervating both the lumbar vertebral body and the area surrounding the iliac crest a possible mechanism of referred lateral back pain from lumbar vertebral body
Spine, 2013 Dec 1; 38 (25): E 1571-4

Iba K, Yamashita T.
Control of bone remodelling by nervous system. Nerve distribution and pain in bone tissue
Clin Calcium, 2010 Dec; 20 (12): 1793-9

Kanis J.A, McCloskey E.V, Johansson H ,Cooper C, Rizzoli R, Reginster J.Y.
European guidance for the diagnosis and management of osteoporosis in postmenopausal women
Osteoporos Int. 2013; 24 (1): 23-57

Kuru P, Akjuz G, Luleci E.
Fracture history in osteoporosis, risk factors and its effect on quality of life
Balkan Med J. 2014 Dec; 31 (4) 295-301

Piscitelli P, Tarantino U, Brandi M.L.
Epidemiologia delle fratture da fragilità in Italia
Atti del XI Congresso Nazionale della Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMMS), 2010

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