EN
Ricerca libera
Cerca nelle pubblicazioni scientifiche
per professionisti
Vai alla ricerca scientifica
Cerca nelle pubblicazioni divulgative
per pazienti
Vai alla ricerca divulgativa

Trattata come un essere umano: un'esperienza possibile anche in ospedale

  • Condividi su
  • Condividi su Facebook
  • Condividi su Whatsapp
  • Condividi su Twitter
  • Condividi su Linkedin
07/10/2011

Le vostre lettere alla nostra redazione

La nostra identità di “pazienti” è identificata da numeri e codici: la nostra tessera sanitaria, infatti, riporta un codice assistito che ci identifica e, ogni volta che prenotiamo un esame, la nostra presenza è attestata da un numero. Questa è la realtà nella quale, non so se purtroppo o per fortuna, ci troviamo a vivere oggi. Sì, perché poi ognuno di noi, da paziente, si aspetta che al di là di quel numero il medico ci riconosca come essere umano.
Non sempre, però, le cose stanno così e nel caso in cui le cose non vadano come ci si aspetta, siamo inclini a lamentarci: siamo pronti a scrivere, telefonare, a volte ci rivolgiamo addirittura a un avvocato per intraprendere una causa legale; quando invece le cose funzionano, non solo non segnaliamo nulla, ma non riconosciamo neppure l’eccellenza di chi riesce a fare la differenza.
E’ per tale motivo che vorrei raccontare brevemente la mia esperienza.
Dovevo sottopormi a un’isteroscopia, e quindi mi sono rivolta a una rinomatissima struttura pubblica per eseguire l’esame. Ho prenotato quindi l’esame “intra moenia” per poterlo effettuare nel più breve tempo possibile e nel giro di pochi giorni, infatti, ho ottenuto l’appuntamento.
Il medico, però, non è riuscito ad effettuare l’esame a causa dell’eccessivo dolore causato, secondo la sua diagnosi, da una “stenosi del canale cervicale”; pertanto mi ha suggerito di fare lo stesso esame ma in sedazione, vista l’impossibilità a procedere in uno stato di veglia. Quello stesso giorno il medico mi ha informata che l’attesa per eseguire l’esame in sedazione con il Servizio Sanitario Nazionale sarebbe stato di circa sei mesi, pertanto ho chiesto un preventivo per effettuare lo stesso esame privatamente. Il giorno seguente l’ospedale mi ha inviato il preventivo: circa seimila euro!
A quel punto ho contattato la mia ginecologa, chiedendole un suggerimento sul da farsi, poiché sei mesi di attesa sarebbero stati davvero lunghi e, d’altronde, seimila euro per un esame che anche a pagamento, ma senza sedazione, ne costa duecentotrenta mi erano sembrati davvero troppi.
La mia dottoressa, allora, mi ha indirizzata da un suo collega che lavora come primario presso un ospedale in provincia di Bergamo. Già nel primo contatto telefonico, quel dottore ha “catturato” immediatamente la mia fiducia invitandomi a non fare l’anestesia generale, ma garantendomi che non mi avrebbe fatto soffrire, e spiegandomi in modo chiaro e rassicurante in che modo era solito procedere per fare questo esame. E le cose sono andate esattamente come lui mi aveva promesso.
La mattina dell’intervento mi sono presentata con la richiesta del mio medico curante, mi è stato assegnato un letto e mi è stato somministrato un antidolorifico per via venosa per rendere tutto più semplice, non doloroso e non traumatico. Nel giro di venti minuti tutto era finito ed io ero felicissima, serena e soddisfatta.
Quel dottore è ancora il “medico di una volta”, quello che tutti vorremmo trovare quando stiamo male. Una persona gentile, attenta e professionale che tratta i pazienti come esseri umani e non come il numero di una prenotazione.
Ma ci tenevo a ringraziare ancora anche la mia ginecologa, per la continua dedizione che la spinge a fornire supporto e sostegno alle sua pazienti anche quando non è lei a dover intervenire direttamente.
Tutto questo per dire che esiste la possibilità nei nostri ospedali di incontrare medici che fanno la differenza, e che creano reparti nei quali affrontare in modo sereno e non traumatico anche esami invasivi e a volte psicologicamente difficili, assistiti da personale professionale e dotato di forte umanità.
Proprio per questo suggerisco a tutti coloro che incontrano queste “perle rare” di segnalarle non solo per il benessere degli altri, ma anche per riconoscere ciò che è dovuto a chi riesce con le proprie doti umane e con la propria competenza professionale a fare davvero la differenza.
Grazie ancora!
Silvia
Parole chiave di questo articolo

Vuoi far parte della nostra community e non perderti gli aggiornamenti?

Iscriviti alla newsletter