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Terapia ormonale: col testosterone una marcia in più

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17/10/2014

Le vostre lettere alla nostra redazione

Sono nata in un giorno pieno di rose e da subito ho spalancato occhi e bocca per sorridere a tutto ciò che la vita mi presentava. Allegria, riso, entusiasmo sono stati la mia prerogativa nel cammino verso ogni tappa che desideravo raggiungere, fosse agile o complessa. Così gli studi, l’inizio di un lavoro difficile e di responsabilità, una nuova vita in una città diversa, la nascita dei figli e la loro crescita, sono stati sempre e comunque, tra le luci e le ombre che inevitabilmente si presentano, ciò che mi ha fatto sempre dire: perché no? E così i giorni seguono i giorni, i figli ti adorano ma sono ormai cresciuti, tuo marito continua ad essere il tuo ragazzo di un tempo, il lavoro… c’è la crisi ma prima o poi passerà, e un bel giorno è il tuo compleanno, un numero che, chissà perché, pensavi che a te non sarebbe mai capitato: 50!
E chissà perché tua madre ti dice che da adesso tutto cambierà; in effetti un po’ strana ti senti: caldo improvviso, prima a una gamba, il battito accelerato senza avere corso, poi un calore diffuso in tutto il corpo anche se è pieno inverno. Già, in effetti tua madre d’improvviso arrossiva tutta e si spogliava fino a che non era passato, e tu dicevi: quante storie, tanto a me non capiterà mai. Però una notte, quel caldo pazzesco mi sveglia: febbre non mi pare di averne, ieri stavo benissimo; ecco, è passato, ma intanto è passato anche il sonno ed è ancora notte fonda. Ci provo ma ormai, con tutti i pensieri che frullano, chi si addormenta più? Così il giorno dopo sono stanca, non rendo come vorrei, le osservazioni dei clienti mi fanno saltare i nervi, io che mi sono sempre considerata la pazienza in persona: al punto che, per una mia risposta tagliente come un coltello, il cliente più importante si alza e se ne va. La sera i figli, rientrando a casa, vedendomi seduta imbronciata a leggere il giornale, sbottano con un sorrisino sardonico: crisi da menopausa vero mamma? Piangevo, io che non avevo mai pianto da ragazza nemmeno dopo un incidente terribile che per un anno mi aveva condannato quasi all’immobilità, facendomi rinunciare per tanto tempo a quello che più mi piaceva, lo sport. E il mio ragazzo? Anzi, il mio ragazzo vecchio, come scherzando lo chiamo io, cosa diceva? Pazientava anche quando di sera dicevo di essere sempre stanca e sempre meno desiderosa di stare insieme.
Ma io, nonostante il sonno, il nervosismo che traspare a fior di pelle e che la pelle te la arriccia tutta, non mi davo per vinta: devo andare dal ginecologo, quello che mi è stato vicino mentre procedevo con le gravidanze tutte un po’ a rischio, sostenendomi anche psicologicamente. Mi visitò, mi fece tante domande con la solita gentilezza e mi disse che ero in premenopausa, ma visto il mio stato di salute ottimale mi prescriveva del ferro e dell’acido folico, non serviva altro. Obiettai che avevo visto soffrire mia madre per anni con le vampate e che ora, anziana, aveva l’osteoporosi alle stelle; e timidamente aggiunsi che il mio lavoro era massacrante, che non potevo passare le notti in bianco e che finalmente, a lei, avevano prescritto la terapia ormonale. Mi squadrò e con un’occhiata in tralice mi disse: «La terapia ormonale è prescritta nei casi più estremi, perché incrementa l’incidenza dei tumori. Vada tranquilla, o... preferisce un tumore?».
Ma io non mi davo per vinta e nella mia incrollabile curiosità cercai di tutto, informazioni sui giornali, su internet, tra le amiche medico e così, tra una notizia e l’altra, sentii il nome della dottoressa Graziottin e della terapia ormonale prescritta ad personam. Erano passati circa sei mesi.
Ci andai, con mio marito, il quale stette in silenzio, ascoltando le spiegazioni scientifiche, le statistiche di rischio e gli effetti della terapia, basata anche sul testosterone. Una volta usciti mi sorrise, ma non per me, per la sfilza di numeri che la dottoressa aveva sciorinato, sottolineando molto soddisfatto che per la prima volta sentiva un medico parlare di numeri.
Ormai sono trascorsi quasi quattro anni, i figli a casa ci sono raramente facendoci sentire come se fossimo appena sposati, e io mi sento bene, così bene che un sabato pomeriggio dello scorso inverno, sola in casa, mi sono detta: dopo avere dimostrato di tutto, da studentessa, da figlia, da madre, da moglie, da professionista, cosa finalmente mi piacerebbe fare, qual è il mio “sogno nel cassetto”?
Anche se sono nata nel mese delle rose, c’è un fiore che preferisco in assoluto: le genziane, e quel colore che raramente si rivela in natura, se non nel cielo di certe giornate in alta montagna. Vengo dalle montagne, dalle montagne più belle, anzi dal posto più bello del mondo dove torno ogni anno, ma quest’anno vorrei salire su quelle cime che ho sempre contemplato da lontano.
A cinquantaquattro anni mi sono iscritta a un corso di alpinismo, e la serata introduttiva, circondata da ragazzi e ragazze al massimo quarantenni, per un momento mi sono detta: ma con chi ti sei messa? Poi ho incominciato a provare, e mi sembrava un miracolo, ma il mio fisico sportivo rispondeva perfettamente, un po’ di allenamento e riuscivo ad arrivare più in alto dei trentenni.
L’estate scorsa, questa estate che è appena passata e che da tanti ho sentito definire “da dimenticare” per il maltempo che ha imperversato, sono salita sulle mie cime con un amico che è guida alpina e che mi urlava di continuo «Brava!», al punto che il gruppo di una cordata davanti a noi ha gridato a sua volta: «Sei un mito!». Non mi sembra di avere mai visto la pioggia, ma nemmeno le nuvole, quest’anno in montagna!
Che Estate Magnifica

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