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Noi adesso ce ne andiamo a poco a poco

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25/03/2008

Sergei Aleksandrovič Esenin
in: Poesia russa del Novecento, a cura di Angelo Maria Ripellino, Guanda, Parma, 1954

Guida alla lettura

“Dinanzi a questa folla di partenti non ho forza di nascondere la mia malinconia”. Mentre evoca la campagna russa, semplice e piena di vita, Sergei Esenin pensa con inquietudine alla morte, che sente imminente.
La brevissima vita di questo poeta, romantico e instabile, non è certamente stata serena; ma, a modo suo, egli gusta l’intensità delle sensazioni che l’hanno accompagnata – l’amore per le donne, il contatto pieno e quasi primordiale con la natura, il rispetto per gli animali, “nostri fratelli minori” – e sa trarne un motivo non soltanto di consolazione, ma addirittura di felicità, e di solidarietà con tutti coloro che vivono su questa terra.

Noi adesso ce ne andiamo a poco a poco
verso il paese dov’è gioia e quiete.
Forse, ben presto anch’io dovrò raccogliere
le mie spoglie mortali per il viaggio.


Care foreste di betulle!
Tu, terra! E voi, sabbie delle pianure!
Dinanzi a questa folla di partenti
non ho forza di nascondere la mia malinconia.


Ho amato troppo in questo mondo
tutto ciò che veste l’anima di carne.
Pace alle betulle che, allargando i rami,
si sono specchiate nell’acqua rosea.


Molti pensieri in silenzio ho meditato,
molte canzoni entro di me ho composto.
Felice io sono sulla cupa terra
di ciò che ho respirato e che ho vissuto.


Felice di aver baciato le donne,
pestato i fiori, ruzzolato nell’erba,
di non aver mai battuto sul capo
gli animali, nostri fratelli minori.


So che là non fioriscono boscaglie,
non stormisce la segala dal collo di cigno.
Perciò dinanzi a una folla di partenti
provo sempre un brivido.


So che in quel paese non saranno
queste campagne biondeggianti nella nebbia.
Anche perciò mi sono cari gli uomini
che vivono con me su questa terra.

Biografia

Sergei Aleksandrovič Esenin nasce il 3 ottobre 1895 a Konstantinovo (oggi Esenino), in Russia, da una famiglia contadina. A nove anni inizia a scrivere poesie: le prime composizioni sono ispirate al folklore russo. Nel 1915, si trasferisce a San Pietroburgo, dove diviene famoso nei circoli di letteratura. Crede nella Rivoluzione d’Ottobre e la sostiene, ma ben presto si disillude: criticherà il governo in poesie come “L’ottobre severo mi ha ingannato”.
Bisessuale e molto attraente, si appoggia a uomini e donne influenti; s’innamora frequentemente e si sposa cinque volte. Fra le donne della sua vita, Isadora Duncan, celebre ballerina americana, e Sofia Andreevna Tolstaja, nipote di Lev Tolstoj.
Il carattere instabile lo porta poco per volta sulla strada dell’alcol e della droga, fino a una gravissima forma di depressione che, nel 1925, lo costringe a ricoverarsi in un ospedale psichiatrico di San Pietroburgo. Due giorni dopo essere stato dimesso, il 28 dicembre 1925, si taglia un polso e, con il suo stesso sangue, scrive una poesia d’addio: “Arrivederci, amico mio, arrivederci”. Il giorno dopo si toglie la vita nella camera numero 5 dell’Hotel Angleterre, a soli trent’anni. Riposa nel cimitero Vagan’kovskoe di Mosca.
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