EN
Ricerca libera
Cerca nelle pubblicazioni scientifiche
per professionisti
Vai alla ricerca scientifica
Cerca nelle pubblicazioni divulgative
per pazienti
Vai alla ricerca divulgativa

La memoria dei Giusti e la nostra identità europea

  • Condividi su
  • Condividi su Facebook
  • Condividi su Whatsapp
  • Condividi su Twitter
  • Condividi su Linkedin
05/03/2014

Gabriele Nissim
In: Gariwo, la foresta dei Giusti

Guida alla lettura

Domani, 6 marzo, è la Giornata europea in memoria dei Giusti, ossia di coloro che nei diversi genocidi e totalitarismi si sono prodigati per difendere la vita, la libertà e la dignità umana. In questo articolo Gabriele Nissim, presidente del “Comitato per la Foresta dei Giusti – Gariwo Onlus”, spiega il senso dell’iniziativa e il significato che essa riveste per l’identità europea e le nuove generazioni.
Il concetto di “Giusto” nasce dall’esperienza dello Yad Vashem, il museo dell’olocausto che a Gerusalemme ricorda i non ebrei (“gojim”, gentili) che durante la seconda guerra mondiale soccorsero gli ebrei perseguitati dal nazionalsocialismo. Con la Giornata europea, istituita nel 2012, questo concetto diventa patrimonio di tutta l’umanità e simbolo transculturale di un’etica che «non si trasmette con le parole, ma con gli esempi concreti».
La riflessione di Nissim ha un altissimo valore morale e politico, ed è ricca di riferimenti storici e filosofici: cosicché la figura del Giusto emerge dalla sintesi di voci diverse, anche molto distanti nel tempo e nell’impianto culturale che le ha rese eloquenti. I Giusti accettano le situazioni non dipendenti dalla propria volontà, come la malattia o la morte, ma sono intransigenti nella difesa del proprio carattere morale: e questa urgenza, unita alla «ricerca di una felicità profonda» e al «gusto di difendere la verità», li spinge a ricercare il bene non solo nelle situazioni “normali”, ma anche in quelle estreme, a rischio della propria vita.
Esercitando un giudizio indipendente sui fatti della storia, i Giusti insegnano a tutti noi che la salvezza dal male nasce innanzitutto «dall’abitudine e dalla capacità di pensare da soli». Riportare alla luce le loro storie, farne oggetto di narrazione, «significa farle rivivere nel tempo presente e trasmettere così ai giovani l’idea di una staffetta morale di cui loro possono diventare protagonisti».
Il 10 maggio il Parlamento di Strasburgo ha approvato la Dichiarazione scritta che istituisce il 6 marzo come Giornata europea in memoria dei Giusti. Il concetto di “Giusto”, nato dall’elaborazione del memoriale di Yad Vashem per ricordare i non ebrei che sono andati in soccorso degli ebrei, diventa così patrimonio di tutta l’umanità. Il termine “Giusto” non è più circoscritto alla Shoah, ma diventa un punto di riferimento per ricordare quanti in tutti i genocidi e totalitarismi si sono prodigati per difendere la dignità umana.
Il significato di questa decisione richiama uno degli elementi fondanti della cultura europea: il valore dell’individuo e della responsabilità personale. Quanto affermato nella Bibbia, «Chi salva una vita salva il mondo intero», alla base della legge sui Giusti del Parlamento israeliano del 1953, trova molte somiglianze nella filosofia stoica antica. Epitteto, ripreso poi da Kant, richiamava gli uomini ad accettare serenamente situazioni non dipendenti dalla volontà, come la malattia o la morte, ma a essere intransigenti nella difesa del loro carattere morale. Era questa la grande libertà del singolo che, se non poteva modificare il mondo, né cambiare il passato, né prevedere il futuro, poteva sempre e comunque difendere la propria dignità e il prossimo vicino a lui nel suo spazio sovrano e nel tempo presente. E anche il principio enunciato da Yad Vashem – è “giusto” un uomo che per aiutare un perseguitato si assume un rischio, persino quello della propria vita – ci rimanda all’esempio di Socrate disposto a morire per la difesa del bene e della virtù morale, piuttosto che tradire la propria coscienza. Lo aveva bene evidenziato Sallustius Sereno, un neoplatonico del IV secolo, il quale osservava che il bene trascende l’essere e per questo motivo «le anime di valore disprezzano l’essere a causa del bene, quando affrontano spontaneamente il pericolo per la propria patria, per le persone che si amano, o per la propria virtù».
E perché un uomo si comporta da “Giusto” non solo in una vita normale, ma nei momenti difficili, nelle dittature e nei totalitarismi, quando si perseguitano gli ebrei o altri esseri umani? Non per un piacere effimero, ma per la ricerca di una felicità profonda, come scriveva Plutarco citando Diogene il Cinico: «Un uomo dabbene non celebra forse una festa ogni giorno? E’ una festa splendida se siamo virtuosi». Naturalmente, poi, chi difende la virtù può andare incontro a situazioni difficili, come capitò a Jan Patočka, il grande filosofo di Charta 77, durante gli anni della dittatura comunista a Praga. In uno storico appello alla Nazione, Patočka scrisse che era una festa per i cittadini ritrovare il gusto di difendere la verità di fronte ad un potere ottuso e pagò poi con la vita la sua attività di resistente morale, soccombendo a un attacco cardiaco dopo un pesante interrogatorio da parte della polizia. Tanti soccorritori degli ebrei hanno agito con lo stesso spirito. Il loro motto era simile a quello di Patočka: «Le stesse cose per cui vale la pena di vivere, sono quelle per cui vale la pena di soffrire».
Si intuisce come, dopo questa Dichiarazione del Parlamento europeo, la riflessione ebraica sui Giusti si possa collegare in modo straordinario ai valori più alti della cultura europea. Sarebbe veramente un peccato se questa possibilità di dialogo non venisse raccolta da Yad Vashem, qualora prevalesse l’idea di un concetto di “Giusto” limitato alla sola memoria della Shoah.
Ma non è questa la sola posta in gioco. Il suo valore è prima di tutto politico, nella crisi morale che vive l’Europa. Oggi improvvisamente di fronte ai problemi economici della Comunità sono molti quelli che hanno la tentazione di chiudersi nei nazionalismi e smarriscono il senso di definirsi europei. Ricordare i “Giusti” che hanno lottato contro le leggi razziali, avviato il processo della caduta del muro di Berlino, si sono impegnati per la prevenzione dei genocidi o hanno difeso la verità e la memoria nei sistemi totalitari, significa tramandare degli esempi morali che sono il pilastro della nostra identità. Il gusto della democrazia e del pluralismo, il gusto dell’altro come parte di noi, il piacere di difendere il vero, senza per questo cadere nella supponenza, il riconoscimento del perdono come valore nelle relazioni umane, non sono enunciazioni astratte che animano il dibattito dei filosofi, ma sono stati modi di essere di quanti hanno creduto nella costruzione europea. Come disse Socrate, stando a quanto riportato nei “Memorabili” di Senofonte, l’etica non si trasmette con le parole, ma con gli esempi concreti: «In mancanza delle parole, faccio vedere cosa sia la giustizia con le mie azioni».
Ecco allora il senso della memoria del bene, incarnata dalle storie dei Giusti. Riportarle alla luce e farne oggetto di narrazione significa farle rivivere nel tempo presente e trasmettere così ai giovani l’idea di una staffetta morale di cui loro possono diventare protagonisti. In momenti di crisi vale di più la forza dell’esempio morale che la filippica moralistica dell’inquisitore di turno che bacchetta la folla e propone la “ghigliottina” per i corrotti.
I giusti non offrono soluzioni e neanche trasmettono testamenti, ma poiché sono stati capaci, come Antigone, di sfidare le leggi degli uomini per difendere la giustizia, insegnano alle nuove generazioni che la salvezza e la terapia contro il male nascono dall’abitudine e dalla capacità di pensare da soli.
Come rendere effettiva la Giornata europea dei Giusti dopo l’approvazione del Parlamento di Strasburgo? Non ci sono regole, né si può pensare a una imposizione dall’alto, né ad un’istituzione europea che definisca i Giusti da commemorare, come ha fatto per mezzo secolo la Commissione di Yad Vashem. Dobbiamo immaginare una pluralità di esperienze. E’ compito, invece, di ogni Paese impegnarsi per ricordare di volta in volta le proprie figure morali, piccole o grandi che siano. Importante però, e questo è il segno europeo, che ogni Paese non guardi solo alla propria storia, ma ricordi figure di altri Paesi, di diverse esperienze. Il Giusto è un cittadino del mondo e non ha una sola patria. Ecco perché sarebbe bello che nel giardino di Yad Vashem si ricordasse anche chi ha salvato delle vite in altri genocidi, che a Parigi, Londra, o a Praga sorgessero dei giardini per ricordare esempi morali non solo della resistenza al fascismo, ma anche di chi si è impegnato per difendere gli armeni o ha sofferto per la libertà nel comunismo. I Giusti uniscono l’umanità e ci fanno sentire partecipi dello stesso destino. Ci insegnano il piacere della virtù.

Biografia

Gabriele Nissim, nato a Milano nel 1950, è giornalista, saggista e storico. Da sempre interessato alla situazione culturale e politica dell’Europa orientale, nel 1982 ha fondato “L’Ottavo Giorno”, rivista dedicata ai temi del dissenso nei paesi dell’Est europeo. Ha realizzato numerosi documentari televisivi sull’opposizione clandestina al comunismo, sui problemi del post-comunismo e sulla condizione ebraica nell’Est. Collaboratore di quotidiani e periodici, è presidente del “Comitato per la Foresta dei Giusti – Gariwo Onlus”, che ricerca e ricorda i Giusti di tutti i genocidi.
Nel 1995, Nissim ha pubblicato con Gabriele Eschenazi “Ebrei invisibili. I sopravvissuti dell’Europa orientale dal comunismo ad oggi”; nel 1998, “L’uomo che fermò Hitler. La storia di Dimitar Peshev che salvò gli ebrei di una nazione intera” (la Bulgaria); nel 2003, “Il tribunale del bene. La storia di Moshe Bejski, l’uomo che creò il Giardino dei Giusti”; nel 2007, “Una bambina contro Stalin”; nel 2011, “La Bontà insensata”, una ricerca sul comune denominatore che unisce le figure che si sono opposte ai genocidi e ai totalitarismi in tutto il mondo. Ho inoltre curato il volume “Storie di uomini Giusti nel Gulag”, pubblicato nel 2004.
Gabriele Nissim ha ricevuto numerosi premi internazionali. Il 6 novembre 1998 è stato nominato dalla Sobranie (il Parlamento di Sofia) cavaliere di Madara, la massima onorificenza culturale bulgara. Nel 2003 ha vinto il premio della critica Ilaria Alpi per il documentario televisivo “Il giudice dei Giusti”, dedicato a Moshe Bejski. Nel 2007 ha ricevuto una menzione speciale dalla Regione Lombardia per la sua attività per la pace e sul tema dei Giusti.
Nissim è stato artefice della costruzione del museo dedicato a Peshev a Kustendil in Bulgaria; ha promosso la costruzione del "Giardino dei Giusti di tutto il mondo" a Milano; ha realizzato, sempre a Milano, il primo parco italiano dedicato alle vittime del gulag; ha inaugurato a Levashovo, nei pressi di San Pietroburgo, il memoriale dedicato alle vittime italiane del totalitarismo sovietico.
Il 10 maggio 2012, insieme a un gruppo di associazioni, istituzioni e personalità della cultura di tutto il mondo, ha conseguito l’approvazione da parte del Parlamento Europeo della proposta di istituire una Giornata europea dei Giusti.

Il Comitato per la Foresta dei Giusti – Gariwo Onlus ha iniziato a operare a Milano nel 1999 e si è costituito ufficialmente nel 2001. Gariwo è acronimo di “Gardens of the Righteous Worldwide”. L’obiettivo del comitato è accrescere e approfondire la conoscenza e l’interesse sui “Giusti”, termine ispirato a un passo del Talmud babilonese che afferma: «Chi salva una vita salva il mondo intero». Il termine è stato applicato per la prima volta in Israele, in riferimento a coloro che avevano salvato gli ebrei durante la persecuzione nazista in Europa. Il concetto è poi stato ripreso per ricordare i tentativi di fermare lo sterminio del popolo armeno in Turchia, nel 1915, e per estensione tutti coloro che nel mondo cercano di impedire il crimine di genocidio, di difendere i diritti dell’uomo e di salvaguardare la memoria delle persecuzioni.
Gariwo Onlus, in particolare, promuove:
- la costituzione di luoghi della memoria (piccole “foreste” in diverse parti del mondo teatro di genocidi, stermini di massa, crimini contro l’umanità avvenuti nel XX secolo) in cui siano piantati degli alberi simbolicamente riferiti ai Giusti, sull’esempio del Giardino dei Giusti dello Yad Vashem a Gerusalemme;
- l’istituzione di premi da assegnare a chi si sia distinto sul tema dei giusti (con un’azione specifica o con una presa di posizione di salvaguardia della memoria);
- la riflessione sull’esperienza del Giusto di fronte ai genocidi del Novecento a livello storico, filosofico e giuridico, attraverso convegni con i maggiori studiosi a livello internazionale, dibattiti, presentazioni di libri, saggi, ricerche, documentari, divulgazione nelle scuole, pubblicazione di materiali.

[Testo liberamente tratto da “Gariwo, la foresta dei Giusti”]
Parole chiave di questo articolo
Sullo stesso argomento per pazienti

Vuoi far parte della nostra community e non perderti gli aggiornamenti?

Iscriviti alla newsletter