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La discriminazione diretta e indiretta: definizioni ed esempi

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24/06/2008

Avv. Elena Bigotti

Il nostro sito affronta anche questi problemi perché responsabili di molto dolore emotivo, con importanti conseguenze anche sul fronte fisico, per depressione, ansia, disturbo post-traumatico da stress e somatizzazioni diverse, che spesso sono veri e propri equivalenti depressivi. L’obiettivo è offrire alle donne una conoscenza generale degli strumenti legali più appropriati per difendersi da abusi diversi, e dal dolore ad essi associato, anche sul fronte professionale.
Dopo i due precedenti articoli, dedicati rispettivamente a un’introduzione dei concetti di discriminazione, molestia e mobbing, e all’evoluzione storica e culturale della legislazione italiana e comunitaria, entriamo nel vivo dell’analisi delle cause di sofferenza fisica e psichica nel luogo di lavoro.
Abbiamo già ricordato come nel nostro Paese, su influenza della giurisprudenza europea, si trovino chiarissime definizioni di discriminazione e molestia sessuale e non, nell’ambito del codice delle pari opportunità (Decreto legislativo 198/2006) che ha sistematizzato tutta la materia. In questa puntata iniziamo a illustrare le caratteristiche della discriminazione.
All’art. 25 del decreto legislativo 198/2006 si leggono due definizioni complementari di discriminazione:
- discriminazione diretta: è la situazione nella quale una persona è trattata, in base al sesso, meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga;
- discriminazione indiretta: è la situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso rispetto a persone dell’altro, a meno che tale disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il conseguimento della finalità stessa siano appropriati e necessari.
Un esempio classico di discriminazione diretta è la mancata assunzione di una lavoratrice perché incinta; oppure, la mancata promozione di una lavoratrice perché donna.
Nella definizione di discriminazione indiretta ricade per esempio il caso della statura minima richiesta per la partecipazione a un concorso e tarata su medie maschili: va da sé che non vi è discriminazione sulla singola persona, ma adottando un simile criterio di selezione indubbiamente si avvantaggiano gli uomini rispetto alle donne. Altro esempio è la previsione di una particolare indennità solo per dipendenti che abbiano sempre optato per il “full-time”; le donne che più spesso richiedono il “part-time” per ragioni di conciliazione fra casa e lavoro, ne sarebbero indirettamente escluse.
Quindi, ciò che conta al fine di valutare se si rientra in una previsione discriminatoria, non è tanto “contare” materialmente il numero di persone escluse o discriminate, ma prendere in considerazione “il particolare svantaggio” e verificare se questo è qualitativamente consistente. Per restare agli esempi fatti: c’è discriminazione se non posso, in quanto persona appartenente a un sesso piuttosto che all’altro, godere di una data indennità o partecipare a un determinato concorso.
Con le disposizioni in vigore, il giudizio discriminatorio appare neutro (tanto le donne quanto gli uomini possono essere discriminati), oggettivo e fondato su un giudizio di comparazione di agevole percezione e valutazione.
Per completezza di trattazione dobbiamo ricordare, tuttavia, che il decreto legislativo 198/2006 fa salva una ipotesi in cui il sesso è da considerare fattore rilevante nell’ambito lavorativo (e quindi le azioni e le scelte compiute sulla base di tale criterio risultano valide): ciò accade quando l’appartenenza ad uno dei due sessi è requisito essenziale allo svolgimento dell’attività lavorativa. Questo si può verificare, per esempio, nei settori della pubblicità o della moda, laddove ci sia – in relazione a prodotti o capi di abbigliamento maschili o femminili – la necessità, rispettivamente, di modelli e modelle.
Per capire se un atteggiamento o una scelta sono discriminatori in maniera indiretta si dovrà considerare il risultato che essi producono in concreto, e non l’intenzionalità o l’atteggiamento psicologico del soggetto discriminante (che può essere convinto di agire legittimamente, ma che compie comunque discriminazione).
Occorre infine sottolineare, come aspetto innovativo del decreto legislativo 198/2006, che le varie ipotesi di discriminazione sono estese anche alle donne e agli uomini che esercitano attività di lavoro autonomo.

Bibliografia essenziale

- Trattato della responsabilità civile e penale in famiglia, a cura di Paolo Cendon, volume II, parte ottava (Ambiente lavorativo e affetti), Cedam, Padova, 2004
- Il lavoro difficile, a cura di Enzo Nocifora, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna (RN), 2006
- Contro il mobbing. Breve manuale di auto-aiuto, di Ferdinando Cecchini, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna (RN), 2005
- Discriminazioni sulla base del sesso e trattamento preferenziale nel diritto comunitario, a cura di Oreste Pollicino, Giuffrè Editore, 2006
- Mobbing, Autori Vari, Giuffrè Editore, Milano, 2006
- Il nuovo diritto antidiscriminatorio. Il quadro comunitario e nazionale, a cura di Marzia Barbera, Giuffrè Editore, Milano, 2007
- Su la testa… giù le mani, a cura della Commissione Regionale Pari Opportunità e della Consigliera Regionale di Parità del Piemonte
- Diamo gambe ai diritti, manuale contro le molestie ed il mobbing, a cura della Commissione Regionale Pari Opportunità e della Consigliera Regionale di Parità del Piemonte
- Le discriminazione di genere in ambito lavorativo, Indagine conoscitiva di casi trattati dalle Consigliere di Parità, Isfol
- Casi di discriminazione di genere nella provincia di Torino (gennaio 2006 – luglio 2007), a cura della Consigliera di Parità della Provincia di Torino
- Rapporto globale sull’uguaglianza nel lavoro, Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO), maggio 2007
- L’occupazione femminile in Piemonte. Dati Istat 2006, a cura della Consigliera Regionale di Parità del Piemonte
- Esiste un differenziale retributivo di genere in Italia? Pubblicazione dell’Isfol nell’ambito dei libri del Fondo Sociale Europeo
- Non credere di avere dei diritti, Autrici varie, Rosenberg & Sellier, Torino, 1987

Altre risorse:
- Dott.ssa Rosa Rinaldi, Intervento nell’ambito del convegno Melting Box (Lingotto, Torino, 22-24 ottobre 2007)
- Dati elaborati dall’Istituto di Ricerca Regionale della CGIL, Ires Lucia Morosini, a seguito di un’indagine statisticamente rappresentativa sulle condizioni di lavoro in Piemonte. Una prima elaborazione è stata pubblicata sul n. 2-2007 di Quaderni di rassegna sindacale
- Le riviste Noi donne (febbraio 2007) e Via Dogana (numero dedicato al “50 e 50%”, 2007)

L'aiuto in rete

Ecco gli indirizzi di alcuni utili siti che si occupano di mobbing, molestie, discriminazioni e vessazioni:
- www.kila.it
- www.diritto.net (contiene una sezione dedicata al mobbing)
- www.telefonorosa.it (sezione romana)
- www.telefonorosatorino.it
- www.inail.it
- www.inps.it
- www.ispel.it
- europa.eu
- www.edscuola.it
- www.stop-mobbing.it
- www.pariopportunita.gov.it
- www.lavoro.gov.it/lavoro/
- www.amblav.it/donnasalutelavoro.asp
- www.libreriadelledonne.it

Biografia

La dottoressa Elena Bigotti, avvocata civilista in Torino, si occupa prevalentemente di diritto di famiglia e dei minori, di contrattualistica civile e di diritto antidiscriminatorio, anche in campo giuslavoristico.
Collabora con l’Associazione Telefono Rosa di Torino, quale legale volontaria, dal 1997, occupandosi prevalentemente della difesa dei diritti delle donne e dei minori vittime di violenza e di molestie sessuali e non. Dal 2000 è componente del consiglio direttivo dell’Associazione.
E’ iscritta dal 2004 alla Rete Nazionale delle legali dei Centri Antiviolenza.
Ha partecipato a numerosi convegni come relatrice sui temi del mobbing e delle molestie, sessuali e non, sul luogo di lavoro e sulla violenza di genere.
Nel 2007 ha pubblicato due manuali su discriminazioni, mobbing e molestie sessuali sul luogo di lavoro per conto della Commissione Pari Opportunità della Regione Piemonte.
E’ Consigliera di fiducia per il rispetto del codice etico e Consulente contro le molestie ed il mobbing delle Università di Torino e di Parma, e del Politecnico di Torino.
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