Oggi sappiamo che il processo è innescato dalla caduta dei livelli ormonali successiva all’ovulazione: il progesterone ha infatti spiccate proprietà antinfiammatorie e la sua rapida diminuzione, assieme a quella degli estrogeni, nella fase finale di ogni ciclo non esitato in un concepimento avvia una serie di eventi interdipendenti di natura infiammatoria che coinvolgono le interazioni intercellulari all’interno dell’endometrio.
La diminuzione dei livelli di progesterone porta a una complessa serie di eventi intra- ed extra-cellulari, e in particolare:
- una riduzione del metabolismo delle prostaglandine;
- una minore capacità di protezione cellulare dall’azione citotossica dei radicali liberi dell’ossigeno (reactive oxygen species, ROS);
- un aumento della sintesi di prostaglandine pro-infiammatorie, citochine, chemochine, mastociti degranulati e metalloproteinasi matriciali (matrix metalloproteinases, MMP).
Il risultante reclutamento di leucociti determina un’ulteriore produzione di enzimi degradativi e attivatori di MMP che, con l’ipossia indotta dall’azione delle prostaglandine, porta al sanguinamento e al distacco del tessuto endometriale.
In parallelo, nei punti siti ove il distacco è ormai completo, la modificazione dei fenotipi dei neutrofili e dei macrofagi da pro- ad anti-infiammatori, unitamente alla produzione di fattori di crescita, determina una rapidissima riepitelizzazione e il ripristino dell’integrità dei tessuti: la distruzione e la riparazione dei tessuti sono quindi processi quasi simultanei.
Gli autori concludono la loro analisi osservando come permangano lacune conoscitive sulle variabili che regolano l’espressione di questi fattori infiammatori: solo con una costante ricerca si potrà pienamente comprendere questa distruzione autoprogrammata di tessuti, la cui durata, quantità e sintomatologia dipende proprio dall’intensità dell’infiammazione.