EN
Ricerca libera
Cerca nelle pubblicazioni scientifiche
per professionisti
Vai alla ricerca scientifica
Cerca nelle pubblicazioni divulgative
per pazienti
Vai alla ricerca divulgativa

Il male di vivere

  • Condividi su
  • Condividi su Facebook
  • Condividi su Whatsapp
  • Condividi su Twitter
  • Condividi su Linkedin
12/01/2011

Tratto da:
Eugenio Montale, Tutte le poesie, Mondadori 2005

Guida alla lettura

Questa breve e intensa lirica appartiene alla prima raccolta pubblicata da Eugenio Montale, “Ossi di seppia”. La prima quartina descrive la realtà che ci circonda, il “male di vivere”, che si abbatte senza alcuna ragione su cose e animali, e contraddice la sete di vita di tutte le creature: il ruscello strozzato nel suo libero scorrere, la foglia bruciata dal freddo, il cavallo colto da morte improvvisa. La seconda quartina suggerisce la sola possibile via di scampo, l’indifferenza radicale degli dei, simboleggiata dalla statua sonnolenta nel calore del meriggio, da un nuvola immobile e lontana, dal volteggiare silenzioso del falco.
Analogie potenti e indimenticabili, nello stile essenziale degli Ermetici. Ma sentiamo che non bastano a placare la nostra inquietudine di fronte all’enigma del dolore, e che la divina indifferenza – già cara agli dei dell’Olimpo greco – non può salvarci dal male che ci colpisce. Attenzione, compassione, condivisione sono vie più difficili, ma le sole che possano aiutarci ad attraversare la sofferenza senza smarrire la nostra umanità, e anzi approfondendola giorno dopo giorno, continuando ad amare e ad accettare di essere amati. E’ l’augurio che formuliamo a tutte le nostre lettrici e i nostri lettori, all’alba di questo nuovo anno.
La raccolta “Ossi di seppia” uscì nel 1925 e si articola in otto sezioni: Movimenti, Poesie per Camillo Sbarbaro, Sarcofaghi, Altri versi, Ossi di seppia, Mediterraneo, Meriggi ed ombre. Fanno da cornice un’introduzione (In limine) e una conclusione (Riviere). Il titolo evoca i relitti morti che il mare abbandona sulla spiaggia: in un'epoca in cui nemmeno la poesia può ormai offrire un’interpretazione compiuta della vita, anche le liriche più belle giungono a noi come per caso, frutto di momentanee illuminazioni, sospinte da onde effimere e capricciose.
Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.
Bene non seppi, fuori che il prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

Biografia

Eugenio Montale nasce a Genova nel 1896. Si diploma in ragioneria, ma i suoi veri interessi sono letterari e filosofici. Durante la prima guerra mondiale, fa richiesta di essere inviato al fronte: verrà congedato nel 1920.
Nel 1925 sottoscrive il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce. Dal 1927 lavora come redattore presso l’editore Bemporad, a Firenze. Due anni dopo è chiamato a dirigere il Gabinetto scientifico letterario G. P. Vieusseux, da cui sarà espulso nel 1938. Nel frattempo collabora alla rivista Solaria, frequenta Carlo Emilio Gadda e Elio Vittorini, e scrive per quasi tutte le riviste letterarie del tempo. Nel 1948 si trasferisce a Milano: collaboratore del Corriere della sera, si occupa di critica letteraria e musicale, e scrive reportage culturali da vari Paesi, fra cui il Medio Oriente.
Riceve tre lauree ad honorem (a Milano nel 1961, a Cambridge nel 1967 e a Roma nel 1974), la nomina a senatore a vita nel 1967 e il premio Nobel per la Letteratura nel 1975.
Muore a Milano il 12 settembre 1981: è sepolto nel cimitero della chiesa di San Felice a Ema, a sud di Firenze, accanto alla moglie Drusilla. Le sue più importanti raccolte poetiche sono “Ossi di seppia” (pubblicata nel 1925), “Le occasioni” (1939) e “La bufera” (1956). Le ultime opere includono “Xenia”, pubblicata nel 1966 e dedicata alla moglie, “Satura” (1971), “Diario del 71 e 72”.
Montale si colloca nella linea più ortodossa dell’ermetismo, ossia di quella corrente poetica del Novecento caratterizzata da tre atteggiamenti fondamentali: la ricerca della parola pura, essenziale, scarnificata, libera da nessi logici e discorsivi, e nella quale possano liberamente vibrare anche le cose non dette; l’uso di immagini analogiche, ma con nessi equivoci e difficili da decifrare; l’attenzione per il tono della parola-suono considerata in se stessa, avulsa da sviluppi melodici.
Fedele a questa impostazione, la sua poesia esprime sensazioni piuttosto che sentimenti; una visione delle cose assorta e perplessa; ma anche una sofferta coscienza del mondo e della vita.
Sullo stesso argomento per pazienti

Il dolore e la cultura

Il dolore e la cultura

Il dolore e la cultura

Il dolore e la cultura

Il dolore e la cultura

Il dolore e la cultura

Il dolore e la cultura

Il dolore e la cultura

Il dolore e la cultura

Il dolore e la cultura

Il dolore e la cultura

Il dolore e la cultura

Vuoi far parte della nostra community e non perderti gli aggiornamenti?

Iscriviti alla newsletter