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Dopo il trauma cranico: storia di una rinascita

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05/09/2014

Le vostre lettere alla nostra redazione

La moglie
Il 22 luglio 2002 mio marito partì con la bicicletta per comprare il pane e non tornò più a casa. Nella notte lo rividi in ospedale, era in coma e appena operato, e non mi davano molte speranze. Era caduto, ed aveva avuto un grave trauma cranico con lesioni cerebrali da danno assonale diffuso, e perdita di memoria. Dopo uno stato di coma prolungato riprese lentamente a respirare da sé; dopo mesi, a mangiare di nuovo; successivamente iniziò la lunga degenza in diversi ospedali, con operatori sanitari sempre all’altezza della situazione, e soprattutto umani e pazienti.

NJB
Sono americano. Prima del incidente parlavo e scrivevo sei lingue, e non si poteva indovinare da dove venivo perché le parlavo senza accento. Dopo gli studi in geologia a Harvard, andai in Senegal per lavorare nei corpi di pace. Ho passato diversi anni in villaggi indigeni, dove ho imparato a parlare il uolof e il diola. Dopo il Senegal ho studiato arte a New York e in Svizzera, dove ho incontrato mia moglie. Abbiamo vissuti molti anni a New York, prima di venire vivere in Italia, dove mia moglie aveva trovato lavoro e dove viviamo oramai da diversi decenni.
In Italia dipingevo e proseguivo una mia passione, la guida delle Ducati, anche su piste in Italia e all’estero. La passione per la meccanica mi è stato trasmesso da mio padre, che nel tempo libero si occupava di automobili sportive. Ma il restauro e la preparazione delle motociclette li ho imparati strada facendo, da autodidatta. Per me l’arte e la meccanica sono in qualche modo simili: la genialità si trova in tutti e due, e ambedue mi ispiravano. La meccanica è logica, perché c’è un modo ben preciso di realizzarla e alla fine deve risultare in un insieme che funziona. Anche la pittura deve funzionare, ma visualmente. La pittura, come la meccanica, si costruisce, ma non con la stessa logica. La mia pittura era astratto-figurativa, dipingevo a olio, e avevo un grande studio a Manhattan; una volta in Italia mi ero trovato in difficoltà, avevo pochi contatti con gli artisti italiani e mi sentivo isolato. In compenso, in questo paese ho imparato a parlare, scrivere e leggere l’italiano, anche senza andare a scuola, ma solo parlando con la gente: la lingua è bella ed ero contento di parlarla sempre di più e meglio. Ho imparato come ho fatto per i dialetti senegalesi: come un bambino, ascoltando e ripetendo. Il vocabolario acquisito cresce e diventa parte di te. Dopo due mesi in Italia ho cominciato a sognare in italiano: allora ho capito che questa lingua era diventata parte di me.

La moglie
Durante l’anno passato nell’unità di Medicina Intensiva, non appena ha potuto tenere qualcosa in mano gli ho portato carta e matite, poi pastelli, più tardi tempere e acquerelli. Volevo convincerlo che, anche con seri problemi di salute, avrebbe sempre avuto la sua arte con sé. Mio marito era cambiato: il suo modo di fare arte era nuovo, libero, senza preconcetti e limiti di stile. Quella nuova arte era diventata sua e si sviluppava assieme a lui passo per passo, a mano a mano che usciva dall’incubo.
Durante la permanenza al ospedale dovette anche reimparare l’italiano, l’ultima lingua che aveva studiato. Si dice che la prima lingua, nel suo caso l’inglese, torna alla memoria più velocemente, mentre l’ultima torna con difficoltà. Quando visitavo mio marito in ospedale, quattro giorni la settimana, gli parlavo in tutte le lingue che conoscevamo e lui lentamente cominciava a ricordare, prima singole parole e poi frasi intere. Aveva sempre delle specie di amnesie, ma le lingue lentamente ritornavano: tuttavia con un forte accento americano, un cambiamento che è presente ancora oggi.

NJB
Le lingue servono per comunicare quello che uno desidera dire. Sapere diverse lingue dà la possibilità di poter esprimere in diversi modi la stessa cosa. Con mia moglie mischiamo continuamente le lingue, quando conversiamo, anche in una singola frase, perché possiamo scegliere sempre la migliore parola per esprimere un concetto o un pensiero. Mia moglie mi racconta delle difficoltà iniziali che avevo a reimparare le cose – il movimento, il disegno, le lingue – perché ho perso la memoria a breve termine e dimentico tutto quello che è appena successo. Vivo in un momento che passa non appena è vissuto: e non una volta, ma sempre, tutti i secondi e i minuti, tutte le ore, tutti i giorni e tutti gli anni della mia vita. Ma imparo nuove cose e conosco nuove persone che ricordo bene dall’aspetto, perché la memoria visuale non l’ho persa: magari dimentico il nome, ma non il viso, anche se l’ho visto per poco.
Oggi non dipingo più al olio, poiché l’odore mi dà nausea: disegno tutti giorni su carta, usando la penna stilografica, acquerelli, pastelli e matite colorate. Quando inizio, non mi chiedo quello che devo fare, semplicemente metto sulla carta un segno, che ha bisogno di un altro segno, di un altro ancora e così via: è come una conversazione fra segni e tracce. Questi segni possono creare qualcosa nell’occhio del osservatore, che tuttavia sarà sempre un qualcosa di individuale. I colori sono molto importanti, perché possono interagire tra loro e dare forza all’espressione. Finisco un disegno quando non c’è più la necessità di aggiungere qualcosa.

La moglie
Dopo 11 mesi e mezzo ho potuto riportare mio marito a casa: eravamo felici di non dover più stare lontani, e di poter passare tutte le ore del giorno e della notte insieme, separandoci solo quando andavo ad insegnare. Mio marito è stato dichiarato disabile al 100 per cento e non può stare da solo: perciò un amico viene a stare con lui durante le ore in cui io sono assente. Anche questa novità è stata molto difficile da accettare per mio marito, lui che aveva sempre fatto tutto da solo. E’ tornato in sedia a rotelle e per un po’ ha fatto fisioterapia, poi ha smesso presto perché non voleva più. A casa abbiamo lavorato insieme sul movimento. Oggi cammina con le stampelle, e ultimamente ha ripreso la scherma da seduto: la sciabola gli piace tantissimo, e un maestro d’arma molto sensibile lo segue.

NJB
Studiavo scherma a New York nel village alla W 4th Street e con gli amici ci si esercitava sui tetti di Manhattan. La scherma è un bello sport, molto competitivo: ogni contendente cerca di imporsi sull’altro. Mentre faccio scherma penso a quello che sta facendo l’avversario e a quello che devo fare io per rispondere.
La vita è importante perché è piena di buona gente. Amo la gente, mi trovo spesso a conversare con un perfetto sconosciuto in strada: all’inizio sono molto sorpresi, ma generalmente riusciamo a scambiarci idee e pensieri. Tuttavia essere da solo è fondamentale per la vita interiore: resto ore e ore nel mio mondo, tranquillo, e sento una pace interna. Ho la libertà di farlo, anche senza rendermene conto, perché dimentico tutto, e quindi vivere di nuovo una cosa, per me, è davvero nuovo. Ho preso l’abitudine di scrivere i miei pensieri e le mie idee per poterli rileggere; talvolta scrivo anche sulle persone e sul mio passato.
Mia moglie è stato di grande aiuto in questa lunga strada, e insieme continuiamo a lottare per vivere bene e felicemente. L’amore in una coppia è fondamentale.
Oggi desidero vivere nell’Alvernia, in Francia: il massiccio centrale è un altopiano enorme con antiche formazione di vulcani. Là mi sento libero e leggero: è un paradiso vuoto e pacifico, che mi ispira.
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