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Dolori articolari e farmaci antitumorali: i risultati di uno studio belga

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13/11/2014

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica
H. San Raffaele Resnati, Milano

Lintermans A, Vanderschueren D, Verhaeghe J, Van Asten K, Jans I, Van Herck E, Laenen A, Paridaens R, Billen J, Pauwels S, Vermeersch P, Wildiers H, Christiaens MR, Neven P.
Arthralgia induced by endocrine treatment for breast cancer: a prospective study of serum levels of insulin like growth factor-I, its binding protein and oestrogens
Eur J Cancer. 2014 Oct 7. pii: S0959-8049(14)00891-0. doi: 10.1016/j.ejca.2014.08.012. [Epub ahead of print]
Accertare la correlazione fra dolori articolari e osteomuscolari e terapie antitumorali come il tamoxifene e gli inibitori dell’aromatasi: è questo l’obiettivo dello studio prospettico condotto da A. Lintermans e collaboratori, dell’Università di Leuven, Belgio.
Gli inibitori dell’aromatasi (AI), un enzima chiave nella biosintesi degli estrogeni, sono utilizzati nella prevenzione delle recidive nelle donne affette da tumori alla mammella. Purtroppo questi farmaci inducono o aggravano frequentemente i disturbi muscoloscheletrici, con un notevole impatto sulla qualità della vita (AIMSS: AI-induced musculoskeletal syndrome). Ma, a parte la riduzione dei livelli estrogenici indotta da questi farmaci (il tamoxifene ne inibisce gli effetti deacetilando gli istoni, e quindi annullando gli effetti del legame estrogeno-recettore al DNA), i precisi meccanismi fisiopatologici che sottendono il problema rimangono poco chiari.
Gli Autori hanno impostato la loro ricerca ipotizzando un coinvolgimento del fattore di crescita insulino-simile 1 (insulin-like growth factor 1, IGF-1), e in particolare dell’asse costituito da questo fattore e dall’ormone della crescita (growth hormone, GH), e hanno studiato gli effetti del tamoxifene e degli inibitori dell’aromatasi su tre distinte variabili:
- i livelli di IGF-1;
- i livelli della proteina legante l’IGF 3 (IGF binding protein-3, IGFBP-3);
- i livelli di estrogeni.
Lo studio ha coinvolto complessivamente 84 donne in menopausa affette da cancro al seno in fase iniziale: 42 per il tamoxifene, 42 per gli inibitori dell’aromatasi. Gli effetti dei farmaci sono stati verificati a 3, 6 e 12 mesi:
- con un questionario reumatologico;
- misurando i livelli sierici di IGF-1, IGFBP-3 ed estrogeni.
Questi, in sintesi, i risultati:
- il 66% delle donne a cui sono stati somministrati gli inibitori dell’aromatasi ha accusato la comparsa o il peggioramento di dolori alle articolazioni e ai muscoli, contro il 29% delle donne trattate con il tamoxifene;
- gli inibitori dell’aromatasi determinano alti livelli di IGF-1, in particolare con un incremento statisticamente significativo a 6 mesi (p=0.0088), mentre al tamoxifene è associata una riduzione di questo valore durante tutto il periodo di follow-up (p<0.0004);
- le donne trattate con inibitori dell’aromatasi mostrano una riduzione dei livelli di IGFBP-3 a 12 mesi (p=0.0467);
- le donne colpite dalla sindrome muscolo-scheletrica indotta dagli inibitori dell’aromatasi (AIMSS) presentano una riduzione dei livelli di IGFBP-3 (p=0.0007) e un aumento del rapporto fra IGF-1 e IGFBP-3 (p=0.0710).
Questi risultati, concludono gli Autori, forniscono alcune importanti evidenze preliminari del fatto che i sintomi muscolo-scheletrici indotti dagli inibitori dell’aromatasi sono associati a modificazioni dell’asse IGF-1/GH.
Il problema del dolore articolare è molto serio, perché è alimentato da un’infiammazione progressiva delle articolazioni, che precede una loro deformazione irreversibile (la vera e propria “artrosi”). Nella popolazione generale, il 25% delle donne ha un’artrite/artrosi violenta e aggressiva nei primi due anni dopo la menopausa. Questa esasperata vulnerabilità alla carenza estrogenica ha una base genetica, ereditaria: essa è dovuta ad un “polimorfismo del recettore estrogenico”, ossia ad una variante del recettore per gli estrogeni che rende le articolazioni molto sensibili alla scomparsa degli estrogeni stessi. Un altro 50% circa ha un’artrite/artrosi che comunque tende a progredire dopo la menopausa. Il che spiega perché prima della menopausa donne e uomini abbiano una uguale vulnerabilità a questa patologia (rapporto donne:uomini 1:1), ma dopo la menopausa il rapporto si sposti a 3:1. Il problema articolare triplica quindi nelle donne. E’ possibile che le donne con polimorfismo del recettore estrogenico e un’artrite/artrosi già naturalmente aggressiva dopo la menopausa siano anche quelle più vulnerabili agli effetti negativi degli inibitori delle aromatasi. Un’ipotesi da valutare in studi prospettici. Comunque, già un’anamnesi di artrosi aggressiva delle piccole articolazioni, subito dopo la menopausa, in mamme, nonne o altre donne di famiglia dovrebbe suggerire una prima scelta terapeutica con tamoxifene, dopo un tumore al seno, se oncologicamente appropriato al singolo caso.

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